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Vigilia di voto: mai tanti indecisi, mai tanta partecipazione
di Attilio Geroni


Dal nostro corrispondente
PARIGI - Tre dati, fra i tanti, sono significativi per capire l'importanza e l'incognita di questa elezione presidenziale. Il numero di indecisi, che a due giorni dal primo turno rappresentano il 40% degli aventi diritto al voto; quello relativo ai nuovi iscritti delle liste elettorali: 2,8 milioni in più rispetto al 2002, mai così tanti; una solida maggioranza, il 61%, che dice di non aver fiducia né nella sinistra né nella destra. Chiusa in queste cifre, la Francia sembra inviare dei segnali apparentemente contraddittori. L'entusiasmo senza precedenti per un'elezione del capo dello Stato convive con un tasso di indecisione elevatissimo e con un forte distacco nei confronti dei due grandi schieramenti politici, i neogollisti e i socialisti.

La storia recente, soprattutto il voto del 2002 con la disfatta socialista e Jean-Marie Le Pen al ballottaggio con Jacques Chirac, la fotografia di un elettorato mobile e inquieto, preparano uno scenario di grandi incognite e possibili sorprese rispetto alle tendenze mostrate dai sondaggi. L'ipotesi più classica vede il candidato dell'Ump, Nicolas Sarkozy, vincente al primo turno, davanti all'avversario socialista Ségolène Royal. Seguendo questo schema, al ballottaggio dovrebbe spuntarla il leader dei conservatori, che raccoglierebbe eventualmente parte dei consensi del centro di François Bayrou e la quasi totalità dei voti dell'estrema destra.

L'emergere di un centro importante, intorno al 20% delle preferenze, e il consenso stabile di cui continua a godere Le Pen (15%) lasciano però spazio ad altre ipotesi di voto al primo turno. In ordine di probabilità, la prima è che la Royal ottenga un risultato migliore delle aspettative, magari sempre seconda, ma molto vicina a un Sarkozy ‘'deludente'', guadagnando così una spinta propulsiva che renderebbe più aperto il ballottaggio. La seconda è l'evoluzione di Bayrou da terzo a secondo uomo, a scapito del candidato socialista. La terza sarebbe una ripetizione della storia, con l'ineffabile Le Pen a contendersi l'Eliseo contro Sarkozy. A quel punto, la sindrome del 21 aprile 2002 diventerebbe, per la sinistra, la maledizione d'aprile.

Sarkozy-Royal o Sarkozy-Bayrou? L'incertezza e la fluidità sono in un certo senso i prodotti di una campagna elettorale partita con grande anticipo grazie (o a causa) dell'esuberanza mediatica delle due superstar (Sarkozy e Royal) e che ha trattato molteplici temi senza soffermarsi su uno in particolare. Le elezioni del 2002 sono state le elezioni della sicurezza e dell'immigrazione. Il 2007? Difficile stabilire una priorità poiché i candidati, a seconda degli spunti di cronaca e delle debolezze reciproche, si sono esibiti in un vero e proprio zapping di contenuti: fiscalità, crisi di Airbus e ristrutturazioni industriali, delocalizzazioni, identità nazionale e immigrazione, patriottismo economico, protezionismo, determinismo. Man mano che ci si è avvicinati al primo appuntamento fatidico i programmi sono diventati sempre più evanescenti, sempre meno importanti, per lasciare spazio alle personalità, alla battaglia dei valori, alle accuse reciproche. Sia Sarkozy che la Royal hanno avuto i loro cattivi biografi, autori di instant book che hanno subito raggiunto le vette delle classifiche di vendita. Eric Besson, ex consigliere economico di Ségolène, e Azouz Begag, unico ministro di origine nordafricana del governo Villepin, hanno prodotto ritratti al vetriolo dei due grandi antagonisti. Il primo insistendo sulla (presunta) scarsa competenza della signora, il secondo sulle intemperanze caratteriali dell'ex ministro degli Interni e sulla (sempre presunta) scarsa capacità di autocontrollo.

Se il ballottaggio, come auspicato nell'ultimo editoriale di Jean-Marie Colombani su «Le Monde», dovesse riproporre lo scontro classico e istituzionale tra destra e sinistra, la guerra delle personalità conoscerà nuovi eccessi, vista la componente monarchica dell'investitura presidenziale in Francia. Contro il centro e la proposta politica di Bayrou (un governo di unità nazionale) ma anche contro la persistente minaccia dell'estrema destra Colombani ha invocato «l'imperativo democratico» di un voto che non deve assolutamente assomigliare a quello del 21 aprile 2002, quando al secondo turno, in effetti, non ci furono vere alternative allo Chirac in funzione anti-Le Pen. Bisogna rovesciare, sostiene il direttore di «Le Monde», l'adagio secondo cui al primo turno si sceglie e al secondo si elimina : «Questa volta bisogna eliminare al primo turno per essere sicuri di poter scegliere al secondo».



 
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