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Gli artigli dell'aquila |
La fine del secolo scorso, segnata dalla caduta di muri fisici (Berlino) e virtuali (globalizzazione) per paesi e popoli ha segnato anche la fine delle ideologie e di molti “ismi” (fascismo, comunismo, colonialismo e addentellati vari). Ha senso allora parlare oggi di “imperialismo”, inteso come tendenza di uno stato o popolo a espandere i propri domini e a esercitare la propria egemonia diretta o indiretta su altri popoli? La risposta dell’autore del libro è affermativa: c’è, attraverso l’analisi della storia moderna e contemporanea del paese che incarna l’imperialismo più di altri, gli Stati Uniti, un filo nero che si pone l’obiettivo di dominare il mondo o, quantomeno, di deciderne i destini.
C’è chi lo chiama neo imperialismo, chi unilateralismo, chi nazionalismo da esportazione, ma la sostanza non cambia: gli Stati Uniti si ergono a “gendarmi del mondo”, spesso con l’ossequiosa sottomissione degli alleati occidentali, per estendere il proprio controllo politico attraverso l’egemonia economica, finanziaria, industriale, militare, e con l’imposizione di modelli culturali. Un libro duro, quello di Aruffo, che non si preoccupa di passare per “antiamericano”, privilegiando l’analisi basata sui fatti, punteggiata da citazioni illuminanti a inizio di ogni capitolo: da “Meno govermo negli affari, più affari nel governo” (W. McKinley, persidente dal 1897 al 1901), al celebre motto “L’americanizzazione del mondo è il nostro destino” lanciato da Theodor Roosevelt, al più recente “Sono un presidente di guerra con la guerra in mente” dell’attuale presidente Usa. Un profetismo etico-politico, nutrito di retorica etico-bellicista, come si vede, enfatizzato nella formula ricorrente di “impero delle libertà”, riaccesosi dopo l’attentato alle due torri di New York.
Prima di arrivare all’oggi, Aruffo ripercorre le tappe che hanno scandito la storia del cosiddetto imperialismo americano. Ad esempio, la partecipazione degli Usa alla seconda guerra mondiale costituisce il volano per il riassorbimento della disoccupazione della grande crisi degli anni trenta e consente di legare le sorti economico-finanziarie degli alleati al disegno egemonico di Washington. Dalla guerra fredda antisovietica alle guerra “calde” della Corea, del Vietnam, dell’Iraq, l’imperialismo americano trova il modo di “perfezionare” (pur con qualche insuccesso) e di aggiornare la propria visione unipolare senza frontiere, indirizzata al controllo delle risorse globali in un’ottica geostrategica e militare di segno revisionistico. Disegno egemonico nel quale coinvolgere la “provincia” europea (Nato), mentre alle potenze minori sono affidati compiti di supporto, di polizia, di assistenza. Per Aruffo, non c’è alcun dubbio: gli stessi aiuti umanitari, ormai militarizati, diventano un’arma di condizionamento economico- finanziario e di ricatto politico. Una visione che trova una piena adesione ideologica da parte della attuale amministrazione.
Alessandro Aruffo
Gli artigli dell’aquila
La politica estera Usa, 1898-2004
Edizioni Datanews, 205 pagine - euro 11,36
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