Continua la corsa dei prezzi dei cereali che in dodici mesi hanno messo a segno aumenti superiori al 50%, sia per il grano tenero che per il frumento duro. Una crescita che si è concentrata soprattutto nelle ultime settimane, con il frumento tenero panificabile che ha registrato incrementi del 25% nel giro di un mese, mentre il prezzo del grano duro di qualità ha raggiunto nelle ultime sedute i 260 euro la tonnellata, 20 in più della quotazione precedente.
Una situazione aggravata dal progressivo esaurimento delle scorte nazionali, soprattutto di grano duro, che sta provocando problemi di approvvigionamento per molini e pastifici. Come se non bastasse, lo scenario è ulteriormente appesantito dalla situazione internazionale (le scorte cerealicole mondiali sono al livello più basso degli ultimi vent'anni). La Siria ha annullato una fornitura di 550mila tonnellate di frumento tenero e di oltre 300mila tonnellate di grano duro destinato all'Italia. Il Canada, principale fornitore del mercato nazionale, ha razionato le vendite in attesa di conoscere l'andamento dei nuovi raccolti ad agosto (le previsioni non sono buone) e anche l'Ucraina ha sospeso le forniture di tenero fino a quando non conoscerà i dati produttivi di quest'anno. La produzione italiana di grano duro, già strutturalmente deficitaria (l'import copre ormai stabilmente il 50% del fabbisogno) sul piano quantitativo, quest'anno è stata fortemente danneggiata dalle condizioni climatiche particolarmente sfavorevoli a ridosso del raccolto.
Dopo gli allarmi lanciati nelle ultime settimane (si veda «Il Sole-24Ore» del 30 giugno) ieri una delegazione guidata dal presidente di Italmopa – l'associazione industriali mugnai e pastai d'Italia –, Ivano Vacondio, è stata ricevuta a Bruxelles dal commissario Ue all'Agricoltura, Mariann Fischer Boel. «Abbiamo fatto presente la situazione alla Commissione – ha detto Vacondio –. L'Italia è il primo importatore mondiale di grano duro e quindi il Paese più colpito da questa situazione. Serve una politica più flessibile sui contingenti per il frumento tenero e una strategia per il ripristino delle scorte, giunte a livelli di guardia. In Italia è ormai impossibile trovare il grano duro». Da tre anni, infatti, i consumi crescono più rapidamente della produzione, come spiega Umberto Sacco, presidente dalla sezione molini a duro di Italmopa: «Il problema non sono tanto i prezzi, che fa il mercato e che noi dobbiamo accettare, ma l'approvvigionamento di molini e pastifici».
Per Fabrizio Vitali, delegato alla presidenza di Italmopa, «stiamo assistendo a un cambiamento nei mercati delle materie prime che non riguarda solo il frumento, ma anche altri prodotti: dopo vent'anni di prezzi contenuti ci aspetta un periodo di forte crescita». Tra le misure chieste da Italmopa a Bruxelles c'è anche l'anticipo dell'abolizione del set-aside, la messa a riposo dei terreni, per rilanciare le semine di frumento.
Ma se i rincari delle quotazioni del frumento si sono già in parte scaricati sui prezzi di semole e sfarinati, a finire tra l'incudine e il martello è l'industria della pasta. Come spiega Marina Mastromauro, amministratore unico di Pasta Granoro, «i pastifici stanno facendo i conti con la difficoltà di approvvigionamento, con un aumento dei prezzi che non si è mai verificato da almeno 15 anni. Adesso ci auguriamo che l'Unipi (Unione industriale pastai italiani) riesca a farsi sentire con la grande distribuzione che rifiuta categoricamente qualsiasi aumento del prezzo della pasta. In questa situazione molti pastifici, soprattutto quelli di medie dimensioni, rischiano seriamente di uscire dalla produzione, con perdite che hanno raggiunto i 250mila euro al mese».