È indubbio che ci sia un rapporto diretto tra il voto che sull'accordo per il welfare esprimeranno i lavoratori nel referendum previsto dall'8 al 10 ottobre e la sopravvivenza del Governo. Non perché i lavoratori possano decidere le sorti di un Governo, ma perché questo Esecutivo ha puntato gran parte delle sue carte su quell'accordo, ne ha fatto un puntello per continuare a vivere. Prodi ha ottenuto da Cgil, Cisl e Uil un assenso prezioso che oggi i distinguo della sinistra massimalista rischiano di mettere a repentaglio (soprattutto creando imbarazzi alla Cgil). Tuttavia negli ambienti sindacali una bocciatura non viene presa nemmeno in considerazione.
Si sa che le urne daranno un voto a favore dell'accordo.Passò, sia pure di un soffio,l'accordo del 1996 sulle pensioni, che era davvero tutto in perdita per i lavoratori. Ora è prevedibile una prevalenza dei sì per un Protocollo che «distribuisce », come dice sempre Cesare Damiano.
Ed è per questo che l'attenzione si è tutta spostata sulle dimensioni di questo sì. Se l'accordo passerà con una maggioranza forte, davvero forte, nessuno potrà più permettersi di contestarlo. E la sinistra radicale mantenendo la manifestazione del 20 ottobre avrebbe il bel risultato di marciare contro i lavoratori.
Ma tutto avrebbe un sapore diverso se le percentuali fossero altre, se il no dovesse conquistare una parte non maggioritaria, ma in qualche modo consistente dei lavoratori, con l'aggiunta magari di qualche piazza significativa ed evocativa, qualche fabbrica di peso, ipotesi non impossibile considerando che per il no si è pronunciata la maggioranza dei metalmeccanici della Cgil.
In questo caso scatterebbe la caccia alle streghe, tutti si affretterebbero a sostenere l'incompiutezza dell'accordo e l'inaffidibilità di chi l'ha concordato. A destra come a sinistra, naturalmente. I critici della prima ora dell'accordo sarebbero i veri vincitori della partita, nella polvere cadrebbe chi ha firmato quel Protocollo. Un risultato davvero particolare. È per questo che Cgil, Cisl e Uil si battono perché il sì all'accordo sia corale, per blindare in qualche modo l'intesa, soprattutto per toglierla dall'agone in cui si confrontano, non sempre a viso aperto, le diverse componenti della maggioranza di Governo. Il segnale del rinvio dell'attuazione del Protocollo, affidata allo strumento del collegato, ha già creato problemi alle confederazioni che potrebbero svanire solo nel caso di una vittoria robusta dei sì. Per questo Cgil, Cisl e Uil chiamano i lavoratori a una consultazione massiccia con 50mila assemblee e 5 milioni di persone coinvolte: chiedono il sì a un accordo in cui credono. E chiedono anche di non far ricadere questa consultazione nel rovinoso clima dell'anti-politica imperante.