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Contro la frammentazione previsti quattro sbarramenti

di Franco Colasanti

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A cancellarlo dalla legislazione nazionale non sono bastati due anni di continui assalti e insistiti tentativi: così, anche per il voto del 13 aprile sarà ancora una volta "porcellum". Ancora una volta con la speranza (non troppa) che le urne riescano a produrre un risultato elettorale certo e inequivoco.
Perché è tutt'altro che simpaticamente affettuoso quel soprannome attribuito al sistema elettorale confezionato in fretta e furia dal centrodestra in coda alla scorsa legislatura. Un sistema definito «una porcata» dal suo stesso inventore e tutto made in Italy, ma solo nel senso che il mix di elementi che lo caratterizza non trova riscontro in nessun'altra democrazia consolidata: assegnazione del 100% dei seggi con formula proporzionale e attribuzione d'un premio di maggioranza al primo in classifica (lista singola o coalizione di liste).
Si vota in un solo turno e per una sola lista (che è «bloccata» e va perciò presa così com'è, senza preferenze). Ma sono soprattutto il metodo proporzionale e il premio di governabilità gli elementi utilizzati dalla riforma del dicembre 2005 per comporre il meccanismo destinato a provvedere alla trasformazione dei voti (molti milioni) in seggi (meno di mille), nelle misure stabilite dalla Costituzione per la formazione della Camera e del Senato.

Il metodo proporzionale, cancellato dai referendum degli anni '90, realizza per definizione una vera e propria fotografia degli orientamenti politici dell'elettorato, che vengono poi fedelmente riprodotti in piccolo sulla base di una scala commisurata alla dimensione delle due Assemblee da eleggere. Esattamente come fa il geografo quando riporta sulla mappa i dati d'una porzione di territorio. Ma mentre per la scienza la fedeltà della riproduzione è un valore assoluto, per la politica la troppo scrupolosa esattezza rischia di far danni e creare incongruenze. Come la frammentazione della rappresentanza in una miriade di partiti e partitini che possono rendere difficile, o addirittura impossibile, la formazione d'una maggioranza in grado di governare il Paese.
Per evitare questo risultato, la nuova legge elettorale affianca al calcolo proporzionale un articolato sistema di sbarramenti destinati a correggere proprio le conseguenze d'una pura e semplice ripartizione dei seggi che guardi solo alle proporzioni delle diverse liste in gara. Al calcolo proporzionale la riforma del 2005 sovrappone poi il dispositivo del premio di maggioranza, teoricamente destinato a propiziare con opportuni aggiustamenti la formazione d'una maggioranza ampia quanto basta per sottrarla ai possibili colpi di mano e alle eventuali incursioni dell'opposizione.
Alla Camera il premio spetta alla coalizione di liste o alla singola lista, che abbia raggiunto il più alto numero di consensi: basta sommare i voti ottenuti nelle 26 circoscrizioni in cui è diviso il territorio nazionale, escludendo dal conteggio i voti degli elettori della Val d'Aosta e quelli degli italiani all'estero. Il vincente si aggiudica automaticamente 340 seggi, pari al 54% dei 630 scranni che compongono l'Assemblea di Montecitorio. Che gli vengono però attribuiti soltanto nel caso in cui non sia riuscito a raggiungere o a superare con la sola forza dei suoi consensi la quota stabilita dalla norma. Perché in quest'ultima ipotesi il premio ovviamente non scatta. Le altre coalizioni e le singole liste perdenti si dividono fra loro proporzionalmente 277 seggi, mentre dei restanti 13 seggi, uno è riservato al candidato vincente nel collegio valdostano e 12 sono assegnati ai rappresentanti degli italiani all'estero.

Non tutti i concorrenti hanno però diritto alla ripartizione dei seggi, perché fra i voti e gli scranni la legge frappone alla Camera ben quattro diverse soglie di sbarramento. Che valgono sempre, sia che scatti sia che non scatti il premio di governabilità. Sono quindi ammesse alla suddivisione:
1) le coalizioni di liste che abbiano superato il 10% dei voti, purché fra le liste coalizzate ce ne sia almeno una che abbia scavalcato il 2%;
2) le liste singole non coalizzate che abbiano conseguito almeno il 4% dei voti;
3) le liste collegate all'interno d'una coalizione che abbiano raggiunto almeno il 2% dei voti validi;
4) per ciascuna delle coalizioni presenti nella scheda elettorale, la lista collegata che abbia conseguito il maggior numero di voti fra quelle che sono rimaste al di sotto dello sbarramento dei 2%.
Tutte le liste sono "bloccate", perché all'interno di ciascuna di esse i candidati vengono eletti soltanto sulla base dell'ordine di elencazione stabilito preliminarmente dai partiti. Sono però ammesse (e molto praticate) le candidature multiple, quelle che danno ai leader la possibilità di presentarsi al voto in tutte le circoscrizioni e quindi il diritto di nominare direttamente l'eletto attraverso il cosiddetto gioco delle opzioni.

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