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di Stefano Folli

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Il Punto
Berlusconi di Napoli e il suo doppio
19 luglio 2008

Quello di Napoli è il Silvio Berlusconi che preferiamo. È il presidente del Consiglio ottimista e determinato che annuncia la rimozione della spazzatura dalle strade proprio nell'arco dei due mesi promessi. È il premier che mette fine a uno sconcio inaudito e parla il linguaggio moderno che ci si attende da un uomo di governo: severo, conciso, realistico. Anche quando afferma che ci vorranno ancora sei mesi per il termovalorizzatore e tre anni per la conclusione dell'emergenza in Campania. O quando annuncia, già che c'è, un commissario anche per il sito Unesco di Pompei, ridotto in condizioni «indecenti».

Un linguaggio in cui si esprime tutta la fatidica cultura «del fare» di cui Berlusconi si proclama da anni l'alfiere.
Ora, è chiaro che pulire le vie di Napoli è meno complicato che affrontare le conseguenze economiche del secondo 1929 annunciato dal ministro Giulio Tremonti. Ma, per come si erano messe le cose, l'esserci riuscito in meno di sessanta giorni rappresenta una sorta di nuova Vittorio Veneto dopo tante Caporetto. Ha un valore simbolico evidente e soprattutto è la dimostrazione di uno stile personale così aderente al modello del buon realizzatore che piace agli italiani. Quelli, e sono tanti, che vedono in lui il migliore dei realizzatori presenti sulla scena politica.

Questo è dunque il Berlusconi che vorremmo vedere all'opera 365 giorni l'anno. Purtroppo ce n'è un altro ed è quello che riempie i giornali con le inquietudini giudiziarie (talvolta persino giustificate, ma pur sempre inquietudini) e sembra non vedere altro che la riforma della magistratura, a costo di mettere in ombra altri temi più urgenti. Quello che insiste sul ripristino delle immunità parlamentari - senza rendersi conto di quanto l'argomento strida con l'esigenza di una giustizia efficiente per le persone comuni- , fino a quando un alleato come Bossi non lo ferma in nome del buon senso.

Il primo Berlusconi è uno statista consapevole delle emergenze nazionali, di cui il caso napoletano costituisce una specie di drammatica metafora.
E ci piacerebbe che la stessa determinazione mostrata in Campania servisse a risolvere la questione Alitalia, senza altri salassi per il contribuente e all'interno dei tempi certi garantiti durante la campagna elettorale.

Il secondo Berlusconi è purtroppo un po' troppo somigliante al presidente del Consiglio già sperimentato fra il 2001 e il 2006: distratto da varie faccende private, in guerra con i pubblici ministeri e dedito alla messa a punto di quelle famose leggi «ad personam» che, peraltro, la sinistra succedutagli al governo si è guardata bene dall'abrogare.

È il Berlusconi che fa scrivere alla stampa straniera che nulla è cambiato, che l'anomalia italiana è sempre la stessa, che l'unico obiettivo del premier- quattordici anni dopo la discesa in campo - consiste nel salvarsi dai processi. E allora via con la copertina sarcastica del solito «Economist». Ci risiamo.

È un'immagine negativa e pericolosa che si sta diffondendo, così diversa dal messaggio incoraggiante che ieri si è voluto trasmettere da Napoli. Ed è un'immagine che sarebbe meglio non favorire con comportamenti e affermazioni inappropriati.
Quando il Paese ha bisogno, disperatamente bisogno, si potrebbe dire, di un leader in grado di affrontare con vigore i problemi e di spazzarli via come l'immondizia napoletana. Il primo Berlusconi è ancora in grado di prevalere sul secondo. Magari senza necessità che Bossi o altri lo tirino per la giacca. Rinunci davvero, come sembra aver cominciato a fare, e in via definitiva, a parlare di immunità. Oltretutto, dopo il «lodo Alfano» non se ne afferra la logica. Eviti di alimentare i conflitti inutili con il Consiglio superiore della magistratura, magari richiamando all'ordine qualche zelante parlamentare di maggioranza.

E si concentri sulle emergenze, prima che sia troppo tardi: ci dia le riforme autentiche, a cominciare dal federalismo fiscale. Berlusconi è in grado di fare tutto ciò, se solo riesce a proiettarsi al di là delle sue ansie.

A Napoli è stato convincente nell'annunciare che «la missione è compiuta». E di sicuro avrà più fortuna di quanta ne sia toccata a Bush dopo la prima fase della guerra in Iraq. Restituisca anche al resto d'Italia quella fiducia nel domani che ieri ha voluto dare ai napoletani.


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