Del Libro bianco del Governo sul mercato del lavoro si è già scritto molto, prima ancora della sua presentazione, prevista per oggi. Del resto lo stesso genere letterario del libro bianco è una novità in Italia. Nel Regno Unito e in altri Paesi di tradizione anglosassone, ma anche più in generale nel Nord Europa, si tratta invece di una metodologia assai consolidata. La stessa Unione europea da sempre ricorre a questo sistema tutte le volte in cui, sia per la complessità della materia trattata, sia per la rilevanza stessa del tema oggetto di possibili interventi, si rende consigliabile non procedere immediatamente alla redazione di nuove proposte legislative. Il corposo documento che il Governo presenta innanzitutto alle parti sociali è dunque finalizzato ad alimentare un confronto dal quale poi scaturiranno le opzioni politiche definitive che verranno approfondite nella sede naturale, cioè nel Parlamento.

Dopo i grandi accordi del 1984, del 1992 e del 1993 il confronto tra istituzioni e parti sociali ha perso infatti gran parte della propria efficacia, riuscendo solo occasionalmente (nel 1996) a produrre una vera spinta riformatrice per modernizzare il mercato del lavoro. Il dialogo sociale deve assumere una valenza assai più produttiva, così da poterne verificare periodicamente i risultati. Il vero valore aggiunto di questo esercizio consiste nella capacità di conseguire obiettivi concreti. Altrimenti si risolve in una inutile ritualità priva di sostanza.

Il Libro bianco intende valorizzare due punti-chiave che ne costituiscono le colonne portanti. Innanzi tutto quello di costruire una società attiva, contesto indispensabile per una politica di autentico sviluppo delle risorse umane. L'Italia è oggi il Paese europeo con il più basso tasso di occupazione generale e femminile in particolare, con il più marcato divario territoriale, con il più alto livello di disoccupazione di lungo periodo. Parallelamente occorre operare per migliorare la qualità del lavoro, creando le condizioni per un più efficiente incontro tra domanda e offerta (anche con il concorso di operatori privati finalmente liberati da assurdi vincoli burocratici) e soprattutto al fine di incrementare l'utilizzo di tipologie contrattuali appropriate per contrastare il mercato del lavoro irregolare e non dichiarato.

Qualche esempio può essere utile per comprendere meglio in che modo il Libro bianco intende interpretare una impostazione autenticamente riformista per modernizzare il mercato del lavoro. Innanzitutto occorre valorizzare ulteriormente il lavoro interinale, uno strumento che può contribuire anche ad agevolare l'integrazione occupazionale di categorie a rischio di esclusione sociale. Bisogna poi distinguere le vere collaborazioni coordinate e continuative da quelle false e questo sarà il compito del nuovo "lavoro a progetto". Lo stesso part-time dovrà diventare effettivamente elastico, non soltanto quanto alla collocazione temporale della prestazione ma anche in relazione alla sua durata. E infine sarà inevitabile riconsiderare la disciplina del lavoro a tempo indeterminato, coniugando sicurezza e flessibilità per realizzare la adattabilità, basata su una politica della formazione non più autoreferenziale.

Le novità non finiscono qui. Le proposte del Libro bianco riguardano anche le stese tecniche regolatorie, auspicando la transizione dal management by regulation al management by objectives. Occorre semplificare il diritto del lavoro, ricorrere alla legge solo per tutelare i diritti fondamentali della persona, lasciando più spazio all'autonomia dei soggetti collettivi ma anche a quella delle fonti individuali del rapporto di lavoro. Per fare tutto questo occorre ripensare profondamente l'intero quadro giuridico, riscrivendo un nuovo "Statuto dei lavori" che riguardi tutti i tipi di lavoratori, quelli già garantiti e quelli ai margini del mercato del lavoro. Bisogna capovolgere la prospettiva finora seguita e rimodulare corrispondentemene le tutele transitando da campi di applicazione imperniati sulle materie trattate a un sistema riferito alle diverse tipologie contrattuali. Un nuovo approccio che dovrebbe culminare in un Testo unico sul lavoro, sempre invocato dagli operatori e mai neppure progettato.

Il Libro bianco è dunque uno strumento utile per delineare un programma di legislatura, offrendo spunti anche in materia di assoluta sovranità delle parti sociali, qual è ad esempio la riorganizzazione del sistema contrattuale. Speriamo che si apra un dibattito fecondo di risultati: la modernizzazione del nostro mercato del lavoro non può più attendere.