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Sui prestiti tra amici «sgambetto» del Fisco

di Angelo Busani

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12 novembre 2007
Le regole per ottenere il Finanziamento

Quando si parla di mutuo il pensiero corre al prestito bancario e cioè al fatto che i soldi per comprare la casa provengano da una banca e che quindi le regole del rapporto di mutuo (civilistiche e fiscali) siano quelle proprie del mutuo bancario.
Nulla però impedisce (anche se è abbastanza infrequente, specie per gli svantaggi fiscali) che i soldi non vengano prestati da una banca:tralasciando il caso patologico dei soldi dati in prestito da un delinquente che specula sul bisogno altrui (e cioè dall'usuraio) si può invece più bonariamente far riferimento al prestito concesso da un parente o da un amico. Questa situazione può verificarsi essenzialmente in due casi.
Il primo è quello del mutuatario che non riesce ad avere ascolto in banca: si pensi a chi già beneficia di finanziamenti di entità tale da non rendere più possibile il suo accesso al credito bancario oppure a un soggetto di cui la banca non si fida perché ha subito protesti, fallimenti o altre vicende simili; in questo caso, probabilmente, costui sarà disposto, pur di avere il prestito, a pagare interessi superiori a quelli correnti sul mercato (e, viceversa, chi presta i soldi sarà invogliato a concedere il prestito per la maggiore remunerazione che l'impiego del suo denaro in tal caso avrebbe rispetto a un normale investimento in prodotti finanziari).
La seconda situazione in cui ci si può immaginare la stipula di un mutuo tra privati è quella di un rapporto di amicizia o familia-rità, tra chi presta i soldi e chi li riceve, talmente intenso da portare all'erogazione di un prestito a condizioni di assoluto favore rispetto a quelle che il mutuatario troverebbe sul mercato. In questo caso, la convenienza è tutta di chi riceve il prestito: costui ottiene il mutuo a un prezzo inferiore a quello che otterrebbe da una banca (oppure senza pagare alcun prezzo, nel caso in cui si immagini che il mutuante non intenda percepire interessi) poiché può beneficiare di una cortesia del mutuante talmente rilevante da ridurre o annullare il costo del denaro preso a prestito e quindi di un "sacrificio" che il mutuante accetta in nome del suo affetto verso il mutuatario.
In entrambi i casi, comunque, il problema da affrontare è quello delle garanzie da dare a chi presta i soldi circa la loro restituzione nei tempi e nei modi convenuti. Fidarsi, infatti, è bene, ma non fidarsi è meglio: e, in un contratto di lunga durata, come il mutuo, è assolutamente indispensabile non solo redigere il contratto in forma scritta (e quindi non fidarsi della parola del mutuatario circa il suo impegno alla restituzione del prestito) ma anche precostituirsi un paracadute nel caso in cui il mutuatario non rispetti i suoi impegni.
Al riguardo, si può pensare a una fideiussione (e cioè all'impegno di un soggetto, diverso dal mutuatario, che garantisca il mutuante di pagare il debito del mutuatario nel caso in cui questi non vi provveda) oppure a una ipoteca, e cioè alla stessa garanzia che normalmente caratterizza i mutui bancari: l'ipoteca consiste nel diritto del creditore di far vendere all'asta i beni ipotecati al fine di ricavare una somma con la quale soddisfare il credito non onorato dal debitore.
È comunque il Fisco che può rappresentare un ostacolo ai prestiti tra privati. I mutui bancari sono infatti agevolati dal fatto che, se durano oltre 18 mesi (in tal caso sono denominati «mutui a medio o lungo termine»), ogni imposta che normalmente sarebbe dovuta (e cioè le imposte di registro, ipotecaria e di bollo) è "assorbita" in un'unica imposta,detta appunto «imposta sostitutiva», dovuta di regola nella misura dello 0,25%, da calcolare sull'importo del mutuo erogato.
Invece, per i mutui concessi da un privato, si debbono pagare (oltre che un bollo per ogni quattro facciate del contratto di mutuo): a) l'imposta di registro nella misura del 3%sull'importo del capitale erogato (a meno che i contraenti intendano risparmiare violando l'obbligo di registrazione, ma con la conseguenza di pagare poi una sanzione se ad esempio vi sia una causa giudiziaria nella quale il contratto di mutuo debba essere esibito, come accade nel caso in cui il mutuatario non paghi le rate); b)l'imposta di registro nella misura dello 0,50% sull' importo della garanzia concessa ( ipoteca o fideiussione); c)l'imposta ipotecaria nella misura del 2% sull' importo della garanzia concessa).
Un altro svantaggio fiscale è quello dell'impossibilità per il mutuatario di detrarre dall'Irpef gli interessi passivi pagati al mutuante: questa possibilità è infatti prevista solo nel caso di mutui concessi da banche e per i quali sia stata iscritta ipoteca.
Infine, non va dimenticato che, così come la banca ha un reddito nel percepire gli interessi dal mutuatario (che concorre a formare il complessivo reddito d'impresa sul quale la banca stessa calcolerà le proprie imposte a fine esercizio), anche il privato che presta i soldi, e percepisca un interesse, con ciò consegue un reddito di capitale il quale (anche qui, a meno di ipotizzare un comportamento scorretto, e cioè di tacere tutto al Fisco) va esposto nella dichiarazione annuale dei redditi.

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