Il presidente della Reggina Foti: «I club hanno rinviato i problemi per troppo tempo»
di Lara Vecchio


L’ennesima, e speriamo definitiva, minaccia di “tolleranza zero” ha spazzato via le proroghe che hanno consentito agli impianti fuori norma di continuare ad ospitare le gare di campionato. Qualcuno ha sperato che si trattasse dell’eterno occhio chiuso, qualcuno invece l’ha presa alla lettera. Una proroga. E come tale, caratterizzata da una scadenza. Lillo Foti, patron della Reggina, ha portato avanti i lavori di adeguamento dell’Oreste Granillo e così, con un sospiro di sollievo, annuncia che gli amaranto, forse già da domenica prossima, potranno contare su uno stadio fruibile e in linea con i parametri imposti dal decreto Pisanu. E forse per questo non ha battuto ciglio di fronte alla decisione, che verrà ufficializzata all’interno di un più ampio e nuovo pacchetto normativo, di aprire solo i cancelli degli stadi considerati non a rischio.

Sarebbe stato così morbido nei giudizi se i lavori Reggio non fossero stati a un passo dalla conclusione?

Mi fermo alla realtà. E la realtà della mia città mi dice che tanto è stato fatto e che siamo pronti ad adeguarci a ciò che le nuove norme richiedono. Con i se e con i ma non si va da nessuna parte. Fin da subito sono partito dal presupposto che l’adeguamento fosse un obbligo morale e un dovere.

Secondo qualcuno pagano ancora le cosiddette piccole, perché i grandi stadi sono a norma.

Pagano perché la realtà della burocrazia nei centri “minori” ha creato problemi di non facile risoluzione, ma le responsabilità vanno suddivise al 50%. Una parte delle colpe è delle istituzioni locali, l’altra metà va attribuita alle società che non hanno fatto sufficiente pressione. La proroga è stata presa troppo alla leggera e qualcuno si è seduto sugli allori rinviando la risoluzione dei problemi.

Qual è la sua posizione rispetto alle dichiarazioni di Matarrese che hanno fatto gridare allo scandalo?

Sinceramente non so come siano state riportate. Certo sarebbero parole gravi, un messaggio da condannare. Ma personalmente ho i miei dubbi sul fatto che il presidente Matarrese volesse esprimere veramente il pensiero che ci è giunto attraverso gli organi di stampa. Credo che, a meno che uno non sia un delinquente, il rispetto della vita venga prima di tutto. Se perdiamo anche questo valore allora viviamo in un mondo che è peggio di una giungla.

E rispetto a un presidente come Ruggeri , dell’Atalanta, che si oppone alla decisione di giocare a porte chiuse?

Lo capisco. Le porte chiuse conferiscono al calcio una dimesione triste. Il calcio perde i suoi connotati. Diventa qualcosa di freddo, di irreale. Lo sport deve trasmettere passioni, emozioni, sentimenti. Non ne può fare a meno. Anche per gli stessi calciatori che scendono in campo perde la sua fisionomia, perde l’anima.

La tifoseria della Reggina è una delle più calde, nell’accezione positiva del termine. Il pubblico di Reggio Calabria è sempre stato definito estremamente civile ma anche lei ha dovuto fare i conti con una giornata di follia, con il lancio di seggiolini, qualche anno fa. Come affrontò la questione? Con quale approccio?

Ho reagito condannando. Ma cercando nel contempo di costruire, di ricostruire un rapporto positivo per isolare l’episodio. La nostra tifoseria è sempre stata segnalata per simpatia e correttezza. Un episodio può capitare ma da lì si deve partire per una riflessione più ampia. Sono contrario alla violenza, ma non solo a quella fisica degli ultrà. Le responsabilità partono spesso da lontano, anche dalle dichiarazioni di alcuni dirigenti e tesserati. Tutti coloro che fanno parte del sistema devono imparare ad abbassare i toni. Io stesso credo di aver commesso qualche errore ma tra persone civili si possono e si devono trovare delle soluzioni.

6 febbraio 2007