Le modifiche introdotte dalla commissione Lavoro della Camera al Ddl sul Welfare provocano sconcerto tra le parti sociali che hanno sottoscritto il Protocollo con il Governo. Confindustria giudica «molto gravi» queste novità che «mettono in discussione il metodo della concertazione». Preoccupato anche il sindacato. Ma in serata arriva una dichiarazione del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Vannino Chiti, che cambia la scena. «Il provvedimento sul Welfare al 99% è quello concordato con le parti sociali e approvato da cinque milioni di lavoratori in un referendum fatto dai sindacati; soprattutto non sposta di un centesimo di euro la copertura finanziaria. Se lo strumento per non toccare nulla del Ddl - aggiunge Chiti - è la fiducia, allora io proporrei di utilizzarlo, fermo restando che il Consiglio dei ministri farà la sua valutazione». Oggi deciderà il Cdm in vista dell'esame in Aula, fissato da lunedì.
A farsi portevoce del dissenso degli imprenditori è il direttore generale di Confindustria, Maurizio Beretta, che giudica «pessime le modifiche» e soprattutto «difformi da spirito e lettera del Protocollo». Nel mirino i due emendamenti presentati dalla Cosa rossa sui contratti a termine – un'unica proroga di 8 mesi e il tetto dei 36 mesi calcolato independentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l'altro – giudicato «non coerente con il Protocollo del 23 luglio nel quale non c'era alcun tetto». Questo limite, peraltro, per Beretta «va contro gli interessi dei lavoratori». Più in generale per viale dell'Astronomia sono facce della stessa medaglia l'introduzione «in maniera inusitata della class action, che è una grave minaccia per il sistema delle imprese esposte a ricatti», la ridefinzione dei contratti a termine e la cancellazione dello staff leasing: «Le distanze rispetto al Protocollo firmato stanno aumentando – aggiunge Beretta –. Il lavoro faticoso fatto dalle parti deve essere mantenuto se non si vuole minare lo strumento della concertazione».
Il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, sui lavori usuranti auspica «che il tema venga chiuso entro fine anno, entro il termine della Finanziaria e non che ci si affidi a una delega» per «dare certezze ai lavoratori». Epifani boccia l'introduzione delle deroghe al lavoro a chiamata. «Non mi piace quanto fatto - ha aggiunto –, si rischia di rendere più complessa la chiusura del contratto del commercio. Non si capisce perché il job on call debba rimanere solo per questo settore».
Più duro il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni: «Prevedo una tempesta assai preoccupante in Senato. È vero che il Parlamento è sovrano, ma deve esercitare l'interesse generale, non particolare. C'è stata una mortificazione delle parti sociali e della loro autonomia». Sullo staff leasing, secondo Bonanni, i lavoratori hanno subito un danno: «Chi dice che la modifica è stata fatta in nome dei lavoratori mente – ha spiegato – perché si è dato ancora maggiore spazio e legittimazione alle cooperative false e alle imprese fatte appositamente per esternalizzare con salari più bassi e servizi più costosi». Sui contratti a termine, Bonanni sottolinea come «con tutto il rispetto per la sovranità del Parlamento, non può essere irresponsabile. Era stato fatto un accordo, non capisco le modifiche». Mentre il leader della Uil, Luigi Angeletti, valuta positivamente le modifiche al capitolo usuranti, considerando «un errore l'eliminazione dello staff leasing».
