Il ritratto di Milano – o meglio, della sua amministrazione – che scaturisce dalla penna di Salvatore Carrubba, non è dei più edificanti.
Dopo sette anni a fianco del sindaco Gabriele Albertini in qualità di assessore alla Cultura (e per il secondo mandato anche alle Relazioni Internazionali), l’ex direttore del “Sole 24 Ore” (di cui è rimasto editorialista), oggi presidente dell’associazione Milano06, consegna alle stampe un piccolo, ma denso libro di riflessioni e considerazioni sull’esperienza vissuta in Comune e sulla città, i suoi problemi, le sue risorse, le sue potenzialità per l’avvenire. Giornalista prestato all’amministrazione della cosa pubblica per riconoscenza nei confronti della propria città di elezione, uomo di formazione e di cultura liberale conquistato dalle proposte di cambiamento solennemente annunciate dal centrodestra italiano (che nel 1997 era all’opposizione, ma cominciava una lunga marcia di riavvicinamento alle stanze del potere a partire proprio dalla vittoria milanese di Albertini), Carrubba riteneva di poter trovare un fertile terreno di lavoro, come indipendente, in una giunta guidata proprio da un sindaco di estrazione imprenditoriale, non organico ai partiti, che aveva insomma tutte le carte in regola per amministrare al meglio la città, eliminare gli sprechi, concentrare le risorse sui progetti più utili per la cittadinanza e per la moltitudine di persone che gravita intorno all’unica, vera metropoli del Nord.
È stata, invece, proprio la mancanza di un’autentica cultura liberale nella classe dirigente del centrodestra milanese che ha recato a Carrubba le maggiori delusioni e difficoltà nel suo impegno al servizio della città, dove peraltro si è segnalato, pur con mezzi limitati – raro è vedere la cultura tra le priorità di un’amministrazione comunale – per il recupero dei musei e dei grandi “monumenti” di Milano come Palazzo Reale, il Castello Sforzesco, la Scala, oltre ad una serie di importanti mostre e iniziative, tra cui quelle dedicate al Verri, al Parini, alle Cinque Giornate. Troppo spesso, per non dire sistematicamente, la cultura – denuncia Carrubba – è semplicemente sfruttata per costruire consenso, è proposta alla cittadinanza dietro bassi calcoli ideologici, è utilizzata per premiare gli artisti politicamente più vicini alla maggioranza: se non serve a questi scopi, allora può tornare a occupare lo spazio del “superfluo”, come dimostrato dal taglio del 20% del bilancio dell’assessorato agli inizi del 2002, taglio che causò il primo forte scontro tra l’assessore Carrubba e la sua maggioranza. Il pluralismo, forse la più autentica espressione dello spirito liberale, sembra non godere di grande considerazione, in un contesto politico sempre più polarizzato e conflittuale.
Ma il libro di Carrubba non vuole rimanere inchiodato solamente ai temi, pur importanti, di competenza di un assessore alla cultura. Le pagine di Post-Milano si propongono di riflettere sulla città nel suo complesso e sulla sua amministrazione, per denunciarne i limiti e metterne in evidenza le possibilità positive. In questo senso va interpretata anche la critica, garbata nei toni quanto forte nei contenuti, al secondo mandato del sindaco Albertini (il primo è giudicato positivamente). Stretto tra gli appetiti e le lotte di potere dei partiti, da una parte, ed un primo cittadino sempre più solo nelle sue decisioni, lontano dalla propria squadra (e per qualcuno anche dalla gente), Carruba definisce le condizioni dell’amministrazione comunale «preoccupanti, certamente più farraginose e paralizzanti rispetto a nove anni prima», denunciando anche un fallimento “all’interno” da parte di una squadra che si pensava avrebbe potuto mettere ordine e rapidità nella tipica e pesante burocrazia degli enti pubblici. Ma le critiche non si rivolgono solo
ad intra: Milano non è fatta solo dai suoi amministratori, ma è costituita da un tessuto culturale (e imprenditoriale) che dovrebbe garantire delle risorse importanti alla città. Carrubba non fa sconti ai “colleghi” giornalisti, che troppo spesso magnificano o criticano solamente sulla base dell’appartenenza ideologica personale o del giornale per cui scrivono; non fa sconti nemmeno alla cosiddetta “società civile”, in particolare quella che contesta sempre senza proporre nulla e senza mai sporcarsi le mani a lavorare per la collettività.
Assessore egli stesso proveniente dalla società civile, Carrubba non gioca a sparare contro la politica in se stessa (giudicata anzi necessaria e importante per la comunità), ma ritiene fondamentale una politica pubblica non asservita agli interessi dei partiti e delle lobbies, espressione del meglio di una città in termini di cultura, di professionalità, di classe dirigente: quello che forse è mancato alla Milano degli ultimi anni.
Lungi dalla malinconia tipica di chi guarda solo indietro, l’ex assessore propone delle riflessioni utili invece a chi guarda avanti verso gli ardui e decisivi traguardi che una grande città come Milano si deve porre, in un contesto di competizione globale che non risparmia le stesse comunità locali, alle quali, anzi, viene chiesto anche di farsi accoglienti per tutte le schiere di donne e uomini che vi giungono per trovare un futuro migliore. Una città (e un’amministrazione) che promuova i suoi talenti e che sappia far interagire il meglio di ciò che anima il proprio territorio; un Comune vicino alla gente, in grado di ascoltarne i bisogni e le speranze, aperto alle proposte, non arroccato nella classica torre d’avorio del potere; una metropoli in grado di competere a livello mondiale (come merita dalla sua storia), attrattiva per la sua cittadinanza, per le imprese e per i turisti. Una città, insomma, che sappia mettere in rete tutte le straordinarie risorse di cui è dotata e che ne fanno, ancora oggi, un grande centro europeo e mondiale. Molte, quindi, le speranze e le proposte di Carrubba per Milano, riassunte in questo piccolo libro: in fin dei conti, Post-Milano non è che una grande, seppur sofferta, dichiarazione d’amore per la città.
Salvatore Carrubba
Post-Milano. Riflessioni senza pregiudizi su una città che vuole rimanere grande
Edizioni Oscar Mondatori, 99 pagine, € 8,40
di Massimo Donaddio