CRONACA
Novant'anni portati alla grande: tra crono e scalate ecco il Giro d'Italia 2007
di Dario Ceccarelli
Buon giorno, parte il 12 maggio dalla Sardegna e arriva il 3 giugno a Milano, ha novant'anni ma li porta alla grande: è il nuovo Giro d'Italia che sta per cominciare e, speriamo, ci faccia divertire. A guardare in percorso, i presupposti ci sono tutti : montagne in abbondanza , tre tappe a cronometro, di cui una in salita, la partenza da Caprera (che è sempre un bel vedere), gli sconfinamenti in Francia e in Austria, alcune cime tempestose che fanno palpitare il cuore degli appassionati: Colle dell'Agnello, Izoard, Passo San Marco, Passo Tre Croci, Tre Cime di Lavaredo e un certo Monte Zoncolan, un'impennata devastante che conclude il carosello delle Dolomiti prima di lasciare la parola all'ultima cronometro, la Bardolino-Verona di 42 chilometri.
Come sempre in vino veritas: e da quei colli, cari a Bacco, avremo la nuova maglia rosa . I ricordi sono beneauguranti: proprio a Verona, nel 1984, Francesco Moser, con una galoppata vertiginosa verso l'Arena, sfilò la maglia a Laurent Fignon. Un epilogo memorabile che ancora adesso il francese si sogna di notte. Come in quel cartone animato, Fignon sembrava Willy il coyote superato da Beep Beep, il suo storico nemico.
Tornando al presente, qualche eterno insoddisfatto potrà obiettare l'assenza di montagne-simbolo come lo Stelvio e il Mortirolo che hanno segnato la recente storia della corsa. Ma non è il caso di preoccuparsi. Già nella prima tappa, quella di apertura del 12 maggio a Caprera, il gruppo si spariglia subito con una cronosquadre di 24 chilometri. Vero che vengono favoriti i campioni che dispongono di una formazione ben attrezzata, però la prova è altamente emozionante. E fa saltare quei noiosi tatticismi che, spesso, bloccano il giro nella prima settimana.
Lasciata la Sardegna, alla quarta tappa, c'è già un primo snodo importante con l' arrivo in salita a Montevergine di Mercogliano, in Campania Non è il Kappa 2, ma si arriva a 1260 metri dopo 17 chilometri con naso all'insù. Chi non è in forma, lo vedi subito. Ed ecco i primi distacchi. Poi si risale l'Italia più bella, quella dei boschi e dei piccoli borghi del Lazio, dell'Umbria e della Toscana. Partendo da Teano, dove Garibaldi si incontrò con il Re vittorio Emanuele II mandando giù il famoso rospo (obbedisco) che portò alla nascita dello stato italiano, si avanza fino al secondo arrivo in salita. Siamo alla decima tappa e, dopo una galoppata di 230 chilometri, ecco il traguardo di Nostra Signora della Guardia. Un'ascesa al cielo, per qualcuno benedetta, che darà una nuova scrollata alla classifica.
E adesso il gioco si fa duro. Nella 12° tappa si va sulle nuvole passando per il Colle dell'Agnello (2774 metri, quota più alta del percorso) e il Col d'Izoard, un altro mito del ciclismo con quei suoi paesaggi lunari, per poi scendere in Francia a Briançon. Ma ecco un' altra insidia: la cronoscalata di Oropa, 13 km in solitaria contro il tempo. Le lancette che corrono, la strada che sale, le gambe che fanno male. Qui si rivede il fantasma di Marco Pantani. Nel 1999 gli cade la catena e i suoi avversari ne approfittano per fuggire. Li rimonta tutti e arriva da solo al traguardo. Uno degli ultimi trionfi.
Lasciamo Pantani andiamo a Trento, 15° tappa, da dove si parte per arrivare alle Tre cime di Lavaredo dopo aver scollinato il Passo San Pellegrino e il Tre Croci. Qui voliamo nella leggenda dei giganti della montagna, con Gimondi ('67) e Merckx che fanno un sessantotto ciclistico mentre giù a valle, dalle città, arriva l'eco della contestazione. Giuseppe Garibaldi, cui è dedicato il Giro 2007 per il bicentenario della nascita, sorride: barba e capelli lunghi, lui, li portava già nell'800. Mario Capanna? Un dilettante.
Ma non divaghiamo. Ultima settimana, botte da orbi. Di ritorno da Lienz, in Austria, si va al monte Zoncolan passando per San Candido e Sappada. Che meraviglia: sono le montagne di Dino Buzzati. Pareti di ghiaccio, cattedrali di roccia. Ma chi corre se ne infischia dei poeti e degli scrittori. Occhi a palla e gola di cartone, fissano solo il cartello rosa dei chilometri che mancano al traguardo. Lo Zoncolan, basta il nome, è una brutta bestia. La pendenza è micidiale e quest'anno, a differenza di quanto vinse Gilberto Simoni (2003), si risale all'incontrario. Probabilmente sarà il giorno decisivo.
Ormai è fatta. Prima dell' arrivo a Milano, c'è solo il gran finale a cronometro tra le colline di Bardolino. Un vino da palati delicati che, bevuto con moderazione, fa anche bene. Chi è arrivato qua, con la maglia rosa, può già brindare alla vittoria. Ma intanto, in bocca al lupo e buon divertimento.