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Ultima chiamata per una legge contraddittoria e piena di insidie

di Stefano Folli

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Su un punto sono d'accordo quasi tutti. Quelle del 13 aprile saranno le ultime elezioni in cui si voterà con la legge Calderoli. Modificarla è più che un dovere per le forze politiche: è una necessità. Troppe le contraddizioni e le incongruenze. Una è stata sanata grazie alla volontà dei leader di partito, che si è dimostrata più forte della lettera della legge. Si diceva che il «porcellum» imponesse coalizioni larghe, sempre più larghe: fino a includere tutti, compresi gli estremisti. È stata la dannazione dell'Unione e del governo Prodi. Ma prima Veltroni e poi Berlusconi hanno dimostrato che era possibile seguire un'altra via.
Il Partito Democratico alleato al solo Di Pietro e il Popolo delle Libertà legato alla Lega rappresentano una novità politica consistente. Rischiano entrambi, perché al Senato sarà difficile conquistare una maggioranza stabile senza l'apporto dei vecchi alleati del 2006. Ma è questo il dato che emerge: per la prima volta il bipolarismo imperfetto evolve verso un tendenziale «bipartitismo» (Pdl contro Pd) radicato intorno a due leader forti, Berlusconi e Veltroni. S'intende, anche questo bipartitismo è pieno di lacune e – secondo alcuni sondaggi – piace solo al 60 per cento degli italiani. Ma forse la strada è tracciata verso una Seconda Repubblica meno farraginosa e ingessata di quella che abbiamo sperimentato nei lunghi anni della transizione.
Gli altri due gravissimi limiti della legge Calderoli riguardano invece aspetti che non sono aggirabili con una mossa politica. Il primo è la mancanza delle preferenze, che spezza il rapporto fra elettore ed eletto e riempie il Parlamento di deputati e senatori «nominati» dalle segreterie dei partiti. Si dirà che in passato le preferenze erano fonte di corruttela. È così, ma il rimedio, si potrebbe dire, è peggiore del male. Un messaggio preciso per il prossimo legislatore.
L'altro aspetto negativo è il premio di maggioranza regionale, che rende aleatorio il risultato del Senato: oggi come due anni fa. E anche qui ci si attende un'iniziativa del nuovo Parlamento. È chiaro però che la legge elettorale è solo un tassello del rinnovamento atteso. Quando si parla – e giustamente – di fase costituente, ci si riferisce all'insieme delle riforme costituzionali e ordinarie. I poteri del premier, l'equilibrio fra l'esecutivo e le Camere, l'assetto federale: accanto ai temi economici, saranno queste le priorità del dopo 13 aprile. La modifica di una legge elettorale sbagliata è indispensabile, ma sarà solo un passaggio di un ampio lavoro di architettura.

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