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Touraine: «Una Francia confusa, dove non funziona più l'alternativa destra-sinistra»
di Piero Fornara


«In Francia i commentatori politici presentano i quattro principali candidati in lizza per l'Eliseo "tutti in un fazzoletto", anche se i sondaggi danno comunque in vantaggio Nicolas Sarkozy; ma nessuno di loro ha portato un'idea nuova, un progetto originale, ad esempio dimostrando di saper dare una risposta alle sfide della globalizzazione, nessuno di loro ha guardato fuori dai confini della Francia, parlando di Europa o di ecologia».

Alain Touraine Incontriamo a Milano il sociologo Alain Touraine, classe 1925, già direttore di ricerca dell'Ecole pratique des hautes études (attualmente Ecole des hautes études en sciences sociales), studioso dei movimenti sociali e della società post-industriale e autore di una dozzina di libri, di cui gli ultimi due sono Un nouveau paradigme-Pour comprendre le monde d'aujourd'hui (2005) e Le monde des femmes (2006). Ecco come ha risposto alle domande del «Sole 24 Ore.com» alla vigilia del primo turno delle presidenziali francesi, domenica 22 aprile.

Su quali argomenti si è concentrata la campagna elettorale?
I temi pressoché inevitabili del lavoro, del salario, della sicurezza sociale, delle pensioni sono stati evocati da tutti, ma un elemento fondamentale di questa campagna, secondo me, è che la contrapposizione classica fra destra e sinistra è divenuta confusa, al pari di quella fra classe operaia e borghesia. (Da un'inchiesta condotta nell'ambito di Sciences Po, la Fondazione nazionale di scienze politiche, risulta che sei francesi su dieci non si fidano più sia della destra, sia della sinistra e che specie a sinistra sono sempre più numerosi gli elettori disposti a un cambio di campo, ndr). Per questa situazione ci sono due interpretazioni: la prima, quella che i protagonisti della volata verso l'Eliseo sono individui singoli e non partiti politici. Ma è quella che ritengo meno plausibile. La rincorsa del centrista François Bayrou non è solo quella di un brillante candidato, ma esprime piuttosto i dubbi di una parte dei simpatizzanti di destra o di sinistra sulla loro appartenenza politica. Quanto a Ségolène Royal, la candidata socialista è partita come una freccia, sganciandosi anche dal suo stesso partito, come una bomba partita dalla società, fatta di uomini e donne, che scoppia nel mondo politico a prevalenza maschile. Però man mano che il giorno del voto si avvicinava la Royal ha perso slancio. Jean-Marie Le Pen rappresenta una minaccia permanente che l'estrema destra fa pesare sulla democrazia francese: gli osservatori hanno in generale sottostimato Le Pen quest'anno, come nel 2002, ma lui conserva un elettorato stabile. La sola personalità visibilmente importante (anche perché incute timore e inquieta una parte degli elettori) è quella di Nicolas Sarkozy.

E la sua seconda interpretazione?
Per me bisogna tornare all'ipotesi che pone queste elezioni sulla scia di quelle del 2002, con l'inatteso crollo di Lionel Jospin al primo turno. Il Partito socialista francese è tuttora in crisi, anche perché i suoi uomini usano spesso un linguaggio rivoluzionario e hanno una linea politica esitante, ma soprattutto perché il Ps è ancora condizionato dal lontano successo di François Mitterrand nel 1981, che scavalcò a sinistra il Partito comunista mutuandone l'ideologia e il programma di nazionalizzazioni, ma allontanando il suo stesso partito dalla realtà (salvo poi chiamare al governo Jacques Delors due anni dopo, per rimettere i conti in ordine). Questa mia lettura dei fatti, se non mi permette di dire già oggi chi conquisterà l'Eliseo, indica Sarkozy come favorito, perché la sua politica orientata a destra dovrebbe sottrarre voti all'elettorato di Le Pen.

Il «Financial Times» si è chiesto se l'outsider Bayrou non diventarà «presidente per caso»...
Quanto a Bayrou si può pensare che, salvo un crollo nelle preferenze a Ségolène Royal, soffra l'assenza di una soluzione sua: si può votare un candidato, di cui non si sa con chi e come governerà? Vero è, comunque, che egli ha saputo finora comportarsi molto meglio delle attese. Al secondo turno Bayrou potrebbe persino vincere contro Sarkozy, ma resta comunque l'ipotesi più concreta che al ballottaggio ci arrivi Ségolène. Bayrou e Ségolène dovrebbero unire le loro forze, contro Sarkozy e Le Pen (secondo «Ft» la candidata socialista pochi giorni fa ha dovuto fronteggiare all'interno del suo stesso partito un'aspra disputa proprio sulla possibile convergenza doi voti con il candidato centrista per tentare di battere Sarkozy, ndr) . La conseguenza di queste elezioni (salvo il caso di vittoria della Royal), sarà l'implosione del Partito socialista e una lotta alla baionetta dei suoi colonnelli, scartati dalla candidatura per la presidenza della Repubblica, per far posto a Ségolène.

Quale Francia uscirà dal «tour de force» elettorale, dapprima per le presidenziali e, poche settimane dopo, per le politiche?
Dalle urne portare uscire una Francia orientata politicamente più a destra rispetto a quanto auspicato da una parte del suo stesso elettorato, perché la destra di Pompidou, di Giscard d'Estaing e di Chirac è sempre stata moderata. Secondo la mia opinione, i francesi in maggioranza preferirebbero un governo di centro-sinistra, ma ne accettano anche uno di centro-destra; ciò che davvero non vogliono è aprire le porte da un lato all'estrema destra e dall'altro all'estrema sinistra.

Che cosa intereressa veramente oggi agli elettori francesi ?
Nel referendum del 2005 anche anche una parte dei socialisti ha votato contro l'Europa. Sono ancora molti i francesi che guardano a una sistemazione stabile in un'azienda statale o pubblica. Per l'attuale «génération précaire» il vero problema è la disoccupazione: i giovani non capiscono il problema del debito pubblico. In Francia per la prima volta dalla fine della Prima e della Seconda guerra mondiale, se non addirittura dall'epoca di Napoleone o del Secondo Impero, le nuove generazioni hanno una prospettiva di vita, sotto l'aspetto economico, inferiore a quella dei loro genitori.

Non solo in Francia, però...
Sì, d'accordo, in Francia, in Italia e anche in altri Paesi dell'Occidente sviluppato. Il problema della sicurezza, invece, non è più il tema su cui quest'anno si vincono o si perdono le elezioni, com'era successo nel 2002, anche se i candidati non hanno trascurato di occuparsene. Nelle «banlieues» non ci sono soltanto le automobili incendiate. Più grave è l'avversione, il rancore contro i poliziotti, ma anche contro gli insegnanti e gli assistenti sociali: l'ho capito da come mi ha risposto un giovane disoccupato, motivando il suo comportamento, perché - mi ha detto - «essi cercano di integrarlo in una società disaggregata». E in effetti l'isolamento, anche volontario, è crescente rispetto a dieci anni fa: adesso nelle «banlieues» si è formato il ghetto, anche se gli immigrati parlano francese.



 
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