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Delusione per la super-favorita «Elizabeth» Cate Blanchett

di Boris Sollazzo

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25 febbraio 2008
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Elizabeth, the golden age

Era il titolo più atteso della giornata. Il kolossal di Shekar Kapur (che già della regina, con simili risultati, aveva parlato nel fortunato primo capitolo del 1998) racconta il momento in cui la regina vergine, Elisabetta, dalla storia passa alla leggenda diventando un monumento femminile alla libertà di pensiero e religione contro il fondamentalismo inquisitorio spagnolo di Re Filippo. La "golden age" del titolo, non si vede. Viviamo la crisi, personale e storica, che porterà al trionfo. La Spagna è una superpotenza a cui la sola Inghilterra tiene testa, resistendole. Elisabetta (Cate Blanchett, divina) è una regina amatissima, nonostante sia priva di eredi e di un consorte. Questo alimenta la resistenza filo cattolica (lei è protestante) attraverso progetti di regicidio e di golpe che porterebbero al trono la cugina e legittima pretendente Maria Stuarda. Una tempesta privata e politica si sta abbattendo sulla regina. Lei, consacrata al popolo, rimane conquistata dall'impossibile amore per il pirata patriota Walter Raleigh (Clive Owen, qui contrariamente al solito più bello che bravo). Lui la ammira e la ama, ma si innamora (anche?) della preferita della regina. Nel frattempo Filippo, con crudeltà e una certa arguzia politica riesce a mettere in ginocchio l'Inghilterra fino a trovare nell'esecuzione della congiurata Maria Stuarda, il pretesto per scatenare la guerra. Forze impari, l'Inghilterra sembra in ginocchio ma è proprio la regina a trovare e dare la forza necessaria per una delle vittorie più imprevedibili e celebrate della storia. Kapur ripete, più nei difetti che nei pregi, l'excploit dell'Elizabeth di nove anni fa. Una prima parte sontuosa e solida viene demolita da una seconda melensa e pacchiana, che rasenta il patetico. Costumi, ricostruzioni, effetti speciali e regia, quando non sono portati all'eccesso (come avviene, quasi sempre, con la musica) sono tanto perfetti da sopraffare. Cate Blanchett è da applausi, ottimi anche Geoffrey Rush e Jordi Molla, perfetto nei panni del fondamentalista visionario. Applausi alla fine della proiezione, convinti e forse un po' troppo generosi.

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