La "mina" del pubblico impiego rischia di esplodere, sommandosi al disagio dei metalmeccanici, con possibili ripercussioni sul referendum sul Protocollo del 23 luglio, convocato dall'8 al 10 ottobre. Delusi per la mancata copertura del prossimo rinnovo contrattuale, Cgil, Cisl e Uil annunciano la mobilitazione di tre milioni e mezzo di pubblici dipendenti che, sollecitando più risorse, sono pronti ad effettuare uno sciopero entro la fine di ottobre. Per metà novembre, inoltre, i sindacati hanno annunciato una manifestazione nazionale sulla "questione fiscale".
Nel vertice di ieri sera i leader di Cgil, Cisl e Uil hanno ascoltato le critiche dei tre segretari generali della Funzione pubblica alla Finanziaria, che ha stanziato le risorse per chiudere la tornata contrattuale 2006-2007, destinando al 2008-2009 somme sufficienti alla sola copertura della vacanza contrattuale. Il Governo si è impegnato, in occasione della manovra economica del prossimo anno, a mettere sul piatto ulteriori 700 milioni (dal 2008) e 1,2 miliardi (anni seguenti) ad una condizione: va avviato in tempi rapidi il negoziato per definire la durata triennale del contratto che diventerebbe così 2008-2009-2010, al posto dell'attuale biennio economico.
Allo stesso tempo è stato introdotto un tetto al lavoro straordinario nella Pa: ogni comparto non potrà spendere più del 90% rispetto al budget dell'anno precedente. Un aut-aut, quello del Governo, che è stato già respinto dai sindacati di categoria: «senza lo stanziamento di risorse sufficienti – dicono – non trattiamo». Anche perchè, se da un lato la triennalizzazione dei contratti può favorire la chiusura puntuale delle vertenze, dall'altro la copertura degli aumenti affidata alla Finanziaria è destinata a lievitare. Secondo i sindacati per coprire il triennio servirebbero 9,6 miliardi, per garantire l'inflazione programmata (4,7%) e un recupero di produttività (1,3%), considerando che ogni punto vale 1,6 miliardi.
La preoccupazione dei leader di Cgil, Cisl e Uil è che il malcontento delle categorie possa trasformare la consultazione in un referendum sul Governo, rafforzando il partito del "no" . Anche se Guglielmo Epifani ha smentito l'intervista a La Repubblica di ieri, spiegando di non aver mai sostenuto che «se le fabbriche votano no al protocollo cade il governo», non c'è dubbio che una forte affermazione dei voti contrari avrebbe conseguenze sulla tenuta dell'Esecutivo e suonerebbe come una sconfitta per i tre leader confederali. L'appello del pubblico impiego è stato raccolto dai leader dei sindacati confederali: «I contratti vanno rinnovati - ha detto il numero uno della Cisl, Raffaele Bonanni - gli impegni vanno onorati.
Il Governo deve tirare fuori le risorse e non fare come gli struzzi che mettono la testa sotto la sabbia. Questa provocazione continua sugli statali è irresponsabile e noi lo denunceremo con forza». Per i sindacati c'è un problema più generale, che va oltre il pubblico impiego: al Governo chiedono di ridurre il peso fiscale sul lavoro dipendente. «Più del 70% dei lavoratori dipendenti è senza contratto – sostiene Carlo Podda (Fp-Cgil) – la situazione non riguarda solo il pubblico impiego, ma l'intero sistema contrattuale in Italia. Il governo avrebbe dovuto affrontare con maggiore responsabilità questa questione, così come il problema dei bassi salari. È dal 2001 che aspettiamo la restituzione del fiscal drag». Sulla stessa lunghezza d'onda Salvatore Bosco (Uilpa): «Manca la volontà politica di rinnovare il contratto – sostiene –. Si apre una vertenza che porterà allo sciopero i dipendenti pubblici, con l'eccezione della scuola che deciderà autonomamente le procedure».
Una schiarita, intanto, arriva dall'Aran, dove ieri è stato firmato il contratto dei dipendenti degli enti pubblici non economici (per il quadriennio normativo 2006/2009 e per il primo biennio economico 2006/2007) che – come i ministeriali – potranno ricevere entro l'anno l'anticipo degli arretrati, in virtù del miliardo lordo stanziato dalla Finanziaria.