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SPECIALE ELEZIONI 2008
Fini: «Liberalizziamo i servizi locali. Subito sgravi sui salari»
di Alberto Oriloli

Gianfranco Fini (LaPresse)«Subito ossigeno fiscale a premi, incentivi aziendali, straordinari». A quella parte flessibile della busta paga che potrà alleviare la stretta delle tasse sugli stipendi. Gianfranco Fini (nel disegno), 56 anni, ex ministro degli Esteri e numero due del Pdl, annuncia una misura di pronto intervento per ridare fiato alla crescita. Per il resto «misure realistiche, graduali, niente miracoli». I tagli di spesa? Negli sprechi dello Stato, ma soprattutto nei bilanci delle Regioni. Liberalizzazioni subito, a partire dai servizi locali, anche forzando sulla Lega (che nel Governo precedente era contraria). Quanto al caso Alitalia significativa l'apertura verso Air France. Se il Pdl vincerà i francesi potranno contare sul via libera di Fini: «Per quanto mi riguarda, hanno garantito la difesa del brand, l'italianità della compagnia».

«La ripresa ci sarà, ma sarà lenta. Le politiche pubbliche potranno portare miglioramenti graduali. E sottolineo graduali». Anche Gianfranco Fini, 56 anni, ex ministro degli Esteri, leader di An e co-équipier del nuovo Popolo della libertà, non vende miracoli. «Staremo molto attenti ad approntare misure realistiche. A reperire coperture certe per le diverse azioni di politica economica. Nessuno ha intenzione di sfuggire ai vincoli dell'articolo 81 della Costituzione. So bene che l'azione di ogni singolo Paese non basta a far ripartire il Pil. Molto dipenderà dal contesto economico generale, dalle effettive disponibilità finanziarie. Ha ragione Tremonti quando dice che i Governi nazionali da soli non possono risolvere un problema che di fatto riguarda tutto il mondo occidentale».

Comunque se governerete dovrete fare delle scelte: soprattutto dovrete scegliere dove ridurre la spesa.
Per prima cosa serve qualità della spesa. Ci sono margini per ridurre sprechi e recuperare risparmi nei mille rivoli della spesa pubblica.

Padoa-Schioppa nella Relazione unificata spiega che finora ha pagato la politica dei tagli «umili», del controllo delle più minute uscite delle diverse amministrazioni. Continuerete?
Non è sbagliato, ma è noto che spesso la spesa pubblica finisce fuori controllo per le scelte degli Enti locali non dello Stato centrale. Basti pensare a ciò che accade con la sanità.

Quindi, faccia feroce con le Regioni?
Si tratterà di aprire consultazioni permanenti tra Stato ed Enti locali per dare vita a politiche unitarie. Si può fare molto aumentando il coordinamento. E soprattutto una buona intesa con gli Enti locali potrà consentire di smobilitare e mettere sul mercato una gran parte del patrimonio immobiliare pubblico. Con un'azione di demanializzazione e privatizzazione degli asset si potranno recuperare risorse ingenti: il debito italiano è di 1.500 miliardi, il patrimonio pubblico di 1.800.

Ma il mercato è sotto schiaffo per la crisi dei mutui ed è poco incline ad assorbire grandi stock immobiliari.
Vero. Non sarà un'operazione attuabile in tempi brevi. Ma bisogna cominciare. Nel caso, poi, di trasformazione degli affitti in mutui per gli inquilini delle case di proprietà pubblica il problema del mercato non c'è. Le case vengono vendute a chi già le abita con piani di acquisto a 20 o 30 anni: lo Stato azzera i costi di gestione e incassa.

Questo piano esisteva già, ma ha avuto molti problemi di applicazione operativa...
Ci vorrà un nuovo accordo con tutti gli attori coinvolti.

Il tema crescita si coniuga con il tema produttività. Come si rilancia?
Con la leva fiscale. Dando innanzitutto una boccata d'ossigeno a premi, incentivi, straordinari abbassando il carico delle tasse su queste forme di remunerazione. Credo vada fatto subito, anche prima di pensare ad alleviare il carico fiscale sul salario di secondo livello contrattato in azienda. Sui livelli contrattuali poi c'è in corso la trattativa tra le parti.

Lei che idea si è fatto sul superamento dell'accordo del luglio '93 in tema di contrattazione?
Che deve aiutare ad aumentare il potere d'acquisto dei salari. Innanzitutto modulando diversamente la durata dei contratti. Per me devono tornare ad essere triennali e, soprattutto nel pubblico impiego, vanno rinnovati con tempestività.

A proposito di pubblico impiego. Rifarebbe l'accordo cosiddetto "della lavanderia" quello con cui lei – con Pezzotta – fece lievitare i salari pubblici oltre le compatibilità?
Era un contratto giusto: lo definirono generoso. Non era al di fuori delle compatibilità: il potere d'acquisto dei pubblici dipendenti era stato colpito di più rispetto ad altri lavoratori. Semmai il problema di quel patto è un altro: è rimasta disattesa – per responsabilità sindacale – la parte relativa all'aumento di produttività e di mobilità nel settore.

Insomma, sono rimasti i fannulloni di cui parla Ichino.
La polemica contro i fannulloni a volte è giustificata. Non si risolve però con gli anatemi ma semplicemente legando la busta paga alla produttività e al merito. È questo che va fatto: si recuperano risorse e aumenta la produttività.

Fisco. Tremonti dice: mai più condoni. Conferma?
Confermo. Il condono ha un aspetto indubbiamente positivo per la cassa, ma è diseducativo per il contribuente. Da oggi basta. Invece arriveremo a far pagare l'Iva per cassa, solo quando si incassano effettivamente le fatture e non al semplice atto di emissione. Questo lascerà a molte piccole imprese una forte liquidità e potrà avere un effetto sui consumi.

Sui consumi hanno effetto anche le liberalizzazioni. Le farà anche il Pdl?
Partiremo dal primo anello, quello che il Governo Prodi e le lenzuolate di Bersani non hanno toccato, ma che è il più rilevante: i servizi locali.

Ma, anche nel precedente Governo Berlusconi, era la Lega a non voler affrontare il tema municipalizzate.
È vero. Occorrerà esercitare un'azione di convincimento e qualora non dovesse andare a buon fine chiedere il rispetto puntuale del programma. Lì queste cose sono nero su bianco.

Bersani però qualche "santuario" l'ha toccato...
Da sempre polemizziamo con le lenzuolate non perché siamo statalisti, ma perché Bersani ha avuto un approccio classista – anche se lo nega – e anziché liberalizzare i servizi locali, si è preoccupato del lunedì dei barbieri, dei farmaci da banco, dei panettieri, dei tassisti.

È per questo che avete candidato Bittarelli, il leader dei tassisti romani contrari all'aumento delle licenze? Un'icona anti-Bersani e anti-Veltroni?
È la candidatura di un lavoratore come altri: ci vuole una bella faccia tosta a sostenere che i tassisti siano affamatori del popolo o capitalisti sfruttatori. Non è un caso che Bittarelli oggi sia sostenuto con grande convinzione anche da chi votava a sinistra. Eppoi bisogna chiarirsi: a cosa servono le liberalizzazioni? A migliorare la qualità e a ridurre i costi per i consumatori. Le liberalizzazioni che aumentano le licenze e alla fine aumentano anche le tariffe, che liberalizzazioni sono?

Casini venderebbe subito la quota restante di Eni, Enel e Finmeccanica. Lei?
Quando si parla di privatizzazioni non deve essere solo la cassa a determinare le scelte. Ci deve essere anche una valutazione dell'interesse nazionale. Abbiamo una dipendenza energetica dall'esterno per il 90%. Si rischierebbe di consegnare le "chiavi di casa" a Paesi stranieri con democrazie molto fragili e ancora preda di turbolenze politiche. Eppoi stiamo parlando di società a capitale largamente pubblico ma competitive sui mercati internazionali, non sono aziende decotte.

Per l'Alitalia è diverso. Air France sembra disponibile a garantire il diritto di veto ai consiglieri italiani. Attende l'ok del prossimo Governo (che potrebbe essere il vostro). Che ne pensa?
È una ulteriore dimostrazione della dichiarata volontà dei francesi di non cancellare quella che impropriamente si definisce "compagnia di bandiera". È un riconoscimento esplicito al brand e al tricolore italiano. Il mio punto di vista è che una volta garantita questa "italianità" – chiamiamola così tra mille virgolette - che poi è la livrea sulla coda degli aeromobili, si può considerare soddisfatta l'esigenza di avere una compagnia riconoscibile, esigenza primaria per un Paese a vocazione turistica e dedicato all'export come l'Italia. Non è necessario che il capitale di una società di questo genere sia a maggioranza nazionale e men che meno pubblico. Ciò che conta è la serietà del piano industriale: non mi pare che i francesi abbiano fatto scomparire la Klm o fatto venire meno la nazionalità del vettore olandese. Ripeto: contano gli investimenti, i capitali disponibili e le ricadute sull'occupazione.

Dunque non è un fan di AirOne.
L'errore compiuto finora nelle gestione della vendita Alitalia è di avere trattato le cordate come se fossero squadre di calcio, cose – appunto – da fan. Qui conta solo che un'offerta è migliore dell'altra.

Che effetto le fa, a lei che viene dalla cultura della destra, la concorrenza che Storace e la Santanchè vi fanno nell'attaccare le banche?
Constato che c'è un approccio ideologico un po' datato: come dire che si è fermi a Ezra Pound, alle banche come sinonimo di usura. Ma chi oggi è prigioniero di questa visione è elemento marginale della politica italiana. Ora ciò che conta in rapporto alle banche è verificare la loro dimensione nel mercato mondiale e il grado di effettiva concorrenza sul mercato interno, cosa che – a volte – non c'è perché ci sono comportamenti evidenti di cartello.

C'è chi dice che questo atteggiamento è dovuto al fatto che la sua parte politica non è mai riuscita a entrare nei salotti buoni della finanza.
Semmai il tema è che tutta la politica deve uscire da quei salotti e abbandonare gli intrecci con gli affari. Parliamoci chiaro: quando si parla di costi della politica ci si può limitare alla facciata della riduzione dei parlamentari e al ruolo abnorme della casta. Ma il vero nodo è l'intelaiatura di nomine e scelte su enti, consorzi e soggetti i più vari che rende pervasiva la politica e i suoi costi indotti. E penso anche al peso che i partiti hanno nelle fondazioni bancarie. Del resto anche le inchieste giudiziarie ci hanno fatto capire che se i partiti hanno un ruolo nelle istituzioni creditizie poi l'erogazione del credito non è fatta secondo criteri di mercato. Insomma, non dico che i partiti debbano rinunciare all'esercizio della loro responsabilità sulle scelte, ad esempio, sul piano sanitario nazionale, ma dico che non devono decidere i responsabili delle Asl o i direttori degli ospedali.

Toccherà al nuovo Governo fare le nomine delle società pubbliche.
È stata una scelta saggia condivisa anche da Prodi. Evidentemente non è stato possibile fare diversamente.

Pesa l'inchiesta su Sawiris che coinvolge alcuni manager oggetto di rinnovo?
Credo che l'unico criterio di valutazione del management in scadenza siano i risultati delle loro aziende. Sarebbe profondamente sbagliato fare delle scelte su ipotesi o trattare i diversi personaggi per presunte appartenenze politiche.

A proposito di appartenenze politiche. Anche Sarmi, numero uno delle Poste, è in scadenza. Viene sempre accreditato come manager vicino ad An.
È un mio amico personale. Spero di poter continuare a coltivare amicizie senza che questo si traduca per loro in un'appartenenza partitica. Ma se c'è un ente la cui gestione è scevra da qualsiasi colleganza con la politica queste sono proprio le Poste. Tra l'altro l'attuale e la precedente gestione hanno dimostrato che un ente pubblico può essere sinonimo di efficienza. Non è un mistero che lo stesso amministratore ritenga che siano maturi i tempi per mettere sul mercato alcuni settori di business.

Che effetto le ha fatto sentire che Antonio D'Amato, ex presidente di Confindustria, ha rifiutato la candidatura nel Pdl perché non c'è vera volontà riformista?
Poteva trovare una giustificazione più credibile a fronte della sua scelta di non assumere responsabilità politiche per restare un imprenditore di successo.

Veltroni setaccia il Nord-Est. Teme perdite di consensi?
Appare fin troppo evidente che la sua posizione non ha nulla di originale. Non è sbagliata, ma propone cose che noi diciamo da 10-15 anni. Che il datore di lavoro non è un padrone ma magari un ex operaio che si è messo in proprio e lavora sodo. Che non ha senso il conflitto di classe. Gli italiani non sono così sprovveduti da non saper riconoscere l'originale dalla fotocopia.

I sondaggi dicono che gli operai a basso reddito sono con il centro-destra, il pubblico impiego con il Pd. Perché?
I blocchi sociali di riferimento sono sempre meno granitici e, con tutto il rispetto dei sondaggi, non sono convintissimo di questa divisione così netta. Credo che con la sinistra (e con il sindacato) sia andata quella parte di pubblico impiego refrattaria ai concetti di produttività e mobilità di cui parlavo prima. Nostro compito è far capire a questo mondo che l'idea del "lavori meglio e guadagni di più" conviene anche a loro.

Epifani ha fatto capire che, con un Governo di centro-destra, potrebbe portare la Cgil sull'Aventino.
Io credo che il pregiudizio anti-dialogo non sia neppure nell'interesse della Cgil. Mi sembra campagna elettorale, non ancora una strategia.

Nel Pdl c'è la Lega Nord e la Lega Sud. Non teme un conflitto di opposti egoismi locali, un federalismo paradossale?
Se prevalgono gli interessi di tipo egoistico – come li definisce lei –, di un federalismo para-secessionista, allora ha senso avere timore. Ma l'esperienza di Governo del centro-destra dimostra che la Lega ha lavorato in pieno accordo con noi e non ha mai messo in dubbio l'unità nazionale. Un federalismo solidale e unitario è possibile: certo, bisogna discutere seriamente del federalismo fiscale e separare di nuovo le materie esclusive dello Stato da quelle regionali limitando al massimo la legislazione concorrente. Ha davvero senso che la competenza dell'energia sia regionale quando oggi un black out ad Hannover magari manda in tilt la Calabria?




15 marzo 2008

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