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SPECIALE ELEZIONI 2008
Pellegrino Capaldo: «Perché va attaccata la rendita fondiaria»
di Paolo Madron

Pellegrino Capaldo (Imagoeconomica)La politica è un amore che non si dimentica. E spesso ritorna. Come adesso che il bipartitismo lascia inusitati spazi a quanti non credono a fusioni che azzerando il passato fanno nascere a freddo nuove aggregazioni pret à porter. Pellegrino Capaldo è uno di quelli. Per questo, lui che è schivo e preferisce stare dietro le quinte, stavolta ha deciso di impegnarsi in prima persona a promuovere la Rosa Bianca, un nome destinato a sparire nella confluenza centrista che darà origine alla costituente dove si ritroveranno alcune anime di vecchia matrice democristiana. Oltre a Capaldo, Savino Pezzotta, due transfughi illustri dell'Udc, Baccini e Tabacci, che usciti dal partito perché non volevano più l'alleanza con Berlusconi ora quel partito se lo ritrovano sotto nuove insegne, dopo che lo stesso Casini ha consumato il divorzio dal Cavaliere. 68 anni, professore ordinario alla Sapienza di economia aziendale, consulente di molti gruppi industriali e finanziari, animatore nell'ombra di alcune istituzioni non profit, Capaldo è stato presidente della Banca di Roma. Questa che segue è la sua prima intervista squisitamente politica.

E così professore anche lei ha ceduto al fascino della politica?
Me ne sono sempre interessato. Impossibile non farlo se uno sente l'obbligo dell'impegno civile. Però non mi candido, continuo a fare il mio lavoro.

Stavolta però è diverso. La Rosa Bianca è un partito.
La genesi è complessa. Dopo il Family day, con Savino Pezzotta abbiamo dato vita a Officina 2007, che è un movimento, non un partito. Vogliamo lavorare per una buona politica, per proposte improntate a una cosa che si sta perdendo: il buonsenso.

A suo tempo si è persa anche la Dc. La Rosa Bianca è un tentativo, diciamo un inizio, per ritrovarla?
Lasciamo stare la Dc. Il punto di partenza è che questo bipolarismo ha mostrato tutti i suoi limiti; è diventato una gara a chi promette di più. E poi l'impostazione leaderistica non funziona. Pensare che ci sia un signore il quale al tempo stesso riesce a convincere gli elettori a farsi votare e a governare bene, è un po' astratto. Ci possono essere persone bravissime a prendere voti ma che non sanno governare, e viceversa. Bisogna tornare a partiti che abbiano un gruppo dirigente composto di persone intercambiabili che all'occorrenza siano in grado di svolgere vari ruoli.

Se non della Dc, c'è nostalgia di Prima repubblica.
Nostalgia di un contesto politico nel quale il Parlamento aveva una centralità che oggi esiste solo sulla carta. È un'illusione pensare che si possa governare in virtù di un premio di maggioranza senza un largo consenso del Paese.

Perché il matrimonio con l'Udc?
Perché ci ispiriamo agli stessi valori di fondo. In verità quando è nata Officina 2007 si pensava che le elezioni sarebbero state nel 2009. Invece tutto è precipitato.

Con la diaspora di Casini?
Prima il distacco di Tabacci e Baccini. Quando è nata la Rosa Bianca l'Udc era ancora con Berlusconi, Casini non aveva ancora consumato lo strappo.

Una mossa che vi ha complicato la vita?
Sì e no, ci ha messo davanti a una scelta che non pensavamo di dover fare subito. In ogni caso si aprono grandi opportunità per costruire una terza forza di cui il Paese ha bisogno.

Con questa legge elettorale che tutti criticano?
Noi siamo per il proporzionale con sbarramento. Purtroppo l'attuale sistema elettorale è diverso e con esso dobbiamo fare i conti.

Un partito nuovo che guarda al vecchio. Se no perché candidare De Mita?
De Mita è uno spirito giovane e può dare ancora grandi contributi.

Si può contribuire anche stando fuori dal Parlamento?
È vero. Ma in questa fase della nostra vita politica un uomo come De Mita può essere molto utile in Parlamento.

La colpisce che in questa campagna elettorale le questioni etiche dividano più dei temi economici?
Non mi sorprende. I temi economici dividono poco perché Pd e Pdl dicono più o meno le stesse cose. E almeno per ora dicono cose generiche ed in molti casi irrealistiche.

E l'etica?
Divide di più perché le varie questioni vengono affrontate su un piano astratto, ideologico. In fondo si scontrano dei preconcetti.

A proposito di preconcetti. Cosa pensa della lista Ferrara?
Forse non è opportuna ma la sua posizione è razionale quando dice: non si può essere contro la pena di morte e poi ammazzare dei nascituri.

Mi dice qualche linea guida della vostra politica economica?
Più spazio al cittadino, ora schiacciato tra lo Stato e il Mercato.

Questo una volta si chiamava volontariato...
Molto di più. C'è tutta l'area del non profit; occorre promuovere l'iniziativa privata in campo sociale. Occorre riscoprire il valore della mutualità anche di fronte a problemi fondamentali come i servizi sociali, la salute, la disabilità.

E il fisco che tutti vogliono alleggerire?
Distinguiamo tra imprese e persone fisiche. Sulle prime dobbiamo cercare di ridurre le tasse, sulle persone fisiche non vi possono essere riduzioni generalizzate. Occorre concentrare gli sforzi sui redditi più bassi. L'area della povertà si va pericolosamente allargando nel nostro Paese. Bisogna affrontarla con decisione. In molti casi non basta ridurre le imposte, bisogna dare sussidi. Ecco, sarebbe bene che le due maggiori forze politiche non creassero l'aspettativa di una generalizzata riduzione delle imposte. Per ora non è possibile.

Lei tasserebbe di più le rendite finanziarie?
Io comincerei dalla rendita fondiaria che ha raggiunto livelli scandalosi. I prezzi delle case e degli affitti, soprattutto nelle grandi città, risentono del fatto che la classe politica di destra e di sinistra non ha saputo o voluto affrontare questo problema. Negli ultimi 30-40 anni l'incidenza della casa è passata dal 25-30% al 60-70% della retribuzione media. Gli strumenti per contrastare questa rendita ci sono. Occorre solo il coraggio di utilizzarli.

E sull'impresa?
Si potrebbe cominciare da provvedimenti che non hanno un costo per l'erario. Mi riferisco a provvedimenti volti a semplificare i tanti adempimenti che oggi incombono sull'impresa ed a snellire le tante procedure in molti casi farraginose ed oppressive. Pensiamo poi che si debba separare sempre di più la gestione dell'impresa dall'economia della famiglia spingendo le tante imprese individuali a darsi forme societarie snelle. La tassazione dovrebbe essere molto leggera finché il reddito resta nell'impresa.

Ha letto i dodici punti del programma Pd?
Sì, e sono perplesso. I punti in sé indicano correttamente problemi veri ma, almeno per ora, c'è poco o nulla su come affrontarli concretamente.

Su Alitalia è francese o nazionalista?
Io sono tra coloro che pensano che il nostro Paese, per lo sviluppo che prima o poi dovrà dare al settore turistico, non possa non avere una grande compagnia di bandiera.

È ancora dell'idea che i parametri di Maastricht siano una palla al piede dello sviluppo?
Bisogna essere chiari. L'ingresso in Europa è stata una grande fortuna per l'Italia. Dobbiamo essere grati a chi guidò il Paese nel '96-'97. Quanto ai parametri credo che dopo dieci anni sarebbe opportuno – come dire? – interrogarsi serenamente e collegialmente sulla loro congruità.

Un cavallo di battaglia della Rosa Bianca, penso alle polemiche di Tabacci sul tema, è l'invadenza dei poteri forti.
Lei li vede davvero forti questi poteri forti?

Le banche, per esempio.
È un discorso lungo. Il nostro vero problema è che non riusciamo a trasformare una parte adeguata del nostro risparmio in capitale di rischio. Questo finisce per far dipendere troppo il sistema economico dalle banche e per dare ad esse un potere sproporzionato che non sempre riescono a gestire con il necessario equilibrio.

Visto che parliamo di banche, le sono piaciuti questi due anni di Bankitalia gestione Draghi?
Draghi ha avuto il grande merito di ridare ad una importante istituzione italiana il prestigio che per un insieme sfortunato di ragioni aveva smarrito. E di questo gli dobbiamo essere grati. Per il resto non mi sono ancora fatto un'opinione.

Con lui però sono avvenute le due più grandi fusioni bancarie della storia italiana.
Non vedo solo luci nelle fusioni a cui si riferisce. L'Italia ha un tessuto economico fatto di piccole e medie imprese. Ed allora è inevitabile la domanda: servono proprio questi colossi bancari?

Se si traducono in vantaggi per la clientela sì.
Già. Per ora però questi vantaggi non si vedono né per le imprese né per le famiglie. In Italia abbiamo il problema della tutela del piccolo risparmio, giustamente protetto dalla Costituzione. In questa materia si è fatto ben poco. I cosiddetti prodotti finanziari, di cui tanto si parla, sembrano costruiti avendo l'occhio rivolto più ai conti economici delle banche che all'interesse dei risparmiatori.

Chi vincerà le elezioni?
Alla Camera, dove c'è un meccanismo elettorale che impone un vincitore, il Pdl appare favorito. Ma al Senato la partita è tutta da giocare.

paolo.madron@ilsole24ore.com




1 marzo 2008

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