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Letta: «Politici o tecnici? E' un falso dilemma, contano capacità e responsabilità»
di Piero Fornara

Dove passa il confine fra "tecnici" e "politici"? Nell'ultima Legge finanziaria, redatta da un ministro tecnico, Tommaso Padoa-Schioppa, è prevalsa la politica o la tecnica? La demarcazione è in effetti labile, ma è importante in Italia, dove ciclicamente ritorna d'attualità il cosiddetto "Governo di tecnici" e capita di sentir parlare di "tecnico di destra" o "tecnico di sinistra". Al Festival dell'Economia di Trento, sabato 2 giugno, su questo "gioco delle parti", dopo un'introduzione di Innocenzo Cipolletta, si sono confrontati Luigi Abete, Renato Brunetta, Giovanni Majnoni, Nicola Rossi ed Enrico Letta; moderatore Marco Panara di «Repubblica». Il Forum si è svolto nella splendida sala Depero, sede del Consiglio provinciale, decorata alle pareti con le simboliche composizioni dell'artista trentino e affollatissima di pubblico, come pressoché tutti gli eventi della kermesse trentina.

Con argomenti e accenti diversi, i partecipanti al dibattito hanno tutti sostanzialmente respinto la dicotomia fra tecnici e politici, sottolineandone piuttosto un'altra, quella fra buona e cattiva politica, fra politici che si adoperano a trovare anche le soluzioni tecniche e politici ignoranti, fra politici che hanno il coraggio, se necessario, di assumere posizioni scomode e politici che cercano un facile consenso. Luigi Abete, presidente di Bnl e degli Industriali di Roma, dopo avere rivendicato in apertura la sua qualifica di "imprenditore" a tutto tondo, ha sottolineato come in Italia il rischio per un tecnico che "scende in campo" sia quello di tagliarsi i ponti alle spalle. «In realtà – ha aggiunto Abete – questo è vero soprattutto per chi ha un profilo tecnico debole. Un tecnico forte dovrebbe avere anche un profilo politico più forte, essendo meno ricattabile sul piano professionale. La cosa importante è comunque il meccanismo di selezione della classe politica. Ma l'attuale meccanismo elettorale – un sistema uninominale con liste bloccate – è il peggiore possibile, sommando le debolezze dei due precedenti».

Anche per Nicola Rossi, docente universitario prestato alla politica (è deputato dell'Ulivo), il valore aggiunto di un tecnico è quello di potere in qualsiasi momento «tornare a fare un altro mestiere», cosa che per il politico di professione è impossibile o molto difficile. Detto questo, per Rossi un tecnico, quando scende in politica, non solo è consapevole di ciò che questo comporta ma deve coscientemente rivendicare un ruolo politico. Anche per questo per Rossi è importante l'esperienza della campagna elettorale. « Chi non la fa non riesce a padroneggiare pienamente il linguaggio dei politici, nel quale la questione del consenso è centrale. Mentre un tecnico può ottenere il consenso popolare persino in maniera migliore rispetto al politico». L'osmosi fra le due categorie è quindi non solo desiderabile ma essenziale al fine di rigenerare costantemente la politica.

Secondo Nicola Rossi, ad esempio sulle pensioni si discute senza avere la più pallida idea di quello che sta ha sul tavolo. E anche in questo "vuoto" si manifesta la crisi della politica: «Tutti i Governi che si sono succeduti dal 95 a oggi hanno trascurato di fare quello che è un dovere primario, ossia far funzionare il sistema previdenziale». Proseguendo ha chiesto alla platea: «Lo sapete che una porzione significativa dei dipendenti pubblici va in pensione con una cosiddetta pensione provvisoria perché non si riesce a ricostruire la loro storia previdenziale? Anche in questo vuoto è la crisi della politica».

«Far passare taglio scalone come riforma è un'ipocrisia Trento: non serve una riforma delle pensioni perché c'è già e va solo applicata» ha interloquito Renato Brunetta, economista ed europarlamentare di Forza Italia. «Ci vuole più onestà intellettuale e dire che non serve una riforma delle pensioni perché è già stata fatta, semmai va fatta meglio». Ha poi preso la parola il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Enrico Letta per il quale «non esistono tecnici in politica: la differenza è fra politici ignoranti e politici che si applicano per individuare una soluzione tecnica ai problemi».

«In questo senso Padoa-Schioppa è pienamente un politico. Perché dunque siamo qui a dibattere di questo tema? Perché in Italia la politica è troppo spesso fatta da persone che altrimenti non avrebbero altri ruoli o altre professionalità, ed inoltre perché i tecnici che si avvicinano alla politica tendono ad avere di quest'ultima un'opinione tanto bassa che preferiscono rimarcare comunque la distanza». Oggi Padoa Schioppa – ha aggiunto Letta – è un politico, nel senso che una finanziaria di 30 miliardi, che ha buttato giù di due punti il rapporto deficit/Pil, è una finanziaria talmente importante in termini di scelte Politiche che ci stanno attorno che non può essere frutto di scelte politiche».
Che il ministro dell'Economia sia un politico e non un tecnico si trova d'accordo anche Renato Brunetta, che ha però ma riportando tutt'altra argomentazioni: «Se Padoa-Schioppa decide di mandare via il generale Speciale e prende la delega sulla Guardia di Finanza non fa il tecnico fa il politico e si assume tutte la responsabilità politica di quell'azione. Giusta o sbagliata che sia, poi si vedrà».

Letta ha quindi ricordato brevemente la figura di uno dei suoi maestri, il trentino Beniamino Andreatta, per il suo sforzo costante di far dialogare politici e tecnici, strappando alla platea un lungo applauso. Ma quali devono essere, allora, per Letta, le caratteristiche di un sistema politico sano? «Sostanzialmente tre: potere, responsabilità e sanzioni. In Italia abbiamo però tutto il contrario. Il potere è frammentato, parcellizzato, e ciò vale non solo per la politica, ma anche per le forze sociali. In quanto alla responsabilità, in Italia in realtà viene premiato chi scansa le responsabilità, mentre chi se le assume corre dei seri rischi. Infine le sanzioni, inesistenti: l'Italia è il Paese del condono, il Paese che perdona sempre il politico che sbaglia». La classe politica, ha concluso Letta, «non dovrebbe essere composta da personaggi autoreferenziali, che sembrano collocati in uno scenario da Grande Fratello, bensì da cittadini che vivono la vita di tutti i giorni, con senso di sobrietà».

2 giugno 2007

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