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La Dichiarazione di Berlino, tabella
di marcia per la Ue del futuro
(con solo tre firme in calce)
di Enrico Brivio

«L'Europa per secoli è stata un'idea, una speranza di pace e di concordia. Questa speranza è stata esaudita». Inizia così la Dichiarazione di Berlino, che dovrà celebrare i cinquant'anni dell'Europa e indicare il cammino di un incerto destino di riforme istituzionali.
E' stato eliminato il retorico inizio «Noi, popoli d'Europa» che figurava in una prima bozza. Sarebbe stato paradossale, infatti, utilizzare una formula che poteva riecheggiare l'incipit della Costituzione americana («We, the people of the United States») quando la parola Costituzione europea non viene nemmeno menzionata. Un'omissione generata dalle perplessità dei Paesi meno propensi a rispolverare la prestigiosa etichetta che fu data al Trattato Ue, già bocciato dai referendum in Francia e Paesi Bassi. Così, si è optato per la formula «Noi, cittadine e cittadini dell'Unione europea», utilizzandola, però, meno enfaticamente, dopo il primo paragrafo.
Dilemmi stilistici che indicano il permanente scollamento tra le ambizioni e la complessa realtà della nuova Europa. Il paziente lavoro del cancelliere Angela Merkel e dei suoi collaboratori è approdato alla fine a un testo, che verrà sottoposto domenica all'avallo dei 27 leader riuniti a Berlino. Ma in calce recherà solo tre firme, quelle della stessa Merkel, del presidente della Commissione, José Manuel Barroso e di quello dell'Europarlamento, hans Gert Poettering.
Un segno del crescente peso acquisito negli anni dalle istituzioni europee, per i più ottimisti. Un'allarmante spia della difficoltà di arrivare a un testo che tutti i 27 leader europeo potessero sottoscrivere parola per parola, per gli osservatori più scettici. Di certo, la parola Costituzione europea non vi appare, anche se la presidenza tedesca ribadisce che rimane l'obiettivo di lungo periodo. C'è però l'impegno ad avere un Unione europea «su nuove basi» entro il 2009, in tempo per le prossime elezioni parlamentari.
E' forse questo l'unico vero impegno della Dichiarazione, che si limita con qualche accento retorico ad esaltare, nella sua prima parte, «il modo unico» nel quali i popoli europei hanno trovato la loro strada, nel corso di un processo di integrazione, che ha saputo preservare le particolarità e le tradizioni di ciascuno. E di combinare un modello sociale di responsabilità con un successo economico, rafforzato dal mercato unico e dall'euro. Nell'ultima parte si elencano, invece, le sfide da combattere assieme, contro il terrorismo e il crimine organizzato, e gli obiettivi comuni da raggiungere, come una politica energetica comune e la lotta al cambiamento climatico. Con l'impegno a rafforzare un ruolo di primo piano nella scena mondiale a un'Unione europea, che intende rimanere la prima donatrice mondiale ai Paesi in via di sviluppo.
E' stato difficile per la Merkel andare oltre un documento dal contenuto generico e sostanzialmente declamatorio. Stretta tra mille pressioni, come quelle polacche per inserire un riferimento alle radici cristiane, o le resistenze inglesi a citare euro e accordo di Schengen sulla libera circolazione delle persone. Per evitare la paralisi, la presidenza tedesca ha perciò alla fine optato per un sistema molto accentrato di redazione del testo. Un sistema che ha generato, in particolare, le critiche del primo ministro ceco Mirek Topolanek, il più esplicito a esprimere perplessità sia sul metodo di lavoro della presidenza, sia sui riferimenti alle future rifrome istituzionali dell'Unione europea. Praga sottolinea, insoma, di non sentirsi strettamente vincolata ad avere un nuovo Trattato entro il 2009. E' solo una prima avvisaglia di quanto sarà difficile rimettere in carreggiata il processo delle riforme istituzionali con la compartecipazione di 27 Governi.
«La dichiarazione di Berlino può sembrare debole, ma è il massimo che si poteva dire nella situazione attuale», ha ammesso il presidente del Consiglio, Romano Prodi, in un'intervista a "Le Monde", ricordando le tensioni politiche a Praga e Varsavia e il fatto che a Parigi si è in piena campagna presidenziale.
Ma, comunque, la Merkel, facendo prova di buona volontà e teutonica determinazione, con la Dichiarazione di Berlino ha posto il primo mattone del complesso edificio che dovrà ospitare l'Europa nei prossimi cinquant'anni. E ora, che la festa cominci, per i litigi c'è tempo.



 
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