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Lettera da Parigi / Incollati ai muri per l'Eliseo
di Attilio Geroni (8 aprile 2007)


Le elezioni presidenziali francesi non sono il semplice evento di due giorni decisivi - primo e secondo turno, il 22 aprile e il 6 maggio -, ma una lunghissima rincorsa mediatica (un anno almeno) che comincia a produrre un leggero senso di affaticamento e saturazione in chi deve spiegarle e raccontarle ai lettori.
I programmi sono stati più volte annunciati e riconfezionati con finte amnesie da parte dei candidati. Messaggi e ideologie entrano in cortocircuito poiché abbiamo imparato che la sinistra ha deciso di invadere un po' il campo della destra e viceversa, mentre quest'ultima, a sua volta, ha pensato bene di sconfinare sul territorio dell'estrema destra.
Saltati i punti di riferimento della politica (e della comunicazione) tradizionale, si cerca un'uscita d'emergenza per poter riflettere. La si trova in fondo a rue Charlot, una delle strade più belle del Marais, lunga e stretta, piena di botteghe e negozi con insegne sbiadite e arrugginite che nemmeno si trovano in provincia.
Allo spazio espositivo Passage de Retz c'è una mostra dedicata ai manifesti delle campagne elettorali per l'elezione del presidente francese. Nonostante il mezzo sia oggi pressoché sparito dal linguaggio della comunicazione propagandistica e dai muri delle città, ripercorrerne l'evoluzione e le linee di tendenza è molto istruttivo: si guarda all'evento, che si svolge e incombe al tempo stesso, con un minimo di distacco, e si riesce pure a sorridere.
«Je m'voyais déjà», è il titolo della mostra e di un classico di Charles Aznavour che molti ambiziosi "presidenziabili" devono aver canticchiato poiché fortemente evocativa della smania di successo e notorietà. Dunque, già mi vedevo... presidente. Come Nicolas Sarkozy, che nel suo poster ufficiale, ritratto con l'ondulata e verdissima campagna alle spalle, cita addirittura il François Mitterrand del 1981, quello della forza tranquilla inventata dal pubblicitario Jacques Séguéla. Il candidato della sinistra che spaventò a morte l'establishment economico e finanziario della Francia tentò con quel messaggio, fatto di uno sguardo lontano e di uno sfondo rurale con il campanile, di sedurre anche il centro e la destra moderata. Neanche a lui, però, spetta il primato dell'originalità nel richiamo soffuso alla nostalgia bucolica. Già nel 1940 l'illustratore Bernard Villemot disegnò per Philippe Pétain una celebre serie di poster («Lavoro, Famiglia, Patria») dove la Patria alle spalle del maresciallo era un villaggio all'ombra del campanile.
L'esposizione individua sette rappresentazioni fondamentali della leadership e per non compiere un salto temporale eccessivo - che separa l'elezione di Luigi Napoleone Bonaparte nel 1848 da quella del generale de Gaulle nel 1965, la prima diretta e su scala nazionale dopo 117 anni - si occupa anche di personaggi intermedi per i quali si era sviluppato un certo culto della personalità. C'è l'immagine del re, quella del tribuno, il padre, l'amico, il capo, il professionista e c'è infine la star, oggi impersonificata da Ségolène Royal e in passato giocata, ad esempio, dal leader centrista Jean Lecanuet. Nel 1965 impostò una campagna presidenziale all'americana per sfidare de Gaulle. In un periodo in cui anche i manifesti elettorali tornarono in bianco e nero poiché in bianco e nero trasmetteva la televisione, Lecanuet fu il primo politico francese a farsi ritrarre con un grande sorriso di kennedyana memoria e così lo soprannominarono. De Gaulle, invece, convinto della sua notorietà e del suo carisma, si affidò a un'illustrazione di Lefor e Openo nella quale si scorgeva una manica con due stellette, la mano protesa verso quella di una bambina che raffigurava la V Repubblica.
Nel 1974 Valery Giscard d'Estaing è il primo a posare con un membro della famiglia, in questo caso la figlia: «L'immagine del padre è sinonimo di autorità - spiega lo storico Laurent Gervereau, curatore della mostra - ma in questo caso è un padre moderno, che preferisce la giacca di tweed all'abito formale». Quattro anni più tardi Jacques Chirac chiederà l'aiuto del fotografo Helmut Newton per farsi ritrarre con gli occhiali e ispirare professionalità e competenza. I richiami all'oggi non sono soltanto nelle immagini. Ripensando alla forza tranquilla, viene in mente che di slogan apparentemente antinomici è piena questa campagna elettorale, dall'«ordine giusto», rivendicato sia dalla Royal, sia da Sarkozy, alla «rupture tranquille» inventata dal leader dell'Ump.
La mostra espone un manifesto che non è mai stato affisso, quello che Lionel Jospin aveva preparato per il ballottaggio del 2002. Al secondo turno andò invece Le Pen, abbronzato e sorridente in un poster in bianco e nero, come una star di Hollywood in pensione.



 
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