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| SPECIALE ELEZIONI 2008 | |
| Le brutte liste dei partiti sono figlie del «porcellum»
di Guido Compagna
Su un punto la gran parte dei commentatori politici sono d'accordo: le liste elettorali presentate dai diversi schieramenti sono un po' peggio che modeste. E visto che più che a candidature siamo di fronte a nomine, perchè non è consentito all'elettore neanche il voto di preferenza, è chiaro che il prossimo Parlamento non brillerà nè per competenza, nè per rappresentanza territoriale, nè per cultura politica. Il criterio prevalente con il quale sono stati scelti i futuri parlamentari, come ha osservato efficacemente Stefano Folli su "Il Sole 24 ore", è infatti quello della fedeltà al capo.
Tutto questo è certamente responsabilità di chi ha fatto le liste (un gruppo ristrettissimo di capi partito degli opposti schieramenti). Ma è soprattutto effetto di un assurdo e antidemocratico sistema elettorale: il cosiddetto «porcellum». Il quale, oltre a non garantire a chi vince (almeno al Senato) la certezza di avere una maggioranza per governare, affida (escludendo il voto popolare sui singoli candidati) ai capipartito la possibilità di decidere, prima delle elezioni, chi entrerà in Parlamento e chi no.
Questo sistema si riflette sul modo con il quale i gruppi dirigenti delle forze politiche fanno le loro designazioni. Prima di tutto viene la fedeltà al capo. In secondo luogo si cerca qualche nome di richiamo, perchè così si dovrebbe rappresentare la società civile. Ecco quindi i candidati di categoria: manager, sindacalisti, imprenditori, gente di spettacolo (soprattutto Tv), tassisti che si aggiungono ai portaborse e fedelissimi dei capi. Il risultato è che le liste presentate sono una via di mezzo tra un'assemblea di funzionari di partito e la vecchia Camera dei fasci e delle corporazioni. Sempre più urgente è cambiare il sistema elettorale. Ma lo saprà fare un Parlamento eletto grazie al «porcellum»? | |
| 11 marzo 2008 | |
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