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di Stefano Folli

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8 Aprile 2009

Il Punto
Dalla tragedia può emergere una nuova coesione nazionale
7 aprile 2009
La tragedia dell'Abruzzo ha cambiato in poche ore il segno del confronto politico. Ha spazzato via le banalità e le piccole mediocrità. All'improvviso sono sembrate anacronistiche le infinite polemiche sulle «gaffe» del presidente del Consiglio, ma anche gli ammiccamenti e le battute di Berlusconi in cerca di popolarità tra una foto con Obama e un colloquio al telefonino davanti alla Merkel.
All'improvviso perdono di significato (ma non certo di gravità) le vaghe intimidazioni del premier verso una stampa che a suo dire s'ingegna di metterlo sempre in cattiva luce. E allo stesso modo svaniscono gli eterni interrogativi sulle fragilità del centro-sinistra, come pure le ironie sui tatticismi dei suoi capi o aspiranti tali.
La tragedia è un lavacro che mette tutti davanti alle loro responsabilità. Da ieri le istituzioni sono chiamate a dare il meglio di sé. La coesione nazionale, quell'espressione un po' retorica a cui non si riesce mai a dare un significato preciso, ha preso forma forse per la prima volta negli anni recenti. Tante volte invocata invano, soprattutto dal presidente della Repubblica, la coesione abbiamo cominciato a misurarla negli atti concreti del governo e nella serietà dell'opposizione.
Quando ieri mattina ha annullato il viaggio a Mosca con gli imprenditori ed è partito per L'Aquila, Berlusconi si è mosso nel segno del buon senso. Ma il suo gesto semplice e obbligato è bastato a dare al Paese l'idea che le istituzioni volevano essere vicine ai cittadini. I soccorsi sono apparsi efficienti, sotto la guida di Bertolaso, e l'apparato della Protezione civile ha funzionato a dovere. Ma non era né poteva essere solo un problema tecnico. L'Abruzzo distrutto dal terremoto è un disastro che tocca le coscienze di tutti gli italiani, con implicazioni morali, civili e anche politiche. Le ha espresse bene il sottosegretario Gianni Letta, che è abruzzese, in una commossa dichiarazione. E si capisce che c'è anche la sua mano dietro l'accorrere tempestivo del premier sui luoghi della catastrofe, ad affermare una leadership concreta.
Allo stesso modo, la telefonata di Dario Franceschini a Berlusconi è la prova che il centro-sinistra sa capire che esiste un tempo per le polemiche e un tempo per l'unità. E non è solo il Pd ad aver adottato questa linea responsabile: lo stesso vale per l'Udc di Casini e, almeno finora, per l'Italia dei valori. Non era facile resistere alla tentazione di scagliare un paio di frecce avvelenate contro Palazzo Chigi. Le accuse di quel ricercatore che sostiene di aver previsto il sisma e di non essere stato ascoltato equivalgono ad altrettanta benzina versata sul fuoco. Ma questa volta l'opposizione ha scelto la coesione nazionale. Nessuna copertura a teorie prive di qualsiasi serio riscontro, stando a quanto sostiene unanime la comunità scientifica.
Se non ci saranno grossi errori politici nei prossimi giorni, potremo dire che l'emergenza abruzzese è servita almeno a restituire un po' di credibilità al dibattito pubblico e a qualcuno dei suoi protagonisti. Forse persino a riavvicinare gli italiani alle istituzioni. Che non sono sempre e solo una «casta». Può darsi che da tutto questo derivi un bene, inteso come maggiore lungimiranza. Già ieri si diceva che il «piano casa» cambierà, così da favorire le nuove abitazioni costruite nel rispetto dei criteri anti-sismici. Quei criteri troppo spesso disattesi anche in tempi recenti.


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8 Aprile 2009
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