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L'arte di essere creativi
di Gaetano La Rosa
Anzitutto, l'advertising su Internet. La telefonia mobile, tranne che in Giappone, dove ormai lo usano al posto del computer, nel resto del mondo non ha ancora una tariffa flat che consenta agevolmente la diffusione di audiovisivi in grande scala. Quindi, potremmo cercare di individuare e indicare le caratteristiche che la creatività dovrebbe avere per lavorare più efficacemente sul web. Questo è esattamente il tipo di lavoro che agenzie e creativi, insieme ai clienti più evoluti, cercano di fare ormai quotidianamente. Forse più per rispondere a una sorta di dover essere della comunicazione contemporanea, che alla reale consapevolezza di poter cogliere una nuova straordinaria opportunità. Con investimenti sempre più cospicui in web campaigns, virals, banners e tutti i parafernalia necessari alla presenza di una marca in rete. Ma è una prospettiva che porta con sé l'idea che la creatività debba in qualche modo adeguarsi a questi media rispondendo alla logica di quello che in advertising è chiamato "adattamento". Creatività di routine. La mera declinazione sulla rete di una campagna pubblicitaria tvcentrica, come già si faceva per radio, stampa e affissioni, ai tempi in cui "…o TV o morte.". Un approccio che non ha mai generato buona creatività, in nessuna epoca.
Ma veniamo alla rete. Negli ultimi sette anni, prima che flash rendesse possibile, facilitandola enormemente, la distribuzione di materiali video online, in rete erano successe parecchie cose, e dalla rete generate, che vale la pena di riprendere in mano. La prima rivoluzione di Internet aveva prodotto un vero e proprio cataclisma on e offline. E non solo per le ben note vicende, dell'industria discografica e cinematografica dopo l'avvento dei primi programmi peer to peer.
Un gruppo di illuminati managers di aziende dei settori più avanzati aveva deciso di dire che le cose erano cambiate e di come sarebbero cambiate ancora di più nel corso del tempo. E' il 1999, nasce Cluetrain. Un movimento di pensiero che attraversa il mondo del marketing e della comunicazione rovesciando la prospettiva fino ad allora dominante, e che ammette di farlo per presa di coscienza di quello che dal basso si stava verificando nella società dal momento in cui si era entrati nell'era di Internet.
95 tesi, non un numero a caso, come quelle che Lutero aveva attaccato sul portone della chiesa di Wittenberg per dare inizio alla propria protesta, che annunciavano modalità, strategie e tono che la comunicazione avrebbe dovuto avere da allora in avanti. Così, dai piani alti di alcune grandi corporations, un gruppo di pionieri rivelava al mondo la degerarchizzazione che le nuove tecnologie stavano per imporre ai mercati, e i cambiamenti che questo avrebbe comportato nel modo di costruire e percepire le brands, e anche nel modo di vivere e di lavorare nell'era della rete. Orizzontalità VS verticalità. Voce umana e conversazione VS unidirezionalità e univocità della marca. Col chiaro avvertimento che chi non avrebbe colto per tempo il mutamento sarebbe stato destinato alla sconfitta sul mercato e in ultima istanza a sparire.
Oggi, possiamo leggere, e vedere nella videointervista del blogger Jeff Jervis, che il signor Dell, in seguito alle rimostranze su certe defaillances dei loro prodotti, ha deciso di instaurare un rapporto diretto tra l'azienda e i bloggers, per ascoltare le loro lamentele e migliorare la qualità della produzione. Ecco un colosso che ha deciso di scendere dal piedistallo. Proprio quello che Cluetrain auspicava.
E questo è diciamo lo scenario socio-aziendale.
Ma in rete c'è stato anche un altro movimento. Un movimento underground di artisti e sperimentatori che con aziende e corporations, ma anche col presidente G.W.Bush o col WTO come vedremo, ingaggerano una lotta di tipo assolutamente diverso, con operazioni che lasceranno il segno su tutto quello che seguirà.

I nativi della rete.
E' la scena della net.art
I net artisti hanno indagato tutti gli aspetti, tecnologici e non, della rete con gli strumenti messi loro a disposizione da Internet, computers, virus, networks, codici di programmazione, social engineering, e attraverso un mix di pratiche artistiche e di contestazione, online e offline.
E' il mondo dei nativi della rete. Dalle loro opere si inoculano nella rete pratiche e codici di comunicazione che a distanza di anni sono state assorbite, dalle persone che navigano, in modo anche inconsapevole. Negli ultimi anni, i migliori esempi di creatività sono venute alla luce da quelle forme di advertising che si sono progressivamente allontanante dalla modalità di comunicazione push, e che viaggiano sempre più speditamente nella direzione di linguaggi irrituali e provocatori, come quelli declinati dalla sperimentazione della net.art: falsi siti, hoaxes, mokumentaries e digitals hijacks tra gli altri.
Net artisti italiani come epidemiC, il gruppo che presentò il virus informatico biennale.py alla Biennale di Venezia del 2001 e che realizzò anche il primo brand virus: bocconi.vbs. Opera commissionata dall'Università Bocconi. E' forse la prima forma di comunicazione virale di una brand realizzata in forma di virus informatico. Il virus bocconi.vbs non era stato creato per danneggiare i computers, cito dal sito: "…Classica forma di "worm" basato sul servizio Microsoft Outlook©, 'bocconi.vbs' invia se stesso, come allegato, ad ogni indirizzo e-mail disponibile sul sistema ospite, invitando l'utente a visitare www.uni-bocconi.it.
'bocconi.vbs' crea inoltre un documento di testo (bocconi.txt) nella directory di startup. Un print in caratteri ASCII del logo Bocconi verrà eseguito sul monitor ad ogni avvio di Windows©." La cosa diede vita anche a uno spassoso scambio di mail con Ken Bensinger, giornalista del Wall Street Journal, che chiedeva a epidemiC un listino prezzi dei virus, che avrebbe pubblicato sulla sua pagina sul mercato dell'arte.
Ma veniamo agli 0100101110101101.org, sono autori tra l'altro di un finto sito del Vaticano, scritto da una setta di satanisti bolognesi, e della creazione dal nulla dell'inesistente artista sloveno Darko Maver, morto a Podgorika, dopo un'inusitata valanga di inviti per esposizioni in diversi musei europei che vi avevano creduto.
Uno sguardo particolare merita però l'operazione Nike Ground, quando lanciarono una campagna multimedia in cui si proponeva il cambio di nome della Karlsplatz di Vienna, all'insaputa della Nike, con tanto di progetto monumentale del baffo a centro piazza e la realizzazione del modello esclusivo Nike Ground Turbulence III che per primo avrebbe attraversato la piazza dopo il cambio di nome della stessa.
Esemplari le azioni condotte dagli statunitensi The Yes Men, invitati attraverso il loro finto sito del WTO, a fare conferenze in giro per il mondo (cui andavano camuffati da dirigenti del WTO ). Il loro scopo era denunciare le storture dell'istituzione cui fingevano di appartenere, attraverso provocazioni irripetibili e spesso nemmeno colte dall'uditorio, come a Tampere, in Finlandia, dove presentarono la suit per eliminare lo stress del manager dal controllo del lavoratore remoto. O le dichiarazioni in veste di dirigenti della Dow Chemical, che annunciavano il risarcimento delle vittime della catastrofe ambientale provocata a Bohpal [hoax interview by the yes men impersonating Dow Chemicals.]
O ancora i lavori di gruppi storici come ®™ARK, di cui The Yes Men è una filiazione.
®™ARK è un gruppo che ha denunciato come il 4° emendamento della Costituzione americana, nato per proteggere delle persone fisiche, gli schiavi liberati dopo la guerra di Secessione, sia stato sfruttato dalle corporations americane per non pagare lo scotto dei tanti disastri provocati in giro per il mondo. Per contrastare queste corporations, ®™ARK si è costituito legalmente come corporation.
Il loro sito è un collettore di progetti di sabotaggio, nati spesso all'interno delle stesse aziende, che ®™ARK protegge in quanto corporation e provvede di copertura finanziaria, attraverso una raccolta di fondi che avviene attraverso il sito stesso, e know how tecnico.
Famoso il loro progetto The Barbie Liberation Organization, attraverso il quale vennero scambiati i chip voce di un certo numero di Barbie con altrettanti G.I, poi immessi sul mercato. Come anche la storia del finto sito di G.W. Bush, dove sul presidente si raccontavano delle cose non proprio gradevoli. Vi troverete anche il file audio in cui alla domanda di un reporter, inconsapevole della fonte, su notizie pubblicate sul sito, Bush rispose "There ought to be limits to freedom…" E ancora una straordinaria quantità di altri progetti altrettanto provocatori e acuti, quanto di una complessità esecutiva non indifferente.
La cultura della rete si è quindi intrecciata col movimento no global di Seattle e con i mediattivisti inondando l'infosfera con il loro messaggio di intelligente e a volte sprezzante critica dell'esistente. Da citare, in questo senso, anche il global network di Adbuster, con la sua proliferante attività di subvertising, sia in rete che attraverso l'omonima rivista. Inventori della ricombinazione dei linguaggi pubblicitari in chiave di denuncia politica e anticonsumistica. Tutto questo non poteva passare senza lasciare tracce nella rete.

Le pratiche basse.
A far parte della cultura della rete, troviamo anche forme di plagiarismo che sconfinano col trash. Come, in Italia, quella dei bolognesi Gem Boy, gruppo di musicisti, autori di un'infinita quantità di covers in chiave sexual-goliardica, che hanno spopolato tra i teen-agers italiani fin dalla metà degli anni '90. I Gem Boy distribuivano la loro musica esclusivamente in rete attraverso i programmi di peer to peer e, antesignani di Madonna, guadagnavano solo dalle esoteriche apparizioni live, annunciate via web e con affissioni locali. Per propagandare il loro culto, realizzarono uno dei più riusciti ridoppiaggi della storia del plagio cinematografico: Star Whores. Un'opera in cui l'Impero (il male) era la SIAE che si contrapponeva ai fans dei Gem Boy, ritenuti la più grande minaccia al sistema.
Tra i plagiaristi cinematografici, in Italia, si distinguono ache i livornesi del Nido del Cuculo, autori di intere microserie di ridoppiaggi, tra i quali svettano alcuni cut di vecchi007.

Creating crossing platforms
I creativi sono persone curiose e sveglie, che come tutte le altre navigano in rete, seguono la storia del mondo in cui vivono e hanno una particolare sensibilità e cultura sufficiente per captare i nuovi linguaggi. Al di là del fatto che lo facciano per lavoro.
E' così che oggi alcune campagne pubblicitarie riproducono modalità che appartengono di fatto alla cultura della rete. Come il finto documentario della Volvo su un piccolo villaggio svedese, Dalarö, in cui 32 famiglie hanno comprato lo stesso modello di Volvo nello stesso giorno.
Una campagna integrata declinata su vari media, col mokumentary The mistery of Dalarö, annunci, mailing, marketing per e-mail, banner, SMS, teletext, freecard e PR. Sul sito web, il giornalista Frank Rossel chiedeva aiuto agli utenti Internet, attratti dall'estrazione settimanale di auto, per risolvere il caso.
Come anche la campagna multimediale interattiva della finta compagnia aerea Linxjet, in cui le hostess sono particolarmente gentili con i clienti, per il deodorante uomo Linx. E ancora, "Heidies 15 mb of fame".
In cui due ragazze rapiscono un manager della Diesel e lo sottopongono a ogni genere di molestia in una camera sorvegliata 24/24 h da videocamere che diffondono il tutto in rete in tempo reale. O ancora, il virale di Stillfree.com, in cui un writer tagga l'Air Force One di G.W. Bush.
O la perturbante campagna virale di Nokia, Jealous computers, in cui una inquietante dottoressa Shopova ci preannuncia i rischi dell'epidemia che colpisce i computers e si sta diffondendo nel mondo, raccontando i deliranti effetti del caso. A questo si aggiungono altri virali che documentano casi disperati nelle situazioni apparentemente più innocue, in cui i computers attaccano i loro proprietari mentre usano un Nokia.
Un notevole caso di contaminazione tra net.art e advertising è il falso sito dell'Andy Awards, dove dalla finestra Instacritique, il creativo di turno può uploadare un suo lavoro e avere un responso in diretta da ogni membro dell'autorevole giuria.
E' a questo punto, più facile comprende come non sia un caso, che le sezioni Cyber e Titanium del Festival di Cannes diventino di anno in anno sempre più significative.
A cambiare, oltre ai codici di comunicazione della creatività, sono anche gli investimenti. Il Grand Prix di quest'anno è andato alla Campagna per la Bellezza Autentica di Dove: una multinazionale del settore cosmetico che comunica con una campagna sociale internazionale contro lo stereotipo della bellezza veicolato dalla moda e dal mondo dei cosmetici.
Una volta, non era da chi aveva così tanti soldi da investire che venivano fuori campagne così. Al contrario, chi aveva meno soldi doveva ingegnarsi per venire fuori. Poi è arrivata Internet web 1.0, web 2.0…
E non è che l'inizio.

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