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SPECIALE ELEZIONI 2008
Sanità, conti migliori e fumose promesse
di Roberto Turno



Le ultime virgole le stanno limando in queste ore. Ma ormai non sembrano esserci dubbi: il "metodo Padoa-Schioppa" applicato alla spesa sanitaria sta funzionando, eccome. Tanto che, assolutamente a sorpresa, per la prima volta nella storia del nostro Paese, lo scorso anno i conti di Asl e ospedali hanno retto l'onda d'urto degli sprechi e sono andati meglio del previsto. I bilanci 2007 del Servizio sanitario nazionale confermerebbero infatti le previsioni – un fatto già in sé storico – e anzi la spesa, non solo s'è fermata, ma addirittura ha rallentato.
Rispetto alle stime di settembre della previsionale, la spesa sanitaria si sarebbe fermata a 102,4 miliardi: 1,2 in meno del previsto. E ancora: la crescita è stata solo dello 0,8%, contro il 6,3% annuo del 2001-2006. Meno del Pil e dell'inflazione, con un rapporto sul Prodotto interno lordo del 6,7% (nel 2006 era stato del 6,9).
Che Asl e ospedali regalino un nuovo tesoretto ai conti pubblici? L'entusiasmo, tanto più in questo delicato crinale preelettorale, sarebbe fuori luogo. Una cosa è infatti essere riusciti a mettere al guinzaglio, almeno per una volta, uno dei principali fattori critici della spesa pubblica, in Italia come in tutto l'Occidente industrializzato. Altro è poter vantare un successo solido e duraturo in un settore in cui troppi fattori (invecchiamento della popolazione, maggiore domanda di cure, costi delle prestazioni, rinnovo delle tecnologie) richiedono un difficile mix di attenzione e di politiche mirate. Oltre che, naturalmente, un altissimo livello di guardia e di lotta a sprechi e imbrogli.
È evidente che i «Patti» stretti in questi anni da Padoa-Schioppa e Livia Turco con le Regioni – il famoso «chi rompe paga», inaugurato nel 2001 da Tremonti – hanno avuto un primo salutare effetto. Non essere tornati indietro dal far pagare le "penali" ai governatori in cronico disavanzo – le addizionali Irpef e Irap, a carico di contribuenti e imprese – ha messo le Regioni davanti all'obbligo di assumersi le proprie responsabilità. Il pericolo di dover pagare anche un prezzo politico davanti ai propri elettori e di non poter più chiedere ripiani a piè di lista dallo Stato-mamma, sembra funzionare. Almeno per adesso.
A maggior ragione, però, questo è il momento di non abbassare la guardia. Che, anzi, va tenuta sempre più alta. E non solo perché i discriminanti di salute e i livelli di offerta delle prestazioni ci dicono che la "questione Sud" si fa sempre più grave, come ha testimoniato il recentissimo rapporto dell'Università Cattolica di Roma. I fattori critici della spesa sanitaria sono sempre lì, i piani di rientro restano un'incognita.
Per questo la politica ha il dovere di fare per intero la sua parte. Di "metterci la faccia", tanto più sotto elezioni. Di dire chiaramente cosa vuol fare, e come, per garantire l'universalità del Ssn. Proprio quello che, invece, i programmi dei partiti non sembrano fare. O non abbastanza.
Purtroppo, invece, i segnali ufficiali che arrivano dai partiti e dalle coalizioni (quelle poche, in pratica finora solo il Pd) non danno affatto risposte concrete. Generiche promesse, quelle sì. Perché non basta dire che «i partiti faranno un passo indietro» dalla gestione di Asl, ospedali nomine e spartizioni del bottino di una torta che, spesa privata inclusa, supera i 130 miliardi l'anno: va detto con certezza come e quando e fino a che punto. Va detto senza sotterfugi come evitare a un'impresa di dover aspettare anni e anni il rimborso delle fatture. Va chiarito il meccanismo infido di un federalismo che non garantisce abbastanza e non assicura tutti e allo stesso modo. Va garantito che i piani di rientro delle Regioni in rosso non possono restare esercizi sulla carta, ma devono diventare sostanza, polpa vera del rilancio e del risanamento. Altrimenti, il passo del commissariamento diventa davvero realtà, non una semplice minaccia. E va chiarito senza inganni che dalle penalizzazioni promesse – e proprio ieri cancellate in Parlamento con un colpo di spugna dal "milleproroghe" – non si torna indietro.
I rischi di spese sanitarie fuori controllo sono infatti sempre in agguato. E le tentazioni crescono. Come avvenuto ancora una volta, e sempre col "milleproroghe", con i 250 milioni elargiti per l'ennesima volta al mitico (si fa per dire) Policlinico Umberto I di Roma: serviranno a chiudere il 90% di antichi debiti in sospeso con i suoi fornitori. E ben venga. Ma siamo sicuri che tra qualche anno l'Umberto I non sia ancora lì a batter cassa? E che, piuttosto, non servano altri e ben più consistenti rimedi che non i soliti colpetti di spugna?




28 febbraio 2008

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