GIl dialogo sociale funziona, almeno quando Governo e parti sociali collaborano lontano dai clamori della politica. Qualche giorno fa al ministero del Lavoro è stata concordata un'intesa fra tutte le parti sociali (nessuna esclusa) e il Governo per completare la trasposizione della direttiva del 1994 sui Comitati aziendali europei. Non si tratta certo di un evento di secondaria importanza, visto che questa direttiva interviene in un argomento nevralgico per le relazioni industriali qual è la partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori. I Comitati aziendali europei sono una forma di rappresentanza dei lavoratori che viene istituita nelle imprese multinazionali situate nell'Unione europea.

È la prima volta che in sede comunitaria si affronta questo delicato aspetto, promuovendo i diritti di informazione e consultazione. Già nel 1996 le parti sociali hanno espresso un avviso comune per facilitare la trasposizione. Purtroppo nessuno dei Governi che si sono succeduti nel corso della passata legislatura ha utilizzato questa intesa. Ora ci si è seduti nuovamente attorno a un tavolo e sono state concordate le soluzioni tecniche affinchè il Governo possa emanare un decreto in attuazione dell'ultima legge comunitaria che impone la trasposizione entro il 4 febbraio. Anche l'imminente scadenza di questo termine ha spinto tutti gli attori a compiere uno sforzo di buona volontà ed a trovare un'intesa.
L'intesa non è stata formalizzata in un documento firmato dalle parti che hanno comunque concorso da vicino alla stesura del testo che il Consiglio dei ministri deve trasformare in un decreto legislativo. In questo modo, con interessanti soluzioni in materia sanzionatoria, si è avviato un percorso di intervento sulla partecipazione che dovrà proseguire con la trasposizione di altre due direttive, in materia di Società Europea e di diritti di informazione e consultazione nelle imprese nazionali. Si annuncia davvero una stagione ricca di stimoli provenienti dell'ordinamento comunitario per quanto riguarda la democrazia economica e la partecipazione dei lavoratori.

Pensare a tutto questo nell'attuale contesto di scontro tra sindacati e Governo appare un po' paradossale. L'intesa per completare la trasposizione della direttiva sui Comitati aziendali europei non era stata trovata per molti anni, anche in contesti di rapporti ben più amichevoli fra Governo e sindacati. Nessuno avrebbe previsto che il dialogo sociale, proprio come lo prevede il trattato della Ue, avrebbe dato i suoi frutti in questa stagione di polemiche e di scioperi. Eppure il miracolo è avvenuto e l'Italia, ultima fra tutti gli Stati membri, sta per integrare nel proprio ordinamento la direttiva più importante per le relazioni industriali emanata nello scorso decennio.

Questo episodio dimostra che impostare diversamente il rapporto fra Governo e parti sociali può sortire effetti positivi. Se abbandonare la concertazione significa trovare accordi con chi è interessato, senza riconoscere a nessuno diritti di veto, può darsi che questo metodo funzioni. Tutti sono infatti indotti a ricercare il consenso, ben sapendo che potranno essere tagliati fuori dall'accordo. Nessuno ha dopo tutto interesse a radicalizzare le proprie proposte, rischiando l'autoemarginazione. Si tratta di pratiche ben note, sperimentate anche in materia arbitrale. Nel Regno Unito il pendulum arbitration (l'arbitro può scegliere solo una delle tesi dei contendenti, senza alcun compromesso) fu proposto al fine di calmierare le pretese e ridurre il contenzioso.
La vicenda dei Cae dimostra che lavorare lontano dai clamori della politica rende l'esercizio del dialogo sociale proficuo e fruttuoso. Se si guarda al merito e non alle ideologie i problemi vengono risolti.
Speriamo che torni a prevalere l'attenzione per i contenuti e che ci si confronti sulle modalità per conseguire un'effettiva modernizzazione del mercato del lavoro. Tornare a trattare non è impossibile: basta volerlo, essendo disposti a far proposte senza limitarsi alla protesta.