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Bellezza contro monnezza

di Antonio Ghirelli

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Mentre il Governo manda in Campania un super-poliziotto e un generale (ma non un grande esperto della materia) nel tentativo di risolvere il dramma dei rifiuti, a Napoli, escono contemporaneamente tre libri che confermano il messaggio degli articoli che pubblichiamo in queste pagine, scritti da Mauro Giancaspro, direttore della nostra Biblioteca nazionale, da Paola Villani e da un grande esperto d'arte come Alvar González-Palacios: che gli studiosi napoletani, cioè, sono al passo con la rivoluzione del computer ma non rinunciano alla ricerca personale delle testimonianze che, nei secoli, hanno lasciato i grandi spiriti, innamorati della bellezza e della cultura incarnate dalla città del Golfo.
Cesare De Seta inserisce in un suo saggio sulla «Bella Italia» anche un capitolo su «I crimini e i misfatti» che si continuano a perpetrare contro il paesaggio e le opere d'arte, fino alla "decennale emergenza" dei rifiuti; Massimo Rosi ci regala uno studio originale e approfondito sulle pregevoli caratteristiche dell'architettura meridionale del '400, che definisca «l'altro Rinascimento», e, finalmente, Mario Sirpettino, scrittore e giornalista votato da sempre alla storia e al fascino dei Campi Flegrei –ha raccontato in modo assai colorito altri "misfatti": questa volta, le follie e le bizzarre "performances" artistiche, che l'imperatore Nerone ha offerto alla terra «dei vulcani, del mito, dell'oracolo».
Naturalmente questa sommessa rivendicazione dei tesori di bellezza, di intelligenza, di straordinario impegno culturale non viene avanzata per giustificare l'ingiustificabile tragedia che continua purtroppo a svolgersi dinanzi agli occhi di tutto il mondo e che non può non chiamare in causa noi napoletani almeno per la rassegnazione con cui abbiamo assistito e assistiamo ai "misfatti" del sottogoverno, del clientelismo più sfrontato, del mefitico intreccio tra affari, politica e camorra. Anche nelle sue forme più sciatte, come può essere accaduto forse per i casi denunciati dall'irascibile procuratore di Santa Maria Capua Vetere, il fenomeno del voto di scambio chiama in causa senza dubbio una degenerazione del costume democratico che non è esclusiva, ma certo si può considerare caratteristica della vita politica meridionale, almeno dai tempi di Giovanni Giolitti.
Ma quel che va, invece, respinto come una tentazione tanto facile quanto volgare è l'innesto di questo fenomeno in una sorta di dannazione razziale al sottosviluppo civile dei meridionali in generale e dei napoletani o campani, nella vicenda della "monnezza". E forse, pur senza inasprire la polemica, è opportuno mettere a punto un paio di considerazioni.
La prima è che una razza meridionale, o anche soltanto napoletana, non esiste. Tralasciando le 12 o 13 occupazioni straniere che ci hanno gratificato nei secoli, da Cuma al Volturno, e delle cui risonanze è pieno il nostro dialetto oltre a ogni angolo del vecchio regno unitario delle Due Sicilie, basta pensare alle mescolanze degli ultimi duecento anni, tra stranieri e regionali. Nel gruppo dei miei compagni di liceo, all'Umberto I, c'erano ragazzi di origine pugliese, abruzzese, calabrese, ebrei sefarditi o ebrei di Salonicco, figli di famiglie arrivate con gli Acton, con i Murat, con i marinai inglesi o con i commercianti svizzeri e belgi. Mio padre era di origine leccese, mia madre di Pizzo Calabro. In dialetto, tutto questo guazzabuglio si sintetizza con una curiosa espressione, "mesca francesca", che era il nome di una frittura alla francese, insomma una strana ma attraente mescolanza.
La seconda, e più decisiva, considerazione è che il dramma dei rifiuti deriva essenzialmente da una grave e per molti aspetti ambigua carenza di governo, tanto in sede regionale quanto in sede nazionale. Le responsabilità del governatore, della giunta, dei sindaci, degli ambientalisti, non sono revocabili in dubbio, ma ancor più pesanti (e qui davvero il razzismo non c'entra) sembrano quelle del Parlamento e dei governi che si sono succeduti negli ultimi 14 anni.
Ancora poche settimane fa, le due coalizioni proclamavano che si impone con una convulsa urgenza la soluzione di una Questione Settentrionale e di comune accordo seppellivano tra i cattivi ricordi della Prima Repubblica l'intervento straordinario nel Mezzogiorno. C'è voluto un rude intervento dell'Unione europea a proposito della "monnezza", per chiarire come stanno realmente le cose.

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