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Un Manzoni tutto da scoprire |
Difficile recensire un libro come "L’ombra del Manzoni" di Donatella Contini. Difficile non perché la lettura richieda molto tempo (in effetti possono bastare un paio d’ore) quanto piuttosto perchè una volta girata l’ultima pagina viene voglia di ricominciare dalla prima. Si ha infatti la sensazione di non aver capito tutto, di aver colto solo una parte del significato dei tre atti unici (Padri e figlie, Le due signore, Gli ultimi giorni) nei quali si articola il volume.
L’ideale, probabilmente, sarebbe vederli rappresentati a teatro, con una scenografia diversa da quella della propria fantasia che, inevitabilmente, prende il sopravvento creando volti, situazioni e immagini.
Nel primo atto, Padri e figlie, si assiste al confronto tra la Gertrude dei Promessi sposi e Matilde, la figlia di Manzoni morta tisica lontano dal padre. Dal colloquio emerge il dramma delle due donne, che ripensano ai propri genitori e alle sofferenze passate: ma mentre Matilde mostra comprensione per quelle di Gertrude, il personaggio del romanzo sottolinea con un intento quasi sadico il dramma di Matilde, incolpando il Manzoni di non esserle stato accanto per una precisa mancanza di volontà. Matilde tenta di difendere il padre, ma è dilaniata tra la compassione per il genitore e il dolore provato per la lontananza e l’abbandono.
Nel secondo atto, insieme alle due donne, compare anche Suor Virginia Maria de Leyva, la vera Monaca di Monza: che conduce un serrato confronto con il personaggio manzoniano rivelando che la realtà è stata ben diversa e più dura di quella descritta nei Promessi sposi. Matilde, anche in questo caso, prende le difese del padre, mentre Gertrude rivendica un ruolo primario ricordando che senza i Promessi sposi, e quindi senza l’immagine che i lettori hanno conservato del suo personaggio, la vera Monaca di Monza sarebbe stata dimenticata. Sul finire dell’atto compare, solo di schiena, la figura del Manzoni: e ancora una volta si comprende il profondo dolore che Matilde ha provato per essere stata abbandonata, pur se in casa della sorella, senza aver potuto rivedere il padre prima di morire.
Nel terzo atto il protagonista è il Manzoni stesso, ormai vecchio, che rivede la sua vita e le sue opere: ma la sensazione che se ne ricava è quella di un vecchio che, pur avendo avuto fama e successo, sente di aver fallito nella più importante delle sue prove: quella della famiglia, che non ha saputo governare bene tanto quanto la scrittura. Forse a causa della morte prematura della prima moglie Enrichetta, ma si intuisce che si tratta di una scusa che lo stesso Manzoni, in fondo, non accetta.
Rileggendo queste righe non sono certo di aver saputo interpretare al meglio le intenzioni e il messaggio dell’autrice, ma queste sono le prime sensazioni che ho ricavato, non senza qualche turbamento, e che mi riprometto di sottoporre a verifica con una rilettura del testo.
Donatella Contini
L'ombra del Manzoni
in tre atti unici
Padri e figlie
La due signore
Gli ultimi giorni
Edizioni Nicomp Letture, 130 pagine, euro 12,00.
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