Se il compito degli elettori finirà con l'inserimento della scheda nell'urna, quello degli addetti al seggio proseguirà fino a notte fonda di lunedì. In alcuni casi, considerato che in diverse realtà si dovrà procedere allo spoglio dei voti delle politiche e delle amministrative, si tirerà avanti fino alla tarda mattinata di martedì.
Chiusi i seggi, presidente e scrutatori – sotto l'occhio vigile (e interessato) dei rappresentanti di lista – inizieranno la conta delle preferenze. Si inizierà con le schede del Senato: un certosino lavoro di vaglio delle scelte degli elettori e di confronto fra i risultati dello scrutinio e il numero delle persone che fra sabato e domenica si sono presentate al voto. I numeri devono quadrare. Anche una sola scheda di troppo (o di meno) costringe a ulteriori verifiche.
Tutto deve essere contestualmente verbalizzato e, una volta ultimate anche le operazioni di spoglio dei voti per la Camera, inviato all'ufficio elettorale circoscrizionale (o regionale, nel caso del Senato), al Comune e alla prefettura. Da quest'ultima i risultati partiranno poi alla volta di Roma, dove confluiranno nel cervellone del Viminale, che nel corso della maratona notturna continuerà a fornire gli aggiornamenti sull'andamento delle elezioni.
Prima ancora che affluiscano i primi risultati, i cittadini si saranno fatti un'idea del voto attraverso gli exit poll, i sondaggi effettuati all'uscita dai seggi. Si tratta tuttavia di proiezioni con ampi margini di errore, come l'esperienza di precedenti politiche ha insegnato. Vanno, pertanto, presi con tutte le cautele del caso.
Le operazioni elettorali saranno controllate anche da "occhi" stranieri: per la seconda volta saranno, infatti, presenti gli osservatori Osce, che alla fine dovranno redigere un rapporto in cui spiegare se il voto italiano è in linea con gli standard dell'Organizzazione.
La presenza degli uomini Osce non è necessariamente indice di criticità del nostro sistema elettorale, ma è il frutto di accordi internazionali sottoscritti dall'Italia. Con il Documento di Copenhagen, firmato nel 1990, ciascun Stato componente dell'Osce ha, infatti, preso l'impegno di sottoporre la propria macchina elettorale alla valutazione esterna.
A. Che.