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3 febbraio 2007

AUTO / Demolizione a ostacoli

di Maurizio Caprino e Serena Uccello

Da ieri per un consumatore demolire un'automobile potrebbe essere più difficile rispetto a prima. Può sembrare un paradosso, ma è "colpa" degli incentivi e del decreto legge sulle liberalizzazioni (il Dl 7/2007). Infatti, la norma ha esteso alle autovetture (se classificate come Euro zero o Euro 1 ai fini dell'inquinamento) la possibilità di rottamazione incentivata se non si acquista un esemplare nuovo: al proprietario spetta così un contributo sui costi di demolizione documentati, con un massimo di 80 euro. Ma il contributo dovrebbe essere anticipato dai demolitori, che — interpellati dal «Sole24 Ore» — mostrano di non gradire la novità.
«Mi chiedo — dice Roberto delle Autodemolizioni Ciesse di Milano — quanto mi converrà ancora accettare le auto: tra gli 80 euro che devo anticipare al cliente, i 51 che devo versare al Pubblico registro automobilistico (Pra) per restituzione delle targhe e radiazione e i 20-30 euro di spese per la messa in sicurezza e la bonifica, alla fine per ogni automobile dovrò anticipare 160 euro circa. Un costo insostenibile, tanto che se non sono obbligato credo che qualche auto la rifiuterò ». Analoga l'opinione di Franco della Autodemolizione Adige, che ribadisce: «Se non sarò costretto, dirò ai clienti di rivolgersi a qualcun altro. La gente — spiega — finirà per lasciare le vecchie auto per strada». Alla Nuova Demolizione, sempre di Milano, aggiungono: «Se la normativa è e resta questa, nessuno più ritirerà le auto». Come mai questa ostilità? È molto probabile che tutto sia dovuto alle modalità di rimborso al demolitore del contributo da lui anticipato. Il comma 224 dell'articolo unico della Finanziaria 2007 (legge 296/2006) stabilisce che il recupero avvenga con il meccanismo del credito d'imposta da utilizzare in compensazione (cioè i contributi anticipati ai clienti vengono detratti da tasse e contributi da pagare). Il problema è che di solito le aziende di autodemolizione hanno struttura minima e giro d'affari limitato, per cui gli oneri fiscali e parafiscali a loro carico non sembrano tanto elevati da compensare il credito che si accumulerebbe ritirando molte auto oggetto dell'incentivo.
Si creerebbe così un problema di liquidità, che in imprese piccole come queste è indubbiamente rilevante. In qualche caso, poi, si potrebbe porre il problema dell'abusivismo, che nel settore non è stato del tutto debellato nemmeno con l'entrata a regime del decreto Ronchi di 10 anni fa: un operatore abusivo è di solito sconosciuto al Fisco e quindi non può applicare il credito d'imposta.
Ignorano le novità del Dl 7/2007 anche i venditori di veicoli in genere. In teoria, la norma li coinvolge anche nel caso della rottamazione senza acquisto di un esemplare nuovo, stabilendo che chi ha demolito la vecchia vettura fruendo del bonus dovrà poi restituirlo nel caso ne acquisti un altro — nuovo o usato — entro tre anni. Forse per eccesso di zelo o forse per errore (si veda «Il Sole24 Ore» di ieri), la norma sembra comprendere nel vincolo anche veicoli che non vanno iscritti al Pra, registro che di solito viene utilizzato dall'agenzia delle Entrate per le verifiche sugli incentivi. Quindi — sempre in teoria — chi acquista motorini, quadricicli leggeri (le microcar da città) o addirittura bici e simili dovrebbe essere segnalato dal venditore all'Agenzia, che poi dovrebbe accertare se l'acquirente aveva fruito del bonus rottamazione: questo appare l'unico sistema possibile per effettuare controlli,anche se è di una complessità sproporzionata rispetto all'importo eventualmente da recuperare (80 euro al massimo). Nessuno ha avvisato i commercianti di tutto questo. E probabilmente, almeno in questo caso, è una fortuna: data l'irragionevolezza della norma così com'è scritta, si può prevedere che sarà corretta in sede di conversione in legge del Dl 7/2007.



 

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