La situazione occupazionale italiana continua ad allarmare la Commissione Europea che non cessa di muoverci critiche molto severe. Il tasso di occupazione nel 2000 è del 53,5%, circa dieci punti percentuali in meno della media comunitaria, lontani anni luce dagli obiettivi fissati al Consiglio europeo di Lisbona. Il livello di disoccupazione è per la verità sceso al 10,5% ma siamo pur sempre due punti al di sopra della media degli altri Stati membri. Andiamo male anche per il tasso di occupazione della popolazione anziana (oltre i 55 anni) fermo al 27,8% e addirittura siamo gli ultimi in tutta Europa quanto al livello di occupazione femminile: solo il 39,6%. Anche quest'anno usciamo insomma con le ossa rotte dal Rapporto presentato dalla Commissione al Consiglio in vista delle valutazioni di fine anno.

Le accuse, al di là dei numeri, sono sempre le stesse, fin da quando nel 1998 cominciò il processo di coordinamento delle politiche occupazionali nell'Unione Europea. Innanzitutto usiamo poco i contratti di lavoro flessibili: un modesto 16,1%, contro il 54,3% dei Paesi Bassi, il 35,5% della Svezia, oltre il 32% di Francia e Spagna. La flessibilità è meno diffusa solo in Grecia: 12,3%. La Commissione ancora una volta ci rivolge l'invito perentorio a modernizzare la nostra organizzazione del lavoro.

Sul piano dell'occupabilità, Bruxelles sostiene che non abbiamo fatto in pratica nulla di concreto nell'ultimo anno. La riforma, promessa per anni, degli ammortizzatori sociali è stata rinviata ancora una volta. I servizi pubblici all'impiego non hanno intrapreso alcuna azione per impedire il dilagare della disoccupazione di lungo periodo. Quanto poi alla formazione permanente, secondo la Commissione non si è concretizzato alcunchè. Infine in materia di pari opportunità per ridurre il gender gap occorrerebbe un intervento "trasversale", che coinvolgesse tutti i profili delle politiche occupazionali. Ed invece, anche a questo proposito, nessuna novità.

Nel pur voluminoso documento comunitario non si riesce a rinvenire una riga, anche un semplice accenno all'Italia per indicare qualche segnale positivo, un pur timido passo avanti. Questi esercizi di benchmarking rischiano di mettere un Paese alla berlina. É inutile fare del vittimismo ed accusare gli analisti della Commissione di atteggiamento pregiudizialmente negativo nei nostri confronti. La verità è che hanno ragione perché nonostante le critiche ci piovano addosso da anni, nessuno in Italia sembra prendere troppo sul serio queste denunce. Sono almeno 5 anni che ci viene consigliato di rilanciare il part-time per promuovere in particolare l'occupazione femminile e per tutta risposta siamo stati capaci di varare provvedimenti del tutto inutili. A fronte di 200 miliardi stanziati nel 2000, ne sono stati utilizzati appena 5, pari al 2,6% per un totale di poco più di 3.300 contratti stipulati. Dunque, dei consigli di Bruxelles non stiamo tenendo alcun conto.

Per il futuro le cose rischiano addirittura di peggiorare. Come faremo a raggiungere entro il gennaio 2005 un tasso di occupazione femminile del 57%? Sarà possibile far sì che entro il 2010 i lavoratori anziani occupati tocchino il 50%? Qualcuno sta provvedendo affinché entro la fine del prossimo anno tutti gli studenti delle nostre scuole non siano più analfabeti dell'informatica? Le parti sociali si sono accorte che per i 2003 dovranno accordarsi affinché tutti i lavoratori ricevano una educazione informatica? Si tratta soltanto di alcuni esempi di nuovi "orientamenti" per l'occupazione proposti dalla Commissione per il 2002. Per iniziativa dei Paesi scandinavi si dovrà parlare anche di "qualità del lavoro", un tema che potrebbe metterci ancor più in imbarazzo.

La Commissione ha in sostanza già dettato l'agenda su cui Governo e parti sociali dovranno confrontarsi all'indomani della presentazione del preannunciato Libro Bianco. Sarebbe ora che si cercasse di dare risposte convincenti alla Commissione: ad esempio concordano una modernizzazione del mercato del lavoro almeno paragonabile a quella attuata negli altri Paesi. Disputarci con la Grecia il ruolo dell'ultimo della classe non è davvero dignitoso.