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28 giugno 2007
Arriva la rivoluzione del Wi-Max
di Giuseppe Caravita

Una rete a larga, o meglio (se tutta ottica) larghissima banda. A disposizione, a pari condizioni, per tutti i giocatori sui servizi (moltissimi ancora da inventare). Questa visione, concepita dall'Autorità di regolazione inglese, l'Ofcom, a fine anni '90 ora sta per diventare strategia europea. Viviane Reding, commissario dell'Unione per la società dell'informazione, non ha molti dubbi: «a ottobre presenteremo il pacchetto legislativo per il prossimo framework regolatorio sulle tlc, previsto per il 2010. E tra le varie novità proporremo anche la suddivisione funzionale dei grandi gestori ex-monopolisti come rimedio ammesso e a disposizione delle autorità regolatorie europee in caso di effettiva necessità. Le autorità, constatato lo stato di perdurante mancanza di concorrenza nell'accesso alla rete tlc principale dei vari paesi, potranno ordinare la suddivisione, ma comunque sotto il coordinamento della Commissione europea».

Il caso inglese sta facendo scuola? Certo, l'annuncio della Reding alla Bocconi, nel corso di un convegno sul futuro delle tlc venerdì scorso, lo fa pensare. Ma anche per l'Agcom, l'Autorità tlc italiana, che ha avviato una pubblica consultazione sull'ipotesi di suddivisione di Telecom Italia, questa suona come un sorta di benedizione proveniente da Bruxelles. «Sarà un fiore all'occhiello di questa presidenza Barroso», confida la Reding. La dimostrazione che la Commissione fa su serio con la concorrenza nella tlc. «E intanto andremo in causa, alla corte del Lussemburgo, contro la legge tedesca che assicura a Deutsche Telekom una vacanza regolatoria sulla sua rete di nuova generazione». Il messaggio è chiaro: le nuove reti a larghissima banda se non aperte si bloccano. Il caso tedesco, dove il grande carrier ha ottenuto dal Governo di poterla avviare solo se chiusa ai suoi soli servizi, non farà testo. «L'autorità regolatoria tedesca sta seguendo il nostro framework, e non quello della nuova legge - aggiunge Reding - c'è un chiaro conflitto anche istituzionale e noi ci proponiamo di intervenire».

All'opposto, il primo esperimento di suddivisione funzionale di un grande carrier europeo, quello in corso a British Telecom (spaccata in due nel giugno del 2005 in un corpo centrale di servizi e rete dorsale e in Openreach, un divisione che controlla la miriade di connessioni e cavi di ultimo miglio) sembra dare buoni risultati. «Oggi i nostri clienti cominciano a mostrare un accentuato dinamismo - ha spiegato alla platea bocconiana Steve Robertson, amministratore delegato di Openreach - Tiscali, per esempio, ha appena lanciato un servizio con 140 canali televisivi, e altrettanto vale per Sky e altri che vengono dalla tv via cavo. E già oggi questi operatori cominciano a chiederci connessioni all'utente ancora più potenti e veloci di quelle Dsl, in direzione di un tutto fibra ottica. Se questo trend si consoliderà, come crediamo, la transizione alla rete di nuova generazione avverrà in un contesto pluralistico e naturalmente dal basso, per domanda del mercato e dell'innovazione da parte dei soggetti dei servizi avanzati».

È la possibile soluzione del rebus, via rete aperta a tutti, sul reale finanziamento della Ngn. La nuova infrastruttura costerà, solo in Italia, dai 4 ai 10 miliardi di euro. Una cifra rilevante, e non immediatamente sostenuta dallo stato, un po' stagnante, del mercato delle tlc. Ma sulla Ngn le alternative aperte sono fondamentalmente due. Mentre la vecchia Dsl va a morire (oltre la barriera del 60% di densità sulla rete in rame le connessioni dsl generano irreversibili interferenze elettromagnetiche) l'ipotesi alla «tedesca» è quella di accorciare le vecchie linee rame (solo in prossimità delle case) e di mettere migliaia di server "chiusi" Vdsl a 20 megabit al secondo nelle strade. L'altra ipotesi è quella di fare il salto al tutto ottico, servendosi di tecnologie a basso costo come l'Epon, che arriva anche a 100 megabit bidirezionali, e di sfruttare al massimo la microcablatura in fibra dei marciapiedi e delle case.

«Paesi come la Cina, ma anche Malta, l'Egitto e la Libia stanno imboccando questa strada - dice Mario Fantin, imprenditore, uno dei maggiori esperti di reti in fibra italiane (progettista dei decoder ottici di Fastweb) e oggi in prima linea sull'Epon - oggi il costo medio di un collegamento utente in Epon varia tra gli 800 e i mille euro. Ma c'è da star sicuri che entro i prossimi quattro anni, con la marea che sta montando, scenderanno sotto i 600 euro».
D'altra parte in Corea e Giappone già sta decollando l'internet a 100 megabit, Hong Kong, Pechino e Shangai sono su questa lunghezza d'onda e il futuro della Vdsl appare in seria discussione.

Una rete tutta ottica, quindi, finanziata dal pluralismo innovativo nei servizi e guidata da una società di rete aperta, capace di offrire a tutti gli operatori accessi secondo la formula bitstream (connessioni logiche dai server centrali fino agli utenti)? «Il modello Openreach è il punto di riferimento per la nostra proposta legislativa di ottobre» chiarisce la Reding. Ma un dubbio resta tra gli alternativi italiani. Anche nel caso di una suddivisione funzionale sarà necessario prevedere, sotto lo stesso ombrello proprietario di Telecom Italia, società ben distinte. «Con conseguenti responsabilità per gli amministratori sulle effettive contabilità e politiche seguite - dice Marco Fiorentino, imprenditore e membro di Aiip -. Altrimenti si rischia di tornare all'eterno contenzioso italiano che ha portato alla crisi della concorrenza e poi all'ipotesi di scorporo».

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