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Le «vecchie» quote cercano mobilità con favore fiscale
di Benedetto Santacroce

La riforma della previdenza complementare lascia inalterata la possibilità per il datore di lavoro di devolvere, in modo fiscalmente irrilevante per il lavoratore, l'intero Tfr maturato al 31 dicembre 2006 a un fondo pensione. A questa conclusione sembra giungere, almeno in prima approssimazione, l'agenzia delle Entrate con la risposta durante il forum organizzato dal «Sole-24 Ore» e dai consulenti del lavoro il 25 maggio scorso.
A dire il vero, la soluzione proposta dall'Agenzia, che risulterebbe particolarmente favorevole per i lavoratori, è messa in dubbio dalla stessa amministrazione finanziaria, che nella risposta lascia intendere che sul punto non si è ancora formato un orientamento interpretativo definitivo.
Le norme di riferimento
Per verificare la correttezza della soluzione scelta dalle Entrate è necessario ricostruire il quadro normativo di riferimento alla luce della riforma del 2005 (decreto legislativo 252/2005) e del 2007 (Finanziaria 2007).
L'articolo 8, comma 1 del 252/05 stabilisce che «il finanziamento delle forme pensionistiche complementari può essere attuato mediante il versamento del contributo a carico del lavoratore, del datore di lavoro o del committente e attraverso il conferimento del Tfr maturando». L'espressione utilizzata dal legislatore del 2005 sembrerebbe, almeno in prima approssimazione, escludere sul piano civilistico la possibilità di devolvere al fondo pensione il Tfr maturato, essendo ammesso quale fonte di finanziamento il solo Tfr maturando.
A dire il vero il decreto legislativo 252/05 non dispone espressamente un divieto di conferimento del Tfr maturato: questa carenza normativa può, secondo criteri interpretativi costanti, essere interpretata nel senso di considerare il mancato richiamo della specifica regola una conferma che il conferimento del Tfr maturato è ammissibile.
Inoltre, sul piano fiscale la devoluzione del trattamento di fine rapporto pregresso a un fondo pensione, ai sensi dell'articolo 19, comma 4, del Testo unico delle imposte sui redditi (norma non formalmente abrogata) non costituirebbe «un'anticipazione tassabile ». In effetti, la disposizione prevede espressamente che «non si considerano anticipazioni le " somme" e i "valori" destinati alle forme pensionistiche di cui al decreto legislativo 124/93». Qualche dubbio poteva sorgere sul fatto di ritenere esclusa la devoluzione del Tfr maturato, in quanto costituito da accantonamenti pluriennali. Sul punto, però si sottolinea che già la circolare 29/E/01 aveva specificato che il riferimentoche l'articolo 19, 4 comma del Testo unico delle imposte sui redditi fa, dopo la modifica introdotta con il decreto legislativo 47/00, alle «somme » e ai «valori» e non più alla quota annuale del Tfr (decreto legislativo 124/93) supera ogni dubbio sulla possibilità di devoluzione al fondo pensione di quote di Tfr anche di annualità pregresse, non coincidenti con la quota annuale.
Pertanto, proprio in ragione della ancora attuale presenza nell'ordinamento fiscale nazionale del citato articolo 19, comma 4 del Testo unico delle imposte sui redditi si può a buon ragione sostenere che la devoluzione del Tfr pregresso al fondo pensione non ha rilevanza reddituale.
Le conseguenze operative
Quanto esposto porta in modo univoco verso un'interpretazione favorevole della questione, con detassazione integrale per il dipendente delle quote di Tfr maturato. Quote che verranno tassate nel fondo al momento dell'erogazione delle singole prestazioni, così come disciplinate dall'articolo 11 del decreto legislativo 252/2005. L'interpretazione potrebbe essere utilizzata dal datore di lavoro, in accordo con i lavoratori, per smobilizzare il Tfr maturato, realizzando così una specifica politica retributiva. Sul punto, però, si attende un'ulteriore pronuncia dell'agenzia delle Entrate.



 
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