Il nuovo contratto a termine è finalmente legge ed è atteso alla prova dei fatti. Si tratta di un'opportunità effettiva oppure dietro a questa novità legislativa si nasconde qualche insidia per l'imprenditore? É questo un dubbio che deve essere chiarito per non vanificare le potenzialità occupazionali di uno strumento pensato per incoraggiare la creazione di nuovi posti di lavoro. Se l'interpretazione del mondo del diritto, con particolare riferimento ai giudici, sarà rispettosa della volontà del legislatore, i risultati non si faranno attendere.

Il nuovo meccanismo normativo che consente al datore di lavoro di stipulare contratti a tempo determinato è in fondo molto semplice.
L'imprenditore dovrà soltanto precisare in forma scritta al momento dell'assunzione quali siano le regioni tecniche, organizzative, produttive o sostitutive che lo inducono a ricorrere a questo strumento piuttosto che a quello di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Si tratta semplicemente di esplicitare quella che rimane un'opzione del tutto insindacabile dell'imprenditore: le legge non gli chiede di giustificarsi, quasi nel senso di discolparsi per una scelta socialmente riprovevole, ma soltanto di chiarire perché preferisce non ricorrere ad un'assunzione in pianta stabile.

La formula adottata dal legislatore è quasi la stessa che compare nell'articolo 2103 del Codice civile in tema di trasferimento del prestatore di lavoro da un'unità produttiva a un'altra. Anche in quel caso la norma di legge e la giurisprudenza che si è formata nel corso del tempo richiedono al datore di motivare la sua decisione. Tuttavia il controllo giudiziale resta circoscritto - così insegna la Corte di cassazione - all' accertamento del nesso di causalità tra il provvedimento di trasferimento e le ragioni poste a fondamento della scelta imprenditoriale. La decisione dell'imprenditore - chiarisce ancora la Suprema Corte - non può essere sindacata nel merito dal giudice al fine di valutarne l'idoneità o l'inevitabilità. Il magistrato non può - conclude la Cassazione - mettere in discussione l'opportunità del provvedimento e la scelta fra più soluzioni organizzative egualmente ragionevoli.

Se quelli appena riferiti sono gli orientamenti assunti in tema di trasferimento del lavoratore, non c'è ragione per dubitare che la giurisprudenza si assesterà allo stesso modo nell'interpretazione del nuovo contratto a termine. Il datore di lavoro deve essere consapevole che l'assunzione a termine non è posta dall'ordinamento giuridico sullo stesso piano di quella a tempo indeterminato e quindi deve essere giustificata. La direttiva comunitaria è molto chiara a riguardo: non sarebbe stato possibile parificare interamente i due strumenti contrattuali. Il tenore di un "considerando" della direttiva è del tutto perentorio: sono i contratti a tempo indeterminato a rappresentare <la forma comune dei rapporti di lavoro>.

L' unico pericolo, per così dire, è che gli operatori del diritto (compresi gli avvocati) interpretino la nuova normativa ancora con la mentalità della vecchia disciplina che ammetteva i contratti a termine solo nell'ambito di causali specifiche. Tuttavia, anche in base al precedente sistema il numero delle causali (previste per legge e per contratto collettivo) già assicurava un'ampia utilizzazione di questo strumento, pur costringendo a contorsioni interpretative e a furbizie ben note agli addetti ai lavori. Il nuovo regime è più semplice, trasparente, moderno e non c'è alcuna ragione che sconsigli la sua utilizzazione.

Ora c'è minaccia azioni giudiziarie, addirittura a livello comunitario, eccependo che la legge italiana di recepimento della direttiva europea avrebbe violato la <clausola di non regresso>, cioè l' obbligo di non modificare peggiorativamente la normativa interna con la scusa del procedimento traspositivo. Ma anche queste intimidazioni non devono preoccupare gli imprenditori e i lavoratori italiani. La nuova disciplina contiene una tecnica regolatoria diversa da quella precedente, senza tuttavia spingersi a introdurre una completa liberalizzazione, vietata peraltro dalla direttiva. L'obbligo di motivazione comporta che imprenditore dovrà essere eventualmente in grado di dar conto della propria scelta.

Per il resto i lavoratori assunti a termine in Italia sono, come negli altri Paesi europei, tutelati in modo efficace, diversamente da quanto accade ad esempio ai loro colleghi negli Stati Uniti e in Giappone. É inutile dunque drammatizzare ed esasperare il confronto: la modernizzazione del mercato del lavoro, così come espressa nel recente "Libro Bianco", ci è richiesta dall' Europa. Demonizzare questi processi evolutivi, senza contribuirvi in una logica costruttiva, significa opporsi alla stessa strategia per l'occupazione concordata in sede comunitaria di cui il nuovo contratto a termine è parte essenziale.