«Il protocollo sul welfare è molto più di sinistra di quanti oggi a sinistra lo vorrebbero bocciare». Massimo D'Alema, 58 anni, vicepremier e ministro degli Esteri, è reduce da una cena durante la quale con Kouchner e Moratinos ha concertato un'azione congiunta sulle principali questioni mediterranee e medio-orientali, tra cui il tema delle sanzioni all'Iran («il problema è trovare una strategia efficace che coinvolga tutta la comunità internazionale, di cui le sanzioni sono solo una parte, che preveda anche una parallela iniziativa politica»). Ha sul tavolo il dossier di riforma della Farnesina, con il potenziamento della rete in Paesi finora trascurati e la razionalizzazione delle sedi europee. Prepara la missione in India e Vietnam («è come la Cina di 10 anni fa, un potenziale di sviluppo eccezionale»). Ha appena incontrato l'ambasciatore indiano: «Lì c'è molto da fare per le imprese italiane». Si consulta sullo sviluppo della crisi nel Myanmar. Si gode il successo dell'Italia all'Onu nella richiesta di abolizione della pena di morte. Tema sentito e popolare. Tra le mail che arrivano agli uffici c'è quella di un gruppo di "runner" bolognesi: plaudono all'azione dell'Italia e vorrebbero indossare magliette contro la pena di morte alla maratona di New York. Il mondo in ufficio, insomma. E le tensioni italo-italiane sembrano piccole cose viste da qui. Ma non sfuggono: «Sarebbe singolare che i lavoratori italiani bocciassero il primo accordo sindacale che, dopo tanto tempo, fa un'azione di redistribuzione: dà ammortizzatori sociali ai giovani, riequilibra le pensioni. Ma essere di sinistra non significava battersi per i più deboli?».
La sopravvivenza del Governo è legata al sì all'accordo?
Credo che una bocciatura sarebbe un colpo in prima battuta per il mondo sindacale. Cgil, Cisl e Uil hanno portato a casa un buon accordo e ho fiducia nel buon senso dei lavoratori e dei pensionati italiani che sapranno valutare con saggezza i risultati di quell'intesa.
A proposito di "piccole cose italiane" c'è anche la marcia su Strasburgo annunciata dai seguaci di Grillo per la questione delle intercettazioni su Unipol Bnl che la riguardano, dopo che la Giunta per le autorizzazioni si è dichiarata incompetente.
È una bellissima città, Strasburgo. Potrei consigliare a Grillo un buon ristorante, se crede. Se verrà investito della questione il Parlamento Europeo, i miei avvocati invieranno la memoria che abbiamo preparato per la Camera. È una vicenda per la quale sono assolutamente tranquillo perchè non ho commesso alcun reato.
Ma quando ci sono questi esiti si pensa sempre a D'Alema grande tessitore di trame...
Ma quali trame, quale tessitore! Io non ho chiesto di trasferire la pratica al Parlamento Europeo. È stata la Giunta per le autorizzazioni che si è dichiarata incompetente. Ora cosa devo fare? Non la posso costringere. Aspetto le decisioni che verranno prese, sapendo che ogni giorno perso è un danno a me e al Paese, visto che faccio il ministro degli Esteri. Ho fiducia nei giuristi che mi assistono e nelle scelte del Parlamento europeo che saprà valutare la questione con saggezza.
Come è uscito il bilancio della Farnesina dai tagli della Finanziaria?
Quello del ministero degli Esteri non è un bilancio particolarmente ricco: assorbe lo 0,23% del Pil contro, ad esempio, lo 0,7% della Francia. Lavoriamo con grande attenzione alla semplificazione della struttura. Riduciamo le funzioni direttive e le sedi europee e puntiamo a nuove sedi in aree strategiche come l'Asia, la Cina, l'India, il Sud America. Abbiamo elevato l'impegno per la cooperazione internazionale, che era giunto ai livelli minimi, e va avanti la riforma del settore per creare un'agenzia che sia di servizio anche per enti locali e privati. Berlusconi si era impegnato su tanti fronti umanitari, e aveva avuto i complimenti per questo, peccato che non abbia finanziato le promesse. Ci trovavamo nella spiacevole situazione di essere un Paese che non onorava gli impegni. Ora paghiamo i contributi alla Fao, all'Unesco o al Fondo globale anti-Aids. Abbiamo stanziato 500 milioni nel decreto per la cooperazione e gli impegni internazionali e ne prevediamo 730 in finanziaria per l'anno prossimo. E non è poco. Torniamo ad essere un Paese guardato con rispetto. Una delle nostre priorità dovrebbe essere ora coordinare meglio la proiezione internazionale dell'Italia per la quale, malgrado l'ottima collaborazione con Emma Bonino, paghiamo una certa frammentazione. Ci vorrebbe una direzione strategica comune tra politica estera, commercio estero, Confindustria, sistema finanziario ma anche sicurezza e difesa per progettare insieme le grandi scelte. Una sorta di Consiglio per la sicurezza nazionale, sicurezza intesa ovviamente non solo nel senso militare del termine.
Eni, Enel, Finmeccanica. Sono gruppi che hanno bisogno di un sostegno della diplomazia. Quali sono gli obiettivi del 2008?
L'Italia è nel mondo con nuova autorevolezza. Questo è un fatto anche se sono soprattutto gli italiani a non volerlo riconoscere. Altrimenti l'Enel non avrebbe comprato Endesa, l'Eni non avrebbe chiuso intese con l'Algeria o la Russia, la Finmeccanica non sarebbe diventato uno dei primi fornitori delle forze armate americane. Ora l'obiettivo sono Cina e India dove a volte non mancano commesse, ma manca un apparato produttivo in grado di sostenere una domanda colossale. I grandi appalti spesso finiscono in mani francesi o tedesche e a noi arrivano i subappalti di nicchia. In quei casi i sistemi-Paese si sentono.
Cosa ha insegnato la crisi dei mutui subprime vista dalla Farnesina?
Che esiste una instabilità strutturale dei mercati finanziari mondiali penalizzati dalla speculazione; che le difese istituzionali sono fragili e necessitano di maggiore coordinamento, come sembra stiano facendo ad esempio Fed e Bce. Che la grande mobilità di capitali a caccia di impieghi ad alto rendimento aumenta la volatilità. Che la grande necessità Usa di attrarre denaro per garantirsi un'altissima capacità di indebitamento può essere un problema.
Non trova che la Bank of England abbia agito con la Northern Rock con un classico salvataggio all'italiana?
Altrove la salvezza degli asset nazionali è una priorità assolutamente perseguita, condivisa e acquisita. Anche noi dovremmo cominciare a ragionare in termini di "sistema Paese".
A proposito di banche. Sta per essere ceduta la quota del 9,34% di Mediobanca oggi posseduta da Unicredit. Tra i pretendenti ci sono Mediolanum e Fininvest...
Non mi stupisce. Sono due imprese sul mercato è normale che si facciano avanti. Non è normale che il loro proprietario voglia fare il presidente del Consiglio. Tutto qui.
Caso Alitalia: venderla o farla fallire? Quanto è in gioco il sistema Paese? E quanto sono in gioco altri sistemi-Paese, come la Francia o la Russia?
Non entro nel merito di una situazione in evoluzione. Dico che se si dovesse fare la ricerca del partner ideale, questo potrebbe non essere necessariamente europeo.
Lei ha citato l'America Latina come nuovo sbocco per le relazioni politico commerciali dell'Italia. Proprio l'America Latina però sta diventando un ostacolo al perfezionamento dell'accordo tra Telecom e Telefonica.
Chi ha fatto l'affare sapeva bene che avrebbe incontrato qualche problema con l'Authority per le Tlc locale che sospetta una possibile concentrazione tra Vivo e Tim Brasil. La politica non c'entra. Non resta che aspettare la decisione dell'autorità di controllo.
Torniamo alla Finanziaria. Le agenzie di rating sono perplesse sui tagli. Lei come valuta la manovra 2008?
È una Finanziaria equilibrata e anche la stampa internazionale se ne è accorta. Abbassa le tasse sulle imprese per dare spinta allo sviluppo, ma nel contempo tenta di correggere alcune diseguaglianze sociali che negli ultimi 10 anni si erano acuite. Senza perdere di vista la tenuta dei conti pubblici. Un'operazione di successo che a mio parere il Paese dovrebbe valorizzare. D'altra parte, questo Governo ha fatto molte cose buone, che non gli vengono riconosciute. Le riforme si stanno facendo - anche importanti – come hanno notato ad esempio il "Financial Times" e il "Wall Street Journal". Certo, abbiamo il problema della debolezza della maggioranza al Senato, che conosciamo dall'inizio. Purtroppo un certo clima di autolesionismo mi sembra essere sintomo di un'Italia che non riesce ad avere l'esatta percezione delle potenzialità che ha e che potrebbe cogliere. Non solo sul piano interno, ma anche su quello internazionale dove siamo tornati interlocutori rispettati e autorevoli.
È l'anti-politica montante. Ma segnala lo scollamento tra elettori e ceto politico.
La classe politica è lo specchio della società italiana, nel bene e nel male. Non è altro. Purtroppo l'anti-politica dimostra ancora una volta quanto siano necessarie le riforme istituzionali, di sistema. Solo così si recupera l'equilibrio tra questi due mondi.
È l'idea della Bicamerale. Non prova amarezza?
Più che provare amarezza, rimango convinto che all'Italia servono riforme che riducano la frammentazione del sistema politico con una nuova legge elettorale; rafforzino i poteri dell'Esecutivo nel quadro di una serie di garanzie istituzionali; aumentino l'efficienza della democrazia con la riduzione del numero di parlamentari e il superamento del bicameralismo perfetto. Ben sapendo che l'Italia è un Paese con molte caste, dove tutti vogliono riforme per gli altri e raramente per sè. Esattamente i temi della Bicamerale. Siamo sempre lì. Ora, come dire, tocca a qualcun altro, io ho già dato.