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21 settembre 2004

Approvvigionamenti in Cina

Quanto si risparmia comprando all’estero? Cosa comprare o far produrre? Quali sono i mercati più convenienti? E’ necessario comprare tutto oltre confine o è sufficiente delocalizzare una parte dei fabbisogni? Meglio l’acquisto diretto o tramite intermediari? Sono molte ormai le aziende, anche italiane, che devono confrontarsi con questi interrogativi, se vogliono continuare ad essere competitive all’interno di uno scenario economico sempre più globalizzato e interdipendente. E in effetti molte imprese una prima risposta a questi quesiti cominciano già a trovarla. Più difficile, invece, è capire dove comprare, come localizzare i migliori fornitori e gestire un proficuo rapporto con essi, come analizzare i rischi e i costi totali delle operazioni.

Attualmente la Cina costituisce un bacino di approvvigionamento tra i più interessanti nello scacchiere internazionale, grazie al costo ridotto della forza lavoro, al rapido miglioramento qualitativo delle produzioni, alla disponibilità di piattaforme logistiche in continuo avanzamento, alla consistenza di un mercato che è potenzialmente il più grande del mondo.
Proprio per fare luce sulle problematiche gestionali connesse all’attivazione di una base di produzione e approvvigionamento in Cina ha lavorato il progetto di ricerca International Sourcing Strategies for China, co-finanziato dall’Unione Europea e coordinato dall’Università di Udine, in collaborazione con l’Università di Magdeburgo e il National Centre for Science and Technology Evaluation di Pechino. I risultati di questo studio sono stati ora pubblicati nel volume "Approvvigionamenti in Cina. Strategie, metodi, esperienze" (edizioni Il Sole 24 Ore), curato da Guido Nassimbeni e Marco Sartor, i ricercatori dell’Università di Udine che hanno coordinato il progetto.

Dallo studio emerge come la costituzione di una base di approvvigionamento nel Paese del Dragone sia il punto di arrivo di un processo consapevole e adeguatamente pianificato. Consapevole rispetto ai rischi e alle opportunità di questo mercato, alle caratteristiche del settore in oggetto, alle problematiche culturali e organizzative che l’approvvigionamento comporta. Pianificato rispetto alle strategie più idonee e alle soluzioni organizzative e gestionali più adeguate ad un contesto così diverso e distante da quello italiano. Senza dimenticare che la Cina sta attraversando un periodo di transizione epocale che solleva anche alcuni interrogativi sulla sostenibilità di questo sviluppo, e che deve fare i conti con un certo caos normativo e con una burocrazia amministrativa forse non ancora all’altezza della situazione.
Nel corso del progetto è stato analizzato un campione di imprese italiane, selezionate in base ai settori dove è più rilevante l’interscambio Italia-Cina e considerate esemplari nella loro capacità di sfruttare le opportunità offerte dallo scacchiere internazionale. Sulla base delle esperienze raccolte, il libro evidenzia motivazioni, vantaggi e difficoltà incontrati dalle aziende nella costituzione di una base di approvvigionamento in Cina. Propone poi una classificazione delle diverse modalità di approvvigionamento, a seconda delle differenti condizioni che hanno motivato o favorito il ricorso al mercato asiatico. Fornisce ancora alcune indicazioni metodologiche utili per orientare la scelta e costituire un canale di approvvigionamento del mercato cinese. Propone infine, nella sezione dedicata ai casi aziendali, una serie di esperienze concrete di “sourcing” dalla Cina, illustrandone le caratteristiche e collocandole all’interno del percorso di crescita internazionale dell’impresa.

Con un Pil che cresce ufficialmente dell’8% l’anno, con 71 miliardi di dollari investiti dagli operatori stranieri nel 2003 e con due milioni e mezzo di nuovi imprenditori il “miracolo cinese” può essere considerato ormai una realtà. E non solamente per ciò che riguarda il versante economico. La Cina sta vivendo un’epocale trasformazione da un’economia di tipo pianificato ad un’economia di mercato, da un sistema prevalentemente agricolo ad uno compiutamente industriale, da un contesto rigidamente autarchico ad uno interconnesso con il resto del pianeta (dimostrato anche dall’adesione all’Organizzazione Mondiale del Commercio). Milioni di persone si spostano dalle campagne alle città mentre lo Stato finanzia imponenti progetti di sviluppo infrastrutturale. Non è facile prevedere l’esito di questo processo, che sta congiungendo alcuni elementi dell’economia socialista con il dilagare del libero mercato.

E’ un fatto, però, che la Cina stia attirando investimenti esteri come nessun’altra nazione al mondo. Un avamposto in questo Paese, strategico rispetto ai mercati emergenti dell’Estremo Oriente, rappresenta sempre più spesso un tassello fondamentale nella strategia di internazionalizzazione delle imprese. Per questo vi operano già oltre 500mila aziende straniere. Quelle italiane, però, sono ancora relativamente poche. Nonostante una crescita esponenziale, il Paese del Dragone è spesso avvertito ancora come una realtà distante e difficilmente decifrabile. Il testo di Nassimbeni e Sartor vuole dimostrare che entrare con successo nel mercato cinese è possibile, scegliendo le modalità di approvvigionamento più idonee e gestendo nella maniera opportuna le maggiori criticità: decentramento organizzativo, approccio negoziale e relazionale, trasferimento di conoscenze e di tecnologie.

Guido Nassimbeni – Marco Sartor
Approvvigionamenti in Cina. Strategie, metodi, esperienze
Edizioni Il Sole 24 Ore, 259 pagine – euro 30,00

di Massimo Donaddio



 

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