di Marco Alfieri
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| SPECIALE ELEZIONI 2008 | |
| Veltroni: «Con noi riforme, Pdl inadatto»
di Marco Alfieri
«Il Pdl è superato, e il Paese ha bisogno di voltare pagina, di serenità». E invece Berlusconi «tutti i giorni attacca tutte le istituzioni», di cui «non si può parlare come se fosse calcio-mercato»; «riversa odio sugli avversari, parla di brogli, attacca il presidente della Repubblica». E poi «nega la possibilità di avere ciò che sarebbe naturale, una dialettica tra maggioranza e opposizione. Per quanto mi riguarda, però, non ho cambiato posizione. Chi vince governa, nessun inciucio, nessuna larga coalizione». Poi la conferma: in caso di vittoria del Pd, una Camera andrà all'opposizione.
Futuro contro passato, insomma, nell'iconografia veltroniana affidata ai microfoni del Tg1. Perché in fondo «vince chi rischia». E dirlo da Milano per il leader del Pd possiede evidentemente tutto un altro sapore. Così come hanno rischiato quelle centomila persone che hanno sfidato la pioggia pur di vedere Walter Veltroni, che in una piazza Duomo gremita ha riassunto un mese e passa di giro d'Italia. «Perché Milano è l'Italia e l'Italia è Milano, come ha dimostrato l'Expo», ha ripetuto Veltroni in un'atmosfera diversa, almeno per il popolo di sinistra, colorata, quasi divertita. "Ghe la femm", recitava un manifesto lucido di acqua. E davvero le bandiere tricolori, l'inno di Mameli e il dialetto sono stati il compendio ad un Pd che si è riappropriato di una piazza Duomo per troppi anni troppo grande. «Cuore di Milano, città dell'impresa e della modernità italiane. Metafora di un paese che può e deve cambiare e che solo con noi può fare le riforme di cui ha bisogno».
Poi, per ogni parola chiave della sua campagna Veltroni cita e ringrazia un testimonial con lui sul palco a fargli da corona. Parla di impresa, di crescita del Pil come chiave fondamentale per ripartire e cita Matteo Colaninno. Parla di lavoro e cita Pietro Ichino «che lavora da anni per coniugare flessibilità e lavoro». Con una chiosa importante: «Sono tra quelli - dice - che non pensano che si possa attribuire la responsabilità della precarizzazione della vita delle persone alla legge Biagi. Anzi. Si tratta di una normativa che ha disciplinato la flessibilità». Parla di giovani e cita il venture capital «che esiste in Francia ma non da noi». Parla di ricerca e ovviamente cita e ringrazia Umberto Veronesi, approfittando per lanciare un duro monito: «Fuori la politica dagli ospedali. I medici bravi non hanno colore politico». Parla di legalità e cita D'Ambrosio, «che non è il prototipo di magistrato a cui bisogna fare il test di sanità mentale». Mentre in precedenza aveva citato Enzo Biagi «discriminato per le sue idee (sul palco ci sono le due figlie). Insomma «un' Italia che rischia e che vuol rompere le incrostazioni e un'Italia che viene dal passato. Che semina odio».
Una dicotomia che offre il destro a Veltroni per attaccare la Lega. «Fossi un suo elettore, e io ho rispetto per tutti gli elettori e per la loro buona fede, che da 20 anni tutti i lunedì si sente dire che la prossima settimana si fa la secessione, comincerei a insospettirmi. Per i leader leghisti infatti, la rivoluzione e la secessioni sono buoni il lunedì, l'assalto alle carogne romane è buonissimo il lunedì pomeriggio, ma il martedì troverete le loro auto blu in doppia fila davanti ai ristoranti della città tanto nemica». Applausi a non finire. Chiudendo poi il comizio con alcune proposte fatte apposta per provar a sedurre una platea nordista il cui potere d'acquisto è roso dal carovita («utilizzeremo l'extragettito per migliorare salari e pensioni») e stanca di sovvenzionare spesa pubblica improduttiva: «Ridurre gli sprechi si può». | |
| 11 aprile 2008 | |
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