Mercati e mercanti
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Alessandro Merli è inviato speciale del Sole-24 Ore. Scrive di economia e finanza internazionale ed è titolare della rubrica settimanale Mercati e Mercanti, che esce ogni mercoledì. In precedenza è stato caporedattore responsabile della sezione Finanza e Mercati e corrispondente e inviato da Londra.

Nel 2002 ha vinto la prima edizione italiana del Citigroup Journalistic Excellence Award ed è stato insignito dal Governo brasiliano dell'Ordine della Croce del Sud, la più alta onorificenza assegnata agli stranieri, per i suoi reportage sul Brasile.

E' laureato in giurisprudenza all'Università di Modena e ha ottenuto un Master in Economics alla University of Illinois. E' stato visiting scholar al Massachusetts Institute of Technology (MIT).
alessandro.merli@ilsole24ore.com
Il mondo non vive di sole riserve
19 maggio 2010
L'improvvisa riattivazione, due settimane fa, delle linee di swap in dollari da parte della Federal Reserve con la Banca centrale europea e alcune altre ha rappresentato un brusco campanello d'allarme. Ha mostrato che lo squilibrio fra domanda e offerta di dollari nella raccolta delle banche, emerso in modo acutissimo nella crisi globale, prima nel 2007 e poi, più brutalmente, nel 2008, continua ad affliggere i mercati internazionali e si riaffaccia a ogni segnale grave d'instabilità, com'è stata la crisi, prima greca, e poi europea, delle ultime settimane.In tempo di crisi, la liquidità internazionale si inaridisce in un attimo: nel 2007-08 la risposta sono stati gli swap della Fed, più la creazione di una linea di credito preventiva da parte dell'Fmi (Flexible credit line), più l'implementazione degli accordi di Chiang Mai fra i paesi asiatici. Questi interventi, in congiunzione fra loro, hanno funzionato.Ora, è chiaro che i paesi vogliono assicurarsi una protezione contro eventuali nuove crisi di liquidità internazionale. La risposta di più lungo termine è nel lavoro già in corso sulle regole di capitale per le banche e la loro vigilanza per rafforzare il sistema bancario. Qualche paese ha poi riattivato i controlli sui capitali, anche se questi sono noti per essere solo una misura transitoria. Resta, come ha sostenuto nei giorni scorsi Stephen Cecchetti, capo economista della Banca dei regolamenti internazionali, il problema dell'accesso a fondi in valuta nelle fasi di crisi.Dopo la crisi asiatica degli anni 90, molti hanno risposto con l'autoassicurazione: l'accumulo di enormi riserve valutarie, che infatti è avvenuto soprattutto in Asia. Queste sono quadruplicate a livello mondiale, a 8.100 miliardi di dollari, nel decennio fra il 1999 e il 2009. I cinque paesi indicati nel grafico sono responsabili dei due terzi di questo boom: quello della Cina è il caso più eclatante che, qualcuno sostiene, è anche un effetto collaterale della politica del cambio sottovalutato.Tale accumulo di riserve ha una serie di controindicazioni: dai costi fiscali per i paesi stessi, alla distorsione dei flussi di capitali internazionali e quindi al loro ruolo nella formazione di bolle.Si tratta allora, dice Cecchetti, di dissuadere i paesi dal continuare ad accumulare riserve. Attenzione: non a sostituirle, un'ipotesi chiaramente irrealistica, ma a fornire un complemento con la cooperazione bilaterale e multilaterale. Tutto sommato, una soluzione non dissimile a quella individuata la settimana scorsa in Europa, dove ai fondi dei paesi dell'area euro e dell'Fmi si sono accompagnati gli accordi di swap.In attesa della prossima crisi, sarà meglio che invece di farsi schiacciare dall'emergenza delle pressioni contrapposte dei mercati e della politica locale, si creino dei meccanismi, bilaterali e multilaterali, che siano pronti all'uso quando se ne presenti la necessità.
alessandro.merli@ilsole24ore.com