6 maggio 2005 |
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Cirio, Parmalat & C.: la fabbrica dei crack |
Nella galleria dei bancarottieri del terzo millennio il primo posto spetta di diritto a Sergio Cragnotti. É lui a inaugurare la stagione dei crack all'amatriciana. L'insolvenza del gruppo produttore di pelati e succhi di ananas scatta nell'autunno di tre anni fa. Cragnotti ha cercato di procurarsi i 150 milioni di euro necessari a rimborsare un prestito in scadenza il 4 novembre del 2002. Ma le banche lo hanno scaricato da tempo dopo aver convertito in bond circa il 50% dei loro crediti verso Cirio. Per Serginho, cosiddetto per i trascorsi in Brasile alle dipendenze dei Ferruzzi, è la fine. Da quel momento comincia per lui una lunga vicenda giudiziaria che culmina in un arresto a scoppio ritardato, a oltre un anno di distanza dai fatti. La vicenda getta nella disperazione circa 35mila piccoli obbligazionisti spinti dagli istituti di credito a sottoscrivere i Cragnotti-bond come fossero titoli di Stato.
I risparmiatori non hanno fatto in tempo a riaversi dalla botta della Cirio che nel dicembre del 2003 è già scoppiato il caso Parmalat. Le avvisaglie del crack si sono manifestate in febbraio, quando la società è stata costretta a ritirare un'emissione obbligazionaria sgradita agli investitori. Le quotazioni di Borsa della Parmalat, in quella circostanza, sono crollate paurosamente. Poi sul mercato è ritornata la calma. Finché in autunno non è emersa la storia del fondo Epicurum. Altro che fondo: Epicurum è un'invenzione contabile e il gruppo di Collecchio è una fabbrica di falsi. I 4 miliardi di liquidità indicati in bilancio non sono mai esistiti. In compenso i debiti sono un'enormità: 14,5 miliardi. Il 27 dicembre il Tribunale fallimentare ne dichiara il default. Nei giorni successivi finiscono in manette Calisto Tanzi e gli altri autori della bancarotta.
Dalle indagini giudiziarie emergono storie incredibili. La società era in stato di dissesto già nel 1990, al momento della quotazione in Borsa, ed è stata tenuta in vita per anni dalle banche pubbliche grazie alle coperture accordate a Tanzi da vasti settori della politica, a cominciare dalla sinistra Dc. Uomo di collegamento tra Tanzi e i partiti è stato Sergio Piccini, un ex sindacalista della Cisl scomparso nell'aprile 2000 per un incidente d'auto, che ha intavolato buone relazioni anche con gli alti gradi della Guardia di Finanza.
Poi, nella seconda metà degli anni 90, sono entrate in azione le grandi banche d'affari, che hanno spinto Parmalat verso le acquisizioni internazionali e hanno cominciato a montare le operazioni di finanza strutturata: finanziamenti a tassi elevati mascherati da aumenti di capitale, in modo da occultare al mercato le reali condizioni finanziarie del gruppo. Operazioni che, tra interessi e commissioni, hanno fruttato miliardi di euro alle merchant bank.
Il gruppo ha collocato bond per svariati miliardi, sottoscritti anche in questo caso da ignari risparmiatori. La mazzata è ancora più pesante di quella della Cirio. Anche perché l'ondata dei dissesti è tutt'altro che passata. Una alla volta finiscono in crisi Giacomelli, Tecnosistemi, Gandalf, Finmatica. Italtractor barcolla violentemente per un bond da oltre 100 milioni che non riesce a rimborsare, per poi salvarsi in extremis. A salvare la Necchi da sicuro fallimento interviene la Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani. Le insolvenze colpiscono Olcese, Volare, Cedi Puglia, Finpart. Il finanziere e principale azionista di quest'ultima, Gianluigi Facchini, è indagato dalla Procura di Milano per insider trading, aggiotaggio e falso in bilancio. La Procura di Verbania apre un'altra inchiesta sui rapporti tra la Finpart, i suoi azionisti e la Banca Popolare di Intra, un piccolo istituto di confine che ha finanziato le società di Facchini e dell'immobiliarista Gianni Mazzola per oscure operazioni.
Occorerà ancora tempo perché le indagini ancora aperte vadano in porto. Tuttavia qualcosa comincia a muoversi. Lunedì i magistrati di Parma firmeranno la conclusione dell'inchiesta sul crack di Collecchio e depositeranno la massa degli atti. Salvo colpi di mano, o di spugna, per alleviare le pene dei bancarottieri, per fine anno potrebbe cominciare il processo a Tanzi e alle banche invischiate nel dissesto.
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