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Un'Italia da bassa classifica

di Piero Fornara

Il deficit di libertà economica in Italia limita la capacità imprenditoriale, danneggia fortemente le nostre aziende, scoraggia gli investimenti esteri, preclude la crescita del nostro Paese nei prossimi anni: è dunque necessario ripensare il rapporto tra Stato e impresa, definendo nuove regole che incentivino la trasparenza dei comportamenti, rivedendo anche il rapporto tra fisco, spesa pubblica e investimenti. Paradossalmente si può invece dire che oggi fare impresa in Italia - un Paese con un'alta vocazione imprenditoriale - è considerato quasi come un male necessario, piuttosto che come vero motore di sviluppo.

Da queste premesse si articola il XXII convegno d'autunno dei Giovani Imprenditori di Confindustria, in programma a Capri venerdì 6 e sabato 7 ottobre, che si apre con l'esposizione delle «tesi» del presidente Matteo Colaninno. Nella prima giornata dei lavori sono annunciati gli interventi del presidente del Senato Franco Marini, del ministro dell'Interno Giuliano Amato e del vice presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Massimo D'Alema, oltre a due tavole rotonde su fisco, spesa pubblica e investimenti (la prima) e su Mezzogiorno e libertà d'impresa (la seconda). Come di consueto, il convegno sarà chiuso sabato con la relazione del presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo.

La cartina al tornasole della poco lusinghiera collocazione dell'Italia quanto a libertà economica è l'«Index of Economic Freedom» elaborato ogni anno dalla Heritage Foundation, autorevole think-tank statunitense, vicino culturalmente al Partito repubblicano. Forte dei suoi 250mila finanziatori privati (non sono accettati aiuti pubblici), la fondazione si propone, come si legge nello statuto, di «elaborare e promuovere strategie politiche basate sui principi del libero mercato, della limitazione dell'interventismo statale, delle libertà individuali, dei valori tradizionali americani e della difesa nazionale». Di ogni Paese viene calcolato il grado di apertura al mercato in dieci settori fondamentali del sistema economico: politica commerciale, livello di tassazione, utilizzo delle risorse da parte del Governo, politica monetaria, flussi di capitale, sistema bancario, prezzi e salari, diritti di proprietà, mercato nero e livello di regolamentazione. Uscita lo scorso febbraio, la graduatoria 2007 vede l'Italia buona ultima nel G-7 e globalmente al 60° posto su 157 Paesi esaminati. In vetta ci sono due economie emergenti, Hong Kong e Singapore, che precedono Australia, Stati Uniti e Nuova Zelanda. Nelle prime venti posizioni troviamo gli altri Paesi del G-7, ad eccezione della Francia, quarantacinquesima.

5 ottobre 2007


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