1 aprile 2005 |
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Così la Cina sta cambiando pelle |
Per una curiosa casualità è la nostra lingua italiana ad aver coniato da tempo una perfetta rima che, pur tra il serio e il faceto, ha un che di profetico: la Cina è vicina. Eppure, per la maggioranza della popolazione cinese l’Italia è semplicemente “il Milan, Baggio e, al massimo, la pizza”. In una concezione geografica alquanto nebulosa, per cui la seducente ed insidiosa America pare coincidere con il resto del mondo e la lingua inglese essere l’unica alternativa agli eleganti ideogrammi cinesi. Nulla di che stupirsi, in fondo, se la traduzione della parola Cina (Zhong guo) significa Paese che sta al centro del mondo. Imprescindibile sinonimo di una forte identità nazionale su cui ancora si gioca la delicata, spesso stravagante partita tra Tradizione e Modernità. “Ultime da Pechino” è il titolo accattivante e al tempo stesso urgente -in quel suo invito da strillone moderno e competente- di un saggio scritto da Francesca Imperato, giornalista pubblicista che vive a Pechino dal 1997 e lavora attualmente presso l’Ambasciata canadese della città in qualità di ufficiale d’immigrazione.
Titolo presto smentito nell’introduzione, che insinua consapevolmente il sospetto di inarrestabili cambiamenti in atto già nel momento in cui il lettore si avventuri tra le pagine del libro. Un documento di rara agilità, dal taglio giornalistico e pulito che riesce a miscelare, senza pretese di complessi approfondimenti tecnici, dati storici e di cronaca con piacevoli curiosità. Colte da un occhio che a mandorla non è, ma che dimostra di aver fermato immagini inedite di un paese dove sempre più stranieri non si limitano a visite turistiche ma “rimangono, affascinati da una cultura che ha ancora molti aspetti sconosciuti e oscuri”.
Il sottotitolo “La Cina tra socialismo e modernizzazione” è a sua volta sintesi di un processo che, dalla fine degli anni settanta, per una geniale intuizione del leader Deng Xiaoping, ha coniugato l’esigenza di unità –una sorta di imperativo categorico per un paese sconfinato, in cui la popolazione ha oggi superato il miliardo, cinquantacinque sono le minoranze etniche e variegato il panorama delle professioni religiose, laddove solo gli atei sono autorizzati a diventare membri del Partito comunista- con lo sviluppo economico. La ricchezza, sottolinea l’autrice, come nuovo ideale da proporre e in nome del quale poter giustificare sacrifici, restrizioni e contraddizioni.
Ed è proprio per contrasti che si delinea il profilo di un Paese che dall’11 dicembre 2001 è entrato a far parte del WTO (Organizzazione del Commercio Mondiale) e che ospiterà a Pechino le Olimpiadi del 2008. Una sorta di antidoto alla naturale diffidenza dei cinesi verso il modo esterno. Ma ancor più una sottile e ben orchestrata conferma dell’orgoglio nazionale, se è vero che “tutti, media compresi, riferendosi alle Olimpiadi del 2008, hanno parlato di una nazione, la Cina, e non di una città, come era avvenuto in precedenza per Sidney o Atene”.
Tra grandi città che sembrano clonare le metropoli statunitensi – febbrili cantieri in cui perentori ideogrammi che significano “da abbattere” segnano le mura delle ultime vecchie dimore rimaste- e remote campagne dove l’infanticidio di primogenite è ampiamente diffuso a causa del severo controllo delle nascite; tra il sorprendente incremento di donne manager miliardarie (come l’imprenditrice Yue-Sai Kan, che con le sue bambole dai tratti asiatici ha lanciato la sfida alla Barbie e a quel nuovo Invasore che è la moda occidentale) e il cosiddetto business dell’immondizia o riciclaggio privato di spazzatura (uno dei tanti “lavori inutili” che vedono, per esempio, signore addette per l’intera giornata agli ascensori di case popolari); tra dvd che hanno invaso il mercato scavalcando completamente la fase tecnologica dei giradischi e dei videoregistratori, telegiornali che non comunicano mai brutte notizie, primati mondiali d’importazione di armi o di produzione di prodotti natalizi, la Cina si avvicina tra grandi balzi in avanti e millenarie , imperscrutabili soste.
La Imperato esplora anche delicate problematiche quali la diffusione dell’Aids e dei suicidi, la sessualità, l’istruzione o la disoccupazione. In un contesto in cui non l’originalità ma l’omologazione sono considerati un pregio. E dove, tragicamente in contrasto con la morale cristiana, “si ha sempre l’impressione…che una vita umana possa essere facilmente rimpiazzata”.
Internet contro il Grande muro rosso infuocato: non è un videogame o un gioco di ruolo. E’ il subdolo conflitto tra gli oltre quarantacinque milioni di utenti cinesi della Rete e il sistema di filtri e software dal nome pittoresco attraverso i quali il Governo controlla il flusso di informazioni. E’ la Cina. Vicina quanto un inquilino della porta accanto cui dovremo imparare a bussare con cautela.
Francesca Imperato
“Ultime da Pechino. La Cina tra socialismo e modernizzazione”
Editori Riuniti, pagg.127, euro 12,00
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