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Liberalizzare, quell'utopia finita su un binario morto

di Giorgio Santilli

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27 DICEMBRE 2007

La Finanziaria appena approvata chiarisce meglio, con i fatti e non con l'enfasi degli annunci, la politica del Governo Prodi in materia di liberalizzazioni. Non è entrata la terza lenzuolata di Bersani, che riprenderà l'iter lentissimo al Senato. Non è entrato il disegno di legge Lanzillotta sui servizi locali, dopo un durissimo scontro fra il ministro per gli Affari regionali e il presidente dell'Anci, Leonardo Domenici, che ha definitivamente detto come il partito dei sindaci sia oggi il più strenuo difensore dello status quo. Anche questo Ddl ripartirà dal Senato, dove è fermo da 18 mesi ed è stato ora retrocesso in commissione. Intanto imperversa l'in house (affidamento dei servizi senza gara ad aziende pubbliche) voluto da una legge del centro-destra nel 2004 e molto utilizzato dagli amministratori del centro-sinistra. Riproposto a sorpresa da un altro disegno appena approvato dal Governo, quello sul trasporto locale. Approvata con la corsia rapida, invece, la moratoria per le gare sulle gestioni idriche, voluta da Rifondazione e Verdi. L'unica liberalizzazione in Finanziaria è quella ferroviaria. Un «colpo di mano», la definisce il ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi, che ha già fatto inserire nel decreto di fine anno la norma per bloccarla.
Nessun Governo europeo - a partire da Francia, Germania e Spagna - considera oggi, nell'era dei fondi sovrani, la liberalizzazione una cura prioritaria per risolvere le difficoltà (anche di crescita) dell'economia. È vero, però, che questi Paesi presentano un livello di produttività, efficienza e qualità nelle public utilities più alto del nostro. E che la diffusione capillare sul territorio italiano del "socialismo municipale" non solo fa pagare tariffe e inefficienze a cittadini e imprese, ma ostacola la formazione di campioni nazionali capaci di competere sui mercati europei.
Prodi, Bersani, Rutelli, Lanzillotta, Padoa-Schioppa, Bonino hanno a più riprese presentato l'attuale come il «Governo delle lenzuolate». Il bilancio è però deludente: i monopoli reali non sono stati intaccati. Sarebbe utile che Prodi, nella conferenza di fine anno, dicesse oggi chiaramente se le liberalizzazioni restano un asse della sua politica. È legittimo abbandonare la linea riformista, purché si dica. Ne sarebbe soddisfatta la Sinistra, che un ruolo tanto importante ha, dalla verifica del 10 gennaio in poi, nella sopravvivenza del Governo.

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