In Francia la modernizzazione del modello sociale equivale a impossibilità di licenziare, almeno per riduzione di personale. Mentre in Europa si discute come conciliare competitività delle imprese e giustizia sociale, l'Assemblea nazionale francese ha approvato un provvedimento di legge che sicuramente scoraggerà gli investitori stranieri.

Nelle imprese transalpine i processi di ristrutturazione e riorganizzazione aziendale diventeranno diabolici. Il governo Jospin ha infatti dovuto accogliere emendamenti degli scomodi alleati comunisti, accettando di sostenere regole a dir poco anacronistiche.

Il principio di base della nuova legge è quello per cui prima di ridurre il personale occorre diminuire l'orario di lavoro a 35 ore settimanali, ovvero ad una durata equivalente dell'orario annuale. Si tratta di vere e proprie forche caudine per l'imprenditore francese: o accetta di concordare con i sindacati una simile soluzione, oppure pagherà pegno. Qualora non intenda procedere in tal senso, dovrà accettare di negoziare la riduzione di personale. Si tratta non solo del dovere di informazione e consultazione, come avviene nella maggior parte degli altri paesi dell'Europa comunitaria, in ossequio alla direttiva vigente. Molto di più: si configura l'obbligo di raggiungere un'intesa con i rappresentanti dei lavoratori. In difetto di accordo, il comitato d'impresa (l'equivalente, mutatis mutandis, della nostra Rsu) è titolare di un "diritto di opposizione" al piano di ristrutturazione proposto dall'impresa. Deve essere concordato tra le parti un mediatore di comune gradimento e nel frattempo il piano di riduzione del personale resta sospeso. Non è dato capire con chiarezza se e quando l'imprenditore possa procedere con il proprio piano: certo è che i tempi si dilateranno a tal punto da rendere l'intera operazione pressoché impossibile.

La Francia torna dunque all'antico. Solo qualche anno fa era stata finalmente abolita la norma che imponeva l'autorizzazione amministrativa dell'ispettorato del lavoro in caso di licenziamenti collettivi. Ora gli equilibri politici assai instabili su cui si regge il governo Jospin hanno prodotto questa normativa che può essere paragonata ai sistemi vincolistici che ancora sopravvivono in qualche paese dell'Est Europeo, come Romania e Bulgaria.

Anche in Italia sappiamo cosa voglia dire per l'estrema sinistra tenere in scacco una coalizione progressista. Il tema delle 35 ore ha costituito a lungo una spina nel fianco del Governo Prodi, indebolendone l'azione. Forse Jospin ha preferito cedere alle proposte demagogiche piuttosto che soccombere in Parlamento. Così facendo lancia tuttavia un segnale all'Europa che suona come una resa. Ma se questa è modernizzazione sociale (come si intitola la legge discussa dalla Assemblea nazionale francese) il futuro dell'Europa (almeno di quella a guida centro-sinistra) è davvero a rischio.