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Il terrorismo islamico secondo Dambruoso

Esistono parole chiave nel libro “ Milano Bagdad “, diario di un magistrato in prima linea nella lotta al terrorismo islamico in Italia, Stefano Dambruoso, scritto con la collaborazione del giornalista del Corriere della Sera Guido Olimpio, esperto di Medio Oriente. Mosaico, puzzle, ragnatela, formicaio: termini apparentemente innocui, che non rimandano, tuttavia, ad arte, gioco o natura, bensì alla scacchiera del Terrore di una guerra in atto che può colpire ovunque e chiunque. Una guerra in cui il Nemico non ha solo il volto noto e sfuggente di un bin Laden o di un Al Zarkawi. Ma può celarsi dietro a “figure anonime”, venditori di cibi speziati agli angoli delle strade, ex calciatori che hanno investito i propri miliardi nella causa della jihad, occidentali convertitisi all’islamismo più radicale, quegli “emiri dagli occhi blu”, spesso colti e agiati, che incarnano il sogno estremo del fanatismo integralista: gli “occidentali che assassinano altri occidentali”. Una guerra dove non esistono armi, perché “ la vera arma è il mujahid, spinto dalla volontà di colpire e dall’accettazione del martirio”. Che sia cellula di un gruppo organizzato o pericoloso “lupo solitario “.
Né esistono confini: Iraq, Afghanistan, Cecenia, ma anche Amburgo, Madrid, Milano. E l’insospettabile ma strategica provincia: Cremona, Parma, Reggio Emilia. Sotto l’ombrello ideologico dell’ennesimo "ismo" giunto a segnare la storia dell’umanità, il qaedismo, che riunisce gruppi indipendenti, nazionali o locali, nel comune intento di destabilizzazione e distruzione del Grande Satana occidentale. Un “network”, dunque, che alla più grottesca e sanguinaria follia accosta le sofisticate e capillari tecnologie moderne: “ Internet è diventata un formidabile centro di propaganda, proselitismo e perfino d’addestramento”. Nella Rete, infatti, passano immagini di massacri, nutrimento di anime esaltate, o “ricette per la bomba” fai da te, che si può assemblare con materiali acquistabili in qualsiasi mercato civile e nascondere addirittura in “involucri in plastica con la forma e i colori delle rocce, usati per abbellire i giardini”.
Stravaganti dettagli di una guerra che “vive di sorprese”. In cui la carta dell’eroismo si può giocare in un ufficio giudiziario tra scaffali, faldoni e timbri. Simboli di pastoie burocratiche che possono avere drammatiche conseguenze. Perché “è sconsolante ammetterlo: noi ci trasciniamo e loro corrono”. E Dambruoso, definito dalla rivista Time “un eroe europeo“, oggi esperto giuridico presso la Rappresentanza permanente italiana alle Nazioni Unite di Vienna, ci accompagna, in sedici serrati capitoli, attraverso otto anni di fondamentali indagini antiterrorismo svolte presso la procura milanese. Illustrando piani operativi e logistici, strategie di arruolamento e addestramento, il ruolo minore delle donne e quello, raro e prezioso, dei pentiti, pedinamenti e fughe degne di un film poliziesco. Indagini a tutto campo, tra entusiasmo e frustrazioni, in stretta collaborazione con le procure europee. E un imprescindibile invito: “ Credere nell’integrazione. (…) Continuare a vivere (…)perché diversamente avrebbero già vinto loro”.
Il capitolo conclusivo apre, in realtà, imprevedibili scenari: dopo la guerra in Iraq, l’Europa, da base logistica, si è trasformata in un potenziale bersaglio. Attacchi dal cielo o dal mare. Con “gas, veleni, sostanze micidiali”. Questo è il sogno dei martiri. Non trovando, dunque, l’auspicata parola “ fine” al termine di questo avvincente libro, non ci rimane che ritornare alla prima pagina. Al nostro sogno, che si fa dedica a un figlio: “A Lorenzo, che cresca e diventi uomo in un mondo senza più paure”.

Stefano Dambruoso, con Giulio Olimpio
Milano Bagdad
Mondadori Editore, 137 pagine, euro 15,00.

Invia una emailSilvia Giuberti



 

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