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Francia, stop alle ideologie per vincere al centro
di Attilio Geroni


Dal nostro corrispondente

PARIGI - Nicolas Sarkozy e Ségolène Royal hanno ricevuto una forte investitura per il cambiamento. I francesi hanno visto in loro le indispensabili qualità di leadership, oltre a uno status anagrafico di cinquantenni che li mette in naturale sintonia con altre democrazie europee.
Il presidente dell'Ump è stato apprezzato per la competenza, soprattutto economica, e per un linguaggio diretto, spesso iconoclasta. La candidata socialista ha invece impressionato per la tenacia, la capacità d'ascolto e per aver trasmesso l'immagine rassicurante di una madre benevola e severa.
Anche da una sconfitta può nascere un successo. François Bayrou non ce l'ha fatta ad andare al secondo turno, ma il suo nuovo centro si è imposto come ago della bilancia nel ballottaggio tra Nicolas Sarkozy, grande favorito, e Ségolène Royal. «La buona notizia» che il leader dell'Udf ha voluto trasmettere ai suoi nel messaggio di domenica sera è che «c'è un centro forte e ampio in Francia».Peccato che il suo capitale di consensi, triplicato rispetto al 2002, sarà sacrificato alla causa del secondo turno, non si sa bene a favore di chi.
Per capire le dinamiche del voto degli "arancioni" di Bayrou e chi potrà esserne il maggior beneficiario, è utile ripercorrere l'evoluzione del centro e dell'Udf in Francia e come si è arrivati all'attuale sconfitta di successo.
Fin dal 1965,anno in cui si svolse la prima elezione diretta del presidente della Repubblica dai tempi di Luigi Bonaparte, il Paese ha avuto un centro rappresentativo. A sfidare il generale de Gaulle fu in quell'occasione Jean Lecanuet,il primo uomo politico francese a sorridere da un manifesto elettorale in bianco e nero, sceltadi comunicazione all'americana, di ispirazione kennedyana, che gli valseil soprannome di "Colgate denti bianchi". Portò a casa il 15,6%, che a quei tempi, e soprattutto in contrapposizione al generale «padre della patria», fu un risultato tutt'altro che disprezzabile.
Successivamente altri rappresentanti del centro che dal 1974 prese per iniziativa di Valéry Giscard d'Estaing il nome di Union pour la démocratie française, appunto Udf, riunendo sei componenti politiche del centro e della destra non gollista raggiunsero alle presidenziali risultati non lontani da quello didomenica: Raymond Barre al 16% nel 1988, Edouard Balladur al 18,6% nel 1995, senza contare la stessa vittoria di Giscard alle presidenziali del 1974.
«In realtàosserva Pascal Perrineau, direttore del Cevipof, il centro di ricerche politiche di Sciences Pol'Udf è tornata a un livello che era sempre stato suo negli ultimi decenni». Dov'è il cambiamento, allora? Il cambiamento è quello che ha portato, lentamente e con fatica, lo stesso Bayrou da quando prese la leadership del centro nel 1998. Fu un avvento critico, che coincise con la scissione tra Forza democratica, la sua corrente, e Democrazia liberale di Alain Madelin: una scissione dettata dal fatto che lo stesso anno, alle elezioni regionali, molti esponenti dell'Udf vennero eletti con l'appoggio dell'estrema destra di JeanMarie Le Pen,un fatto inaccettabile per Bayrou.
Per anni sponda naturale e partner di Governo dei gollisti dell'Rpr (Rassemblement pour la République) il partito si è progressivamente affrancato dalla destra cercando una strada autonoma. Cosa non facile,soprattutto alla luce della creazione dell'Ump nel 2002,che vide la fuga di molti centristi verso il " nuovo" partito di Jacques Chirac.
Il grande salto qualitativo avviene però quando la campagna presidenziale 2007 comincia a entrare nel vivo, nell'autunnoinverno. Bayrou insiste nella sua emancipazione dalla destra ponendosi come candidato antisistema rispetto a Sarkozy, da lui ritenutoe descritto come l'esponente dell'establishment economicofinanziario francese in virtù delle conoscenze, e spesso amicizie personali, che il leader dell'Ump ha con alcuni patron del Cac40. Nello stesso tempo,però,riescea mantenere una certa indipendenza rispetto alla sinistra, dove coglie il malessere di alcuni dirigenti per la scelta di Ségolène Royal alla candidatura presidenziale. Il malessere dei dirigenti è,evidentemente, il malessere di una parte non trascurabile dell'elettorato del Partito socialista.
Secondo Perrineau il risultato dell'Udf riflette un doppio fenomeno: innanzitutto il recupero del suo elettorato naturale sedotto in un primo momento da Sarkozy,poi la delusione nei confronti del "segolenismo". L'arte del sondaggio non riesce ancora a dare una risposta univoca sulle possibili tendenze dell'elettorato Udf al secondo turno: secondo una rilevazione di CsaCisco, il 45% voterebbe a favoredella Royal contro il 39% per Sarkozy, un'altra condotta dall'Ifop ribalta le proporzioni a favore del candidato della destra ( 54%contro 46).



 
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