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Il costo della spesa? Tutto ai figli e ai nipoti

di Giacomo Vaciago

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3 ottobre 2007

Sono due gli aspetti che più colpiscono dopo la lettura della Finanziaria giunta ieri in Parlamento. Il primo è il distacco che anche quest'anno c'è con il Dpef che il Governo ha approvato tre mesi fa. Cosa cambia in Italia, ogni anno, da giugno a settembre? Il secondo è l'importanza attribuita a massimizzare l'utilità di chi gode della spesa pubblica trascurando completamente di considerare chi ne pagherà il conto.
Cominciamo dal primo aspetto. Anche quest'anno il Dpef predica bene e la Finanziaria razzola male. È vero da sempre: il Dpef lo scrivono professori scelti dal ministro mentre la Finanziaria la scrivono funzionari guidati dai politici. Negli ultimi due anni è solo cresciuta la qualità del Dpef: quello approvato il 28 giugno è di 154 pagine ricche di cose intelligenti sulla crescita sostenibile e sull'equità sociale. Ma anche le 160 pagine di un anno fa erano ben scritte, eppure servirono assai poco alla manovra successiva. La Finanziaria 2007 doveva essere tutta dedicata al risanamento ottenuto tagliando le spese. È successo il contrario. La Finanziaria 2008 doveva essere tutta dedicata a «spendere meglio» (come anche precisato dal Libro Verde del 6 settembre) a parità di spesa totale. Ma ci siamo già incamminati su una strada diversa.
Passando al merito della Finanziaria si deve anzitutto osservare che nel 2008, per il terzo anno consecutivo, si aumenta la spesa pubblica e si mantiene un significativo deficit, nonostante l'economia cresca a un tasso prossimo a quello potenziale. Non vi è dunque giustificazione macroeconomica di quella spesa (e di quel deficit), come sarebbe se il finanziamento venisse dall'aumentato reddito generato dallo stimolo alla domanda dato da quella spesa. Stiamo invece spendendo soldi il cui conto necessariamente passiamo a figli e nipoti. È quindi questo l'unico criterio rilevante per valutare la bontà di questa Finanziaria: la maggior spesa prevista è davvero nell'interesse di chi prima o poi pagherà quei conti; serve cioè a darci un Paese migliore di cui i nostri figli e nipoti godranno? È chiaro perché la prima analogia che viene in mente sia quella con l'impostazione che Sarkozy ha dato al bilancio pubblico francese per i prossimi anni: resta un deficit solo perché si finanziano riforme politiche che producono crescita.
Dalla scuola alle liberalizzazioni: tutto ciò che serve alla Francia per alzare il suo tasso di crescita potenziale. Ma anche tutte le infrastrutture materiali e non che consentano di migliorare la qualità della vita e dell'ambiente, cioè quel grande bene comune che necessariamente lasciamo in eredità ai nostri figli e nipoti.
Se ragioniamo in questo modo, e da questo preciso punto di vista valutiamo la Finanziaria 2008, vediamo che spunti positivi non mancano. Perché maggiori spese a favore della crescita, dell'ambiente e della formazione del capitale umano ci sono. A ben guardare, i veri motivi di delusione sono da un'altra parte. E cioè da due punti di vista che sono chiari agli italiani più che ai politici che li rappresentano.
Da un lato, troviamo molta spesa con chiara finalità redistributiva: per motivi di equità, tanta spesa sociale in più. Ma è corretto finanziare tutto ciò con debiti che pagheranno i nostri figli e nipoti? Cosa ci garantisce che diamo ai "poveri" di oggi risorse che pagheranno i "ricchi" di domani (anche ammettendo che in un Paese a così alta varianza come l'Italia, i dati medi aiutino a capire e distinguere)?
Il secondo problema irrisolto da questa Finanziaria è ancora più grave: anche quest'anno aumentiamo la spesa più che l'efficienza della sua gestione e in Finanziaria non abbiamo sufficienti incentivi affinché si spenda meglio.
L'esempio della Banca d'Italia, che seppure con anni di ritardo rispetto alla Bundesbank prende atto che il mondo è cambiato e riduce radicalmente la sua rete di uffici locali, non insegna nulla a chi risponde della nostra pubblica amministrazione? Basta guardare ai documenti del Governo stesso per migliorare la qualità della spesa pubblica (il Documento del 6 settembre), per osservare come non si riesca a imparare dalle altrui migliori esperienze! Consiglio di leggere cosa si scrive a proposito degli studenti "fuori corso" e "fuori sede": forse che non ci sono dei Paesi che hanno un buon sistema universitario?
In conclusione, è davvero grave continuare ad addossare a figli e nipoti il conto di tanti nostri sprechi.

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