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A Madrid si vota anche su Stato e Chiesa
di Michele Calcaterra
È domenica mattina e, come sempre avviene, la borghesia del centro di Madrid si avvia ordinatamente alla messa. Si vedono famiglie intere composte da nonni, figli e nipoti. Questi ultimi, possibilmente più di tre a coppia, sono tutti vestiti rigorosamente uguali. Che la Chiesa cattolica, in Spagna, abbia storicamente delle forti correnti ed espressioni conservatrici non è certo una novità, ma che queste si siano negli ultimi tempi radicalizzate, è un dato di fatto. Lo si vede, anche, nel rafforzamento di movimenti come Cl, i neocatecumenali o i Legionari di Cristo.
Si tratta di un fenomeno che attraversa il Paese e che è guidato con mano ferma dalle più alte sfere ecclesiastiche (l'arcivescovo di Madrid, Antonio Maria Rouco), influenti nel sistema educativo privato, ma anche nel mondo imprenditoriale, convinte del fatto che si debba mettere un freno alla deriva social-modernista del premier Josè Luis Zapatero, che negli ultimi 4 anni di Governo ha approvato leggi come quella che abolisce l'ora di religione nelle scuole pubbliche a favore dell'educazione civica, come quella che tutela il matrimonio (e le adozioni) tra coppie gay, il divorzio express, ma che facilita anche il ricorso all'aborto.
Leggi che sono ovviamente lette dalla Chiesa come un affronto diretto, oltre che un abuso. Tanto che i potenti vescovi si sono organizzati e hanno lanciato una vera e propria crociata moralizzatrice contro il Governo socialista, accusato di voler smantellare i valori su cui poggia la famiglia tradizionale.
Famiglia che il 30 dicembre scorso ha risposto massicciamente alla manifestazione organizzata dalla Chiesa nella capitale, scendendo in piazza con almeno un milione di persone. Quanto basta per irritare Zapatero, ma nello stesso tempo per porre nuovamente al centro del dibattito politico i rapporti tra Stato e Chiesa, che nella Spagna post-franchista sono sempre stati altalenanti, ma mai veramente buoni.
Paese dai forti contrasti, la Spagna è uno Stato laico ma nello stesso tempo tradizionalista, che conta alcune tra le organizzazioni religiose più potenti del mondo, a cominciare dall'Opus Dei.
Contrasti, dunque, che ciclicamente riemergono e che in periodi elettorali come l'attuale si affrancano e si rafforzano. Fino ad arrivare all'ormai famoso decalogo con cui la Conferenza episcopale ha invitato nelle scorse settimane i cattolici spagnoli a votare per il Partito popolare, contro i socialisti. Una ingerenza che il Psoe ha mal digerito e che ha fatto dichiarare ai massimi dirigenti del partito: «Niente sarà mai più come prima». Tant'è vero che, se rieletto, l'attuale Governo potrebbe tagliare i fondi ai vescovi e rimettere mano agli accordi che regolano i rapporti Stato-Chiesa.
Ha dunque ragione il segretario del Psoe, Josè Bianco, quando dice che «parte della Chiesa si sta trasformando in uno strumento di propaganda per le tesi più conservatrici della destra», o il cardinale Antonio Canizares, vicepresidente della Conferenza episcopale, quando dichiara che «la Chiesa non starà mai zitta, nonostante i poteri di questo mondo vorrebbero ridurla al silenzio»?
Abbiamo girato la domanda al gesuita Josè Maria Martin Patino, presidente della Fundacion Encuentro, che ci riceve nel suo studio qualche giorno dopo che Zapatero e il Nunzio apostolico, Monteiro de Castro, hanno cenato insieme, bevendo il famoso caldito (il vino), e "rappezzato" un po' la situazione. «Bisognerebbe - risponde Patino - rispettare sempre la verità dell'altro, ma per la gerarchia ecclesiastica spagnola ciò è impossibile. Per questo dico che la politicizzazione della Chiesa è un fatto grave». Il gesuita è molto critico nei confronti dei vescovi, che considera troppo conservatori e in alcuni casi addirittura "ignoranti", nel senso che ignorano la realtà della situazione.
Parole forti, da parte di un gesuita che per lungo tempo è stato il numero due della Chiesa di Madrid e che quindi conosce nei dettagli l'organizzazione ecclesiastica. «Le leggi - aggiunge - sono permissive perché la popolazione chiede e lo Stato concede. Mentre la Chiesa spagnola non capisce che non è lo Stato a decidere quello che la società chiede. Non capisce che la sua forza e la sua stessa sopravvivenza dipendono dalla relazione diretta con la società, senza filtri e intermediari. Ma la tragedia più grande che vedo attualmente, è che cultura e fede sono separate».
Diverso, invece, il punto di vista di Josè Maria Oriol, uno dei leader di Comunione e Liberazione in Spagna. «I cattolici - dichiara in un colloquio con Il Sole 24 Ore - si difendono dalle aggressioni del Governo, dalle leggi che tendono a smontare la morale cristiana. È necessario - spiega - recuperare i valori della società e allontanare il pericolo di un cambio che potrebbe minacciare la sfera della libertà».
Sia Patino, sia Oriol concordano comunque sul fatto che dopo le elezioni, chiunque vinca, la situazione dovrebbe normalizzarsi. Anche se nei rapporti tra Chiesa e Stato non sono pochi i problemi da affrontare. Dai matrimoni gay all'aborto, all'ora di religione che andrebbe per i più reintrodotta, ma senza pregiudicare quella di educazione civica, tanto più importante ora che l'immigrazione è in costante crescita.
«Credo nel rispetto tra le istituzioni - continua Patino - e quindi in uno Stato, ma anche in una Chiesa, entrambi laici in cui ciascuno svolga al meglio la propria missione. Per questo, dialogo e parola sono il mezzo per fare chiarezza ed evitare ulteriori errori. Come quello di pensare che ci sia un voto cattolico, mentre esiste solo un voto dei cattolici. In quanto non c'è alcun partito che si identifichi nel Vangelo».
Sta di fatto che la situazione rimane tesa e che la Spagna resta divisa tra coloro che sono favorevoli alle accelerazioni impresse dal Governo Zapatero in termini di libertà individuali e quelli che invece spingono per un ritorno ai valori del passato, come la famiglia e la difesa del diritto alla vita. La Chiesa in prima fila, «forte di un Papa - conclude Patino - vigilante dell'ortodossia».
All'orizzonte, comunque, non ci sono solo le elezioni politiche del 9 marzo. Nella settimana che va dal 3 al 7 marzo, infatti, i 78 vescovi spagnoli dovranno rinnovare le loro gerarchie e scegliere tra un presidente moderato, come l'attuale vescovo di Bilbao, Ricardo Blazquez Perez, o un radicale, come l'arcivescovo di Madrid Antonio Maria Rouco.

1 marzo 2008

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