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13 Novembre 2007




INTERVISTA A CARLO CALENDA
«C'è bisogno di un Ice più forte»
di Nicoletta Picchio


Carlo Calenda, 33 anni, direttore dell'area Affari internazionali di Confindustria P iù di 6.500 imprese coinvolte nelle iniziative internazionali, 32mila incontri di business faccia a faccia tra imprenditori, 19 missioni di sistema all'estero, e cioè con Governo, Abi e Ice, che arrivano a 31 se si considerano quelle di follow up in Italia.
«L'aspetto più importante è che a questi numeri sono seguiti risultati sorprendenti per quanto riguarda l'export: in tutti i Paesi dove si sono tenute le missioni abbiamo aumentato le esportazioni, con una quota maggiore rispetto alla media europea e in alcuni casi anche rispetto ai nostri Paesi concorrenti, come la Francia».
Chi parla è Carlo Calenda, 33 anni, direttore dell'area affari internazionali di Confindustria, il più stretto collaboratore del presidente Luca di Montezemolo su tutto ciò che riguarda la sfida dell'internazionalizzazione del sistema imprenditoriale italiano.
«Quando a maggio del 2004 Montezemolo è arrivato, e io con lui, la presenza delle aziende italiane all'estero era ridotta. La scelta di puntare sull'internazionalizzazione è stata immediata, con particolare attenzione alle piccole imprese. Una volontà precisa del presidente, che ha mantenuto per sè la delega sul made in Italy», racconta Calenda.
L'azione di Confindustria si è mossa su due versanti: imprese italiane all'estero e follow up con imprenditori stranieri che arrivano da noi. Con quali priorità?
Abbiamo segmentato i mercati in tre categorie. La prima i Paesi Brics, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, che consideriamo strategici e dove abbiamo realizzato missioni istituzionali. La seconda, i Balcani e il Mediterraneo: la Confindustria italiana è stata la prima ad entrare nell'Umce, l'associazione delle Confindustria dell'area mediterranea, dopo di noi sono arrivati Francia e Spagna. E abbiamo avuto un ruolo di primo piano nel Business Advisory Council del patto di stabilità dei Balcani. Terza categoria, i Paesi ponte: importanti non tanto per il mercato interno quanto come base per andare in altri mercati: si tratta degli Emirati Arabi, Turchia, Thailandia, Vietnam e Messico.
A seconda della categoria è diverso l'approccio?
Sì. Nei Paesi Brics il tipo di attività prevede una missione di sistema ogni due anni e altre di follow up settoriali nell'anno in cui non si va oltre confine. Faccio un esempio: siamo andati in India a febbraio con una missione istituzionale, durante la festa del Cinema di Roma sono arrivati 60 produttori qui da noi, in contemporanea erano a Mumbai un gruppo di piccoli imprenditori focalizzati su design e arredamento. Idem la Cina: la seconda missione di sistema è stata a settembre del 2006, proprio nei giorni scorsi sono arrivati in Italia 400 imprenditori cinesi dello Jiangsu, una Regione con cui Confindustria ha firmato, già nel 2004, un accordo di collaborazione.
È stata una novità anche rimettere al centro il Mediterraneo: l'anno scorso a Palermo sono state coinvolte 14 Confindustrie dell'area. Quando si replicherà?
L'anno prossimo, a Roma. A Palermo abbiamo coinvolto 14 Paesi e per il follow up abbiamo deciso una linea innovativa: affidare ad alcune territoriali più dinamiche singoli Paesi. A Vicenza la Tunisia, a Treviso il Marocco, a Roma l'Algeria all'Assolombarda l'Egitto. Le prime tre missioni di ritorno ci sono già state, in Egitto si andrà l'anno prossimo, a marzo.
L'agenda è piena anche per il 2008?
Sono in programma Egitto, Messico, Vietnam e di nuovo il Sudafrica, mentre a febbraio si terrà a Roma il Ceo Forum Italia-India, una seconda tappa dopo quello in India.
Le imprese come hanno reagito?
La nostra grande soddisfazione è che le aziende, in particolare le piccole, hanno capito l'importanza dell'internazionalizzazione. Nella prima missione in Cina erano 150, in India 600 e altri 200 imprenditori non ce l'hanno fatta a venire per mancanza di posti in aereo. Anche in Kazakhstan eravamo 200 imprese.
Confindustria ha puntato sulle missioni di sistema, coinvolgendo tutto il sistema Paese: ci sono state difficoltà?
L'Italia deve fare sistema, evitare di andare in ordine sparso. Su questo ci siamo impegnati, abbiamo trovato risposte positive dal Governo, in particolare grande attenzione dal ministro Emma Bonino, dall'Abi, dall'Ice. la collaborazione pubblico-privato ha funzionato. C'è stato un enorme sforzo di spinta per superare il gap che ci separa dagli altri Paesi nella presenza all'estero. Stiamo recuperando, l'export aumenta, ma i numeri assoluti sono scarsi.
Cosa migliorare?
L'Ice dovrebbe rafforzarsi all'estero, muoversi con più flessibilità, secondo un modello privatistico. Solo così può reagire tempestivamente alle esigenze delle imprese.

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