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All'ordine del giorno la scelta dei due presidenti

di Franco Colasanti

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Martedì 29 aprile 2008: apertura ufficiale della XVI legislatura repubblicana con la prima riunione delle nuove Camere. La data di convocazione l'ha stabilita il decreto del presidente della Repubblica emanato contestualmente con la decisione di sciogliere il Parlamento a seguito delle dimissioni del Governo Prodi e del fallimento del tentativo del presidente del Senato, Franco Marini, di dar vita a un nuovo Esecutivo.
È l'unica data certa di un dopo elezioni ancor più incerto di sempre. Perché adombra la promessa d'una stagione politica all'insegna di un bipolarismo non più "feroce", e adeguato quindi ad avviare finalmente il processo delle riforme. Ma è un dopo voto che contiene anche la prospettiva d'un risultato ambiguo, incapace di costruire una maggioranza in grado di fronteggiare i problemi della governabilità.
A fine mese, a un paio di settimane dalle urne, si comincia comunque con l'insediamento del nuovo Parlamento secondo un calendario che è ovviamente ancora tutto da definire, ma le cui successive scadenze sono chiaramente indicate dalle norme della Costituzione e dei regolamenti parlamentari.
Definito l'assetto delle Camere, si apre la fase politica destinata a concludersi con la formazione del nuovo Governo, il sessantesimo della serie repubblicana. È una fase, quest'ultima, che si pone però al di fuori di qualsiasi possibilità di ragionevole previsione, anche perché il futuro premier indicato dagli elettori si troverà di fronte a un vincolo assolutamente inedito: 12 ministri e non più di 12, prescrive oggi la legge. Sarà più facile assemblare un Esecutivo formato ridotto? Forse no. Chissà?

Il nuovo Parlamento
Tre i punti all'ordine del giorno di Camera e Senato per la seduta del 29 aprile: costituzione dell'ufficio di presidenza provvisorio; costituzione della giunta provvisoria per la verifica dei poteri (vale a dire gli accertamenti relativi alla proclamazione a senatore o a deputato dei candidati che subentrano a chi opta per altre circoscrizioni); elezione dei rispettivi presidenti.
La scelta dei successori di Bertinotti e Marini rappresenta in realtà il primo passaggio veramente significativo della primavera politica 2008. Perché è il momento in cui i partiti dovranno decidere se confermare la prassi più recente, che attribuisce alla maggioranza ambedue le presidenze, o recuperare piuttosto la vecchia consuetudine dell'alternanza fra i due rami del Parlamento, come hanno peraltro promesso i leader di centrosinistra e di centrodestra.
Grazie a un regolamento più funzionale, anche con un risultato "in bilico" il Senato potrebbe chiudere alla svelta il momento dell'individuazione del suo presidente: dopo tre scrutini a maggioranza assoluta, a Palazzo Madama si procede infatti alla votazione risolutiva di ballottaggio fra i due candidati meglio piazzati al terzo tentativo.
Più gravoso il metodo seguito alla Camera, dove solo dal quarto scrutinio in poi l'elezione del presidente può avvenire a maggioranza assoluta. Ma anche se il voto è segreto, l'ampiezza dei numeri garantita a Montecitorio dal premio di governabilità dovrebbe mettere la maggioranza al riparo da qualsiasi sorpresa.
Entro due giorni alla Camera (tre al Senato) dalla prima seduta, ciascun parlamentare deve comunicare a quale gruppo politico intende iscriversi. E in tempi analogamente brevi, i due presidenti formalizzano la costituzione dei gruppi parlamentari e indicono l'elezione degli uffici di presidenza: 4 vicepresidenti, 3 questori, 8 segretari. I "vice" collaborano col presidente e lo sostituiscono in caso di assenza o impedimento; i questori si occupano, fra l'altro, dell'amministrazione; fra i compiti dei segretari è prevista la redazione del processo verbale.
A completare l'"organico" delle due Camere c'è infine la costituzione delle commissioni permanenti, un adempimento che per prassi viene però rimandato all'indomani della costituzione dell'Esecutivo.

Il nuovo Governo
È quindi la definizione dei gruppi parlamentari di Camera e Senato ad avviare la fase politicamente più impegnativa della nuova legislatura: quella che comincia con l'apertura al Quirinale delle "consultazioni" di rito ed è destinata a concludersi con la costituzione del Governo. Si tratta però di un'operazione che non può ovviamente prevedere tempi prestabiliti, che non siano quelli che suggeriscono le urgenze della politica.
Stando ai precedenti, il Capo dello Stato potrebbe mettersi al lavoro già nella prima settimana di maggio. Ma il tempo di gestazione del nuovo Esecutivo è del tutto imprevedibile. Una sola certezza: entro dieci giorni dalla sua formazione deve presentarsi alle Camere per la fiducia. Lo impone la Costituzione.

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