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Il fucile da caccia

Etimologicamente, “epistola” deriva da un antico verbo greco che significa “ordinare sopra qualcosa”. E’ significativo, dunque, che l’idea di ordine si possa associare alla corrispondenza epistolare. Nonostante, infatti, la disinvolta consuetudine dei giorni nostri di affidare l’urgenza della comunicazione a messaggi dalla sintesi scaltra ma superficiale, nulla può uguagliare il raffinato cesello di una pagina bianca – cartacea o virtuale che sia – nel mettere ordine sopra qualcosa: eventi, pensieri o personalità.
Ne è prova letteraria il romanzo “Il fucile da caccia”, opera prima del critico d’arte e poeta Inoue Yasushi, pubblicata nel 1949 quando l’autore, considerato uno dei maggiori scrittori giapponesi , aveva già quarantadue anni.
Misugi, distinto e solitario signore, appassionato di caccia, è il destinatario – consapevole e dolente - di tre lettere che invia allo stesso Yasushi con una motivazione schietta e inoppugnabile: “L’uomo è una stupida creatura, che dopotutto aspira ad essere conosciuta da qualcuno”. La prima lettera è della giovane nipote Shoko ; la seconda è di Midori, moglie di Misugi; la terza, infine, è la lettera testamento di Saiko, madre di Shoko e amante dello stesso Misugi. Motivo comune l’amore clandestino: segreto, svelato, interpretato, spiato o ingannato. Un amore che ha ordito, in stupore e malvagità, la trama di quattro vite incapaci di svelarsi. Colpevole, forse, l’ignara sicurezza del marito Misugi o l’immenso amore, triste e intenso quanto “la minaccia di un bambino viziato”, del Misugi amante. Sarà la morte di Shoko a sciogliere “la calma ritualità” e a rivelare – nel teso gioco del detto e non detto - “l’effimero, terreno, patetico dibattersi della vita di una donna”. Ma è il poeta Yasushi a rivelarsi straordinario interprete dell’animo femminile. Modulando – nell’incredulità e l’affanno di chi si svela, innanzitutto, a se stesso - tre voci distinte e vere (pur nel lieve filtro di una sensibilità orientale), che narrano del dolore di amare e della felicità di essere amate. Nella consapevolezza, dichiarata con apparente casualità dal cacciatore Misugi, che “tutti gli esseri umani hanno dentro di sé un serpente, quindi non c’è ragione di averne tanta paura”. Che sia, infatti, “l’egoismo”, “la gelosia” o, semplicemente, “il destino”, una pagina bianca potrà sempre sbrogliarne le spire contorte.

Inoue Yasushi
Il fucile da caccia
Adelphi, pagine 101, euro 7,50



 

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